La finale di Wembley, le notti magiche, il rinascimento azzurro: il trionfo degli Europei 2021 ce lo ricorderemo a lungo ma nel calcio non si vive di ricordi. L’Italia se ne sta accorgendo subito, sul campo, nelle qualificazioni ai Mondiali che un po’ tutti avevamo preso come una formalità, vuoi che i campioni d’Europa non si qualifichino, figuriamoci. E invece i ragazzi di Mancini dovranno sudarsela come tutti gli altri, anche di più, perché saremo pure campioni ma non siamo diventati dei fenomeni. È il girone all’improvviso si è complicato.

Da una parte c’è il record storico di 36 risultati utili consecutivi, incredibile striscia che arriva sull’onda degli Europei e che nessuna nazionale aveva mai raggiunto: roba da annali del calcio. Dall’altra, però, gli ultimi due risultati di questa serie sono tutt’altro che positivi: lo 0-0 in Svizzera (tutto sommato prezioso, una sconfitta sarebbe stata fatale e non solo per le statistiche) e soprattutto l’1-1 casalingo contro la Bulgaria. Una “pareggite” (a ben vedere anche agli Europei avevamo vinto nei regolamentari solo una delle ultime quattro partite…) che diventa un problema in vista di Qatar 2022.

La qualificazione ai Mondiali è molto più ostica di quella agli Europei (e noi, visti i trascorsi di Ventura, dovremmo saperlo bene): passa solo la prima di ciascun girone, la seconda va ai playoff che sono una roulette russa da evitare a tutti i costi. I due pareggi (soprattutto quello contro la Bulgaria) sono preoccupanti per la classifica, ma non solo. In campo si è rivista la squadra degli Europei, che era praticamente identica ma non era la stessa. Mancini se l’è presa soprattutto con la mancanza di cattiveria sotto porta, per le tante occasioni sprecate in entrambi i match che avrebbero potuto portare tranquillamente a due larghe vittorie. Ed in effetti la scarsa vena realizzativa e l’assenza di un centravanti all’altezza (Immobile non lo è, o comunque non è quello adatto a questa squadra) è un vecchio problema. Ma in realtà stavolta è mancata un po’ di cattiveria in generale. Nella manovra più compassata del solito, nel pressing meno feroce.

La nazionale è sembrata un po’ appagata, un po’ rilassata. E forse è anche fisiologico che lo sia, dopo il trionfo europeo, all’inizio di una nuova stagione, con la forma fisica e mentale non al top. Solo che questa Italia non se lo può permettere. Agli Europei ha vinto perché era la squadra migliore, ma non la più forte. Non siamo la Francia, che raccoglie le partite quasi d’inerzia, con i colpi dei suoi campioni. Ma non siamo nemmeno l’Inghilterra, che schianta gli avversari col suo strapotere fisico, e neppure il Belgio, che ha un centravanti come Lukaku in grado di sbloccare da solo una gara. Senza fuoriclasse assoluti, abbiamo conquistato gli Europei con la forza delle idee e dello spirito. Se vengono meno, o si affievoliscono, anche squadre come Bulgaria e Svizzera diventano un problema.

Nulla è compromesso. La vittoria del girone è ancora alla portata: basterà vincere lo scontro diretto in casa contro la Svizzera a novembre (che però a questo punto diventa quasi uno spareggio). Senza considerare che, vista la modesta caratura degli elvetici, non è da escludere un loro passo falso nelle prossime gare che rimetterebbe a posto le cose. Ma intanto un primo campanello d’allarme è suonato, va ascoltato. Storicamente le nazionali campioni d’Europa faticano a ripetersi nell’edizione successiva dei Mondiali (a parte il bis della Spagna fra 2008-2010, risultati sempre deludenti). Il rischio è noto e dev’essere bravo Mancini a portare nuova linfa, sia a livello di uomini che di idee, per tenere vivo il fuoco del suo lavoro: forse è già arrivato il momento di accelerare questo processo, con qualche innesto o variazione tattica. Siamo campioni, ma non fenomeni: senza quella “fame azzurra” che ci ha portato fino alla notte di Wembley, l’Italia torna una squadra normale. Che può persino avere paura di non andare ai Mondiali.

Twitter: @lVendemiale

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