Nel 2020 si è interrotta bruscamente la crescita della speranza di vita alla nascita che aveva caratterizzato il trend fino al 2019, facendo registrare, rispetto all’anno precedente, una contrazione pari a 1,2 anni. La causa è la diffusione della pandemia da Covid-19 e il forte aumento del rischio di mortalità che ne è derivato. La rilevazione dell’Istat – inserita nel Rapporto Bes e relativa allo scorso anno – fissa a 82 anni l’aspettativa, con gli uomini a 79,7 anni e le donne a 84,4.
A livello provinciale la speranza di vita si riduce nelle aree del Paese a più alta diffusione del virus durante la fase iniziale della pandemia, che fanno registrare contrazioni fino a quasi 4 volte la media nazionale. Nella Bergamasca è diminuita di 4,3 anni, mentre a Cremona e Lodi la contrazione è stata di 4,5 anni. Forte decrescita anche nel Piacentino, con 3,8 anni in meno. Negli stessi territori sono ingenti anche le variazioni riscontrate tra le donne: -3,2 anni per Bergamo, -2,9 anni per Cremona e Lodi e -2,8 anni per Piacenza.
Non si tratta dell’unico indicatore negativo contenuto nel Bes, destinato a fotografare il benessere della popolazione. Un altro parametro in declino è quello relativo al lavoro. L’emergenza Covid-19 “ha avuto ripercussioni rilevanti sul mercato del lavoro, in particolare sulle componenti più vulnerabili (giovani, donne e stranieri) che già partivano da condizioni occupazionali più difficili” con il risultato di far scendere nel 2020 il tasso di occupazione della popolazione tra 20 e 64 anni al 62,6% (era 63,5% nel 2019). Il rapporto evidenzia che “nonostante il calo abbia riguardato maggiormente il Nord, più colpito nella prima ondata pandemica del 2020, lo svantaggio del Mezzogiorno rimane elevatissimo”: al Sud il tasso di occupazione è del 48%, -23 punti percentuali rispetto al 71,5% del Nord. Molto distante anche il Centro, che si attesta al 67,4%.
Al deterioramento del mercato del lavoro, segnala l’Istat, fa da contraltare la continua discesa del tasso di ingresso in sofferenza dei prestiti bancari alle famiglie, ossia il rapporto percentuale tra le consistenze delle nuove sofferenze nell’anno (prestiti a soggetti dichiarati insolventi o difficili da recuperare nel corso dell’anno) e lo stock dei prestiti non in sofferenza nell’anno, posizionandosi sullo 0,6%. Il trend di questo indicatore, che coglie almeno in parte la vulnerabilità finanziaria e le difficoltà delle famiglie, sembra non risentire in maniera evidente dell’effetto della crisi pandemica, grazie al potenziamento degli interventi a sostegno delle famiglie indebitate, alla tradizionale propensione al risparmio delle famiglie italiane e alla contrazione dei consumi nell’ultimo anno. Nel 2020, precisa l’Istituto di statistica, solo in cinque province si rileva un peggioramento, particolarmente accentuato per Aosta (da 0,3% a 0,9%) e Asti (da 0,5% a 0,9%).
Il rapporto l’Istat segnala anche come, dopo alcuni anni di diminuzione, la percentuale di giovani che non lavorano e non studiano (Neet) torna a salire, raggiungendo nel 2020 il 23,3% in media-Italia: +1,1 punti percentuali rispetto al 2019. Il trend è accentuato al Nord (16,8%; +2,3 punti) e al Centro (19,9%; +1,8 punti). Il Mezzogiorno, che registra invece una contrazione modesta (-0,4 punti), resta comunque su livelli doppi rispetto al Nord, con circa un giovane di 15-29 anni su tre che non è inserito in un percorso di istruzione o formazione né è occupato (32,6%).
La distribuzione tra le province mostra una evidente divaricazione tra l’area del Nord-est e la Sicilia, dove la quota di Neet tocca il 40% a Messina, Catania e Caltanissetta. Tuttavia, la provincia con il valore più alto del tasso è, anche nel 2020, quella di Crotone (48%), che marca una distanza notevole da Pordenone (10,7%), Ferrara (11,1%) e Sondrio (11,9%), le province più virtuose. In generale, tra il 2010 e il 2020 l’incidenza dei Neet aumenta per quasi i due terzi delle province. Tra quelle che invece presentano una dinamica nettamente positiva si segnalano Pordenone (17,9% nel 2010; -7 punti percentuali) e Brescia (14,7% nel 2020 da 21,6%). Nel Mezzogiorno le evoluzioni positive più marcate emergono per Matera (24,5%, -8 punti percentuali rispetto al 2010) e Brindisi (28,9% da 36,8%).