La procura generale della Cassazione, guidata da Giovanni Salvi, non ha impugnato davanti alle Sezioni Unite della Supema Corte l’ordinanza con la quale la Sezione disciplinare del Csm ha respinto la richiesta di trasferire in via cautelare il pm Paolo Storari da Milano. In quel provvedimento di Palazzo dei Marescialli è contenuto un “giudizio di fatto“, non ricorribile in Cassazione e che per questo avrebbe portato a una pronuncia di inammissibilità. E dunque, per il pg, impugnare l’ordinanza che consente a Storari di rimanere a Milano sarebbe stato “inutile e controproducente“. La vicenda, legata alla storia dei verbali di Piero Amara, è complessa e ha innescato più inchieste a Perugia a Brescia, provocando un mezzo terremoto negli uffici del Palazzo di giustizia di Milano. Un caso che si intreccia anche con il processo per corruzione internazionale Eni Nigeria che ha visto l’assoluzione di tutti gli imputati con strascichi anche a livello disciplinare.
Salvi ha diffuso una nota per spiegare che “Storari è sottoposto a procedimento disciplinare, che proseguirà per giungere alla valutazione del merito delle contestazioni” mentre la scelta di non impugnare la decisione del Csm è arrivata dopo “valutazioni tecniche”. Si è ritenuto, infatti, di non ricorrere per Cassazione contro l’ordinanza della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura “in considerazione dei limiti del giudizio di legittimità, che preclude la valutazione della motivazione sulla sussistenza di esigenze cautelari”.
La nota sottolinea poi che “per quanto riguarda altri procedimenti disciplinari, è ovvio che dalla comunicazione dell’iscrizione del magistrato nel registro delle notizie di reato discende automaticamente la corrispondente iscrizione nel registro delle indagini pre-disciplinare, trattandosi di un atto dovuto”. Il riferimento è probabilmente per gli accertamenti preliminari avviati da Salvi, titolare dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati, sul procuratore di Milano Francesco Greco. L’iniziativa, infatti, è un atto dovuto a seguito dell’indagine aperta su Greco dalla procura di Brescia per omissione di atti d’ufficio: secondo l’accusa il procuratore, che a novembre andrà in pensione, non avrebbe avviato tempestivamente le indagini dopo le dichiarazioni rese nel dicembre del 2019 dall’avvocato Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria.
Anche Storari è indagato a Brescia ma per rivelazione del segreto d’ufficio insieme a Piercamillo Davigo: nell’aprile del 2020 consegnò all’ex pm di Mani pulite e all’epoca consigliere del Csm i verbali (in formato word) di Amara. L’ex avvocato esterno dell’Eni, già condannato per corruzione in atti giudiziari e coinvolto in diverse inchieste, ha sostenuto l’esistenza di una loggia segreta di cui farebbero parte personaggi delle istituzioni, magistrati e forze dell’ordine nonché due consiglieri del Csm. Amara, sentito più volte a partire dal dicembre del 2019, ha fatto una lista di almeno 74 nomi eccellenti che avrebbero fatto parte della Loggia Ungheria. Storari sosteneva di dover approfondire subito le affermazioni di Amara, e per questo motivo ha deciso di rivolgersi a Davigo.