La vendita al consumo avveniva sia al banco, durante gli orari di apertura degli esercizi commerciali, sia attraverso l'utilizzo di distributori automatici forniti dai grossisti
Perquisiti dalle fiamme gialle di Milano 27 esercizi commerciali con autorizzazione alla vendita di vari tipi di infiorescenze di cannabis light. Così i finanzieri hanno sequestrato oltre 14 chili di marijuana con un principio attivo superiore ai limiti previsti dalla normativa. I negozi commercializzavano, infatti, prodotti a base di “cannabis light” con un contenuto di sostanza stupefacente superiore al limite ammesso dalla legge. Sostanzialmente la distinzione fra la marijuana (vietata) e la cannabis light (ammessa in commercio), risiede nella quantità di tetra-idro-cannabinolo (THC), ovvero di quella sostanza che produce effetti psicotropi, contenuta nel prodotto venduto. Tale limite in Italia è fissato allo 0.5%, con il chiaro intento di escludere che dall’assunzione di sostanze autorizzate possano derivare effetti dannosi per la salute. Le indagini erano partite a marzo, con il sequestro di 9,3 chili di “erba” ripartita in diversi involucri ancora da confezionare e in circa 2000 bustine, pronte per essere immesse sul mercato, e la denuncia di due persone, rappresentanti legali di altrettante società attive nell’hinterland milanese.
Le sostanze stupefacenti venivano impacchettate, in quantità fra 1 e 3 grammi, in appositi involucri con varie denominazioni – da “Amnesia Dream“, “Gelato“, “Caramel Fruit” a “Cookie Hash” – e, successivamente immesse nel sistema distributivo collegato ad esercizi commerciali, per la successiva vendita al dettaglio. Gli investigatori hanno analizzato la documentazione amministrativo-contabile acquisita nella fase iniziale dell’inchiesta, ricostruendo così la filiera di vendita e i partner economici della società fornitrice della droga.
La vendita al consumo avveniva sia al banco, durante gli orari di apertura degli esercizi commerciali, sia attraverso l’utilizzo di distributori automatici forniti dai grossisti, alcuni dei quali privi di strumenti per il riconoscimento delle generalità degli acquirenti e perciò “aperti” potenzialmente anche minorenni.