L’utilizzo degli anticorpi monoclonali anche nella profilassi del Covid era una ipotesi. Adesso l’istituto Spallanzani di Roma, centro di ricerca e cura di eccellenza per le malattie infettive, è pronto a partire con uno studio che prevede la somministrazione degli anticorpi monoclonali in “alternativa” alla terza dose a pazienti immunodepressi e fragili. “In questi mesi l’Istituto Spallanzani ha condotto le ricerche sulla risposta vaccinale in diverse popolazioni fragili, in persone immunodepresse per patologie gravi o in cura con terapie immunodepressive. Il nostro obiettivo, e del Paese, è quello di garantire la protezione dal contagio anche e soprattutto a queste persone. Come si può? Alcuni pensano ad una terza dose (o richiamo), noi stiamo immaginando un percorso che porti a dare una protezione con gli anticorpi monoclonali che già hanno dato dimostrazione di sé in ambito terapeutico” ha annunciato il direttore sanitario, Francesco Vaia, al termine della riunione con il nuovo direttore scientifico a interim, Enrico Girardi, e il direttore del Dipartimento Clinico, Andrea Antinori.

“In questi giorni abbiamo messo in cantiere un programma per favorire l’accesso a questo tipo di popolazione agli anticorpi monoclonali e abbiamo sottomesso un programma di accesso ai monoclonali alle autorità regolatorie e siamo in attesa in settimana che Aifa e il comitato etico approvino il programma – precisa Vaia -. Se tutto andrà a buon fine, come ci auguriamo, da lunedì cominceremo a somministrare gli anticorpi. Come sempre daremo la comunicazione degli esiti di questa innovativa e stimolante applicazione di una ricerca sul piano assistenziale”.

Finora sono 8.434 i pazienti iscritti nei registri di monitoraggio di questi farmaci e che quindi ne hanno ricevuto una dose. Per queste persone gli anticorpi sono stati usati come terapia. Gli anticorpi monoclonali sono farmaci specifici contro il Covid-19, disponibili anche in Italia a partire da marzo scorso per persone con malattia Covid da lieve a moderata particolarmente fragili e che sono ad alto rischio di progressione severa. Grazie all’aumento di persone anziane e fragili vaccinate, le dosi settimanali prescritte sono calate in modo netto da aprile. Sono 199, e distribuite in tutte le regioni, le strutture sanitarie che li hanno prescritti. In termini assoluti, finora ad averne dispensati più sono Lazio, Veneto e Toscana, che hanno ‘sfondato’ quota mille rispettivamente con 1.209, 1.167 e 1.123. A chiudere la classifica sono Provincia autonoma di Trento (29), Molise (14) e PA di Bolzano (3). Sostanzialmente stabile rispetto al precedente report, il rapporto delle prescrizioni settimanali rispetto nuove diagnosi Covid avvenute nello stesso arco di tempo: sono state pari all’1,06% su 43.664 nuovi casi di infezione (erano l’1,1% la settimana precedente).

In Veneto gli anticorpi si possono somministrare anche se non ci sono fattori di rischio specifici per il paziente. Il medico di medicina generale può collegarsi in rete per i pazienti che necessitano di terapie monoclonali, oppure il medico può contattare direttamente il centro e gli specialisti. Su 738 “casi chiusi” con le monoclonali, l’89% è guarito senza andare in ospedale, un 10% è finito in ospedale e si registrano cinque decessi, dei quali quattro covid-correlati. Il farmaco ben tollerato: solo il 3% di reazioni avverse, ma tutte lievi. Trattati anche pazienti in Rsa e anche una donna in gravidanza. Il 90% dei pazienti a rischio trattati con i monoclonali in Veneto è guarito senza ricovero

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