Da quando il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è entrato alla Casa Bianca, ci sono stati seri tentativi di riavviare i negoziati di pace nella questione israelo-palestinese che fino a questo momento sono in fase di stallo. Non c’è dubbio che con Benjamin Netanyahu che ha lasciato il ruolo di primo ministro di Israele, gli americani hanno molte più possibilità di far progredire la situazione.
Oltre ciò, l’attivismo politico di altri tre attori internazionali come Egitto, Giordania e Autorità Palestinese ha pressato per una progressione della questione. I leader di Egitto, Giordania e Autorità Palestinese hanno tenuto un vertice trilaterale al Cairo per discutere le modalità di rilancio del processo di pace tra palestinesi e israeliani.
Tutto questo porterà tra poche settimane alla 76esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA 76), con l’obiettivo di costruire un blocco arabo portatore di una visione e una posizione unitaria e univoca. Vista la situazione, probabilmente ci sarà un ritorno alle questioni fondamentali della geografia, che erano state messe in secondo piano negli ultimi anni quando l’accordo di pace israeliano con altri paesi arabi era al centro delle agende dei paesi di mezzo mondo.
La differenza è che quegli accordi di pace erano basati sulla scelta, ma per i palestinesi ora è un obbligo. C’è una concreta possibilità di un’iniziativa di incontri che includano il nuovo primo ministro israeliano Naftali Bennett, in tempi abbastanza stretti. Ma prima di essere troppo fiduciosi, è importante cercare risposte realistiche ad alcune domande complicate.
Innanzitutto bisogna chiedersi se Israele, retto dal fragile governo presieduto dal primo ministro Bennett, possa essere una vera controparte che può scendere a compromessi e offrire incentivi o addirittura sacrificarsi per garantire la pace. Ci sono preoccupazioni reali che diversi elementi interni possano ledere la stabilità di questo governo. L’attuale amministrazione americana sta sicuramente cercando di sostenere la stabilità della posizione del nuovo Primo Ministro, temendo il potenziale ritorno di Netanyahu. Quindi ad oggi persiste questa incognita, che ha tutto il suo peso a livello sia interno che internazionale.
Dall’altro lato, ci sono domande sul ruolo di Hamas. La riconciliazione palestinese è valida per il movimento? Esso accetterà di far parte di un governo di unità nazionale che ha tra i suoi obiettivi il dialogo con gli israeliani? Tenendo presente che qualsiasi escalation posta in essere da Hamas. che si concretizzi con il lancio di razzi su Israele, potrebbe anche portare alla caduta del nuovo governo israeliano, riportando ogni potenziale colloquio di pace al punto di partenza.
Nel frattempo, ci sono domande pragmatiche sull’esistenza di una soluzione sostenibile. È difficile essere ottimisti, ma è importante cogliere le opportunità offerte dal cambiamento politico, almeno per ricalibrare le discussioni su basi realistiche. È una situazione complessa e fluida con priorità mutevoli nella regione e nel mondo. In particolare con il recente ritiro occidentale dall’Afghanistan, che potrebbe avere impatti ben al di fuori dei suoi confini, in primis nella regione, con i paesi europei e della NATO preoccupati per gli impatti sulla sicurezza dei rifugiati e su come gestire i rischi associati al cambio di potere.
Movimenti come Hamas e Hezbollah, così come i gruppi politici islamisti, stanno interpretando il modello talebano come un invito ad adottare un approccio aggressivo e forte per essere riconosciuti come attori politici dominanti. Ciò potrebbe avere importanti ripercussioni su qualsiasi iniziativa di pace.
Quindi, se è importante cercare di cogliere l’attimo per rilanciare un’iniziativa di pace, è anche fondamentale ricordare che gli elementi necessari per il successo non sono facili da mettere insieme. Tra questi elementi in questo frangente i più importanti sono: il governo israeliano fragile; i problemi di sicurezza legati alla diffusa frustrazione sociale e alla povertà, che è un elemento della vita post-Covid presente in tutto il mondo.