Una grotta dietro al potente getto di una cascata, come ultimo rifugio per la salvezza, e poi, dopo un giorno intero nell’anfratto, aspettando la morte, la speranza che si riaffaccia nell’immagine sfocata dei soccorsi, dall’altra parte della colonna d’acqua. E’ una storia, quella di Giacomo Sacchet, un 43enne della Val di Zoldo appassionato di canyoning, che sarebbe l’intreccio perfetto di una serie tv.
L’escursionista bellunese, disperso da domenica mattina nelle forre del torrente Maè, in Val di Zoldo, in provincia di Belluno, è stato ritrovato lunedì pomeriggio. Era già stato dato per morto, stamani, quando gli uomini del Soccorso Alpino e Speleologico e i Vigili del fuoco hanno individuato le sue corde di discesa bloccate in una pozza d’acqua “frullata” dalla corrente. Quando avevano cercato di tirarle, si erano sganciate dall’imbrago, senza nessun corpo agganciato. Dell’uomo non c’era traccia, e il solo posto dove cercare (un cadavere, a quel punto) era il fondo della cascata. Si sono così organizzati per affrontare un recupero rischioso, se non impossibile, di fronte ad una portata di quattro metri cubi d’acqua al secondo. Munita di un arpione lungo 6 metri, una squadra ha iniziato a sondare la pozza, mentre veniva chiesta la chiusura quasi totale del minimo deflusso della diga di Pontesei, a monte del torrente.
Ma quando uno dei soccorritori si è avvicinato al flusso con una lampada frontale, per guardare al di là della cascata, ha intravisto un piede, poi il volto dell’uomo. Una svolta “che ha commosso tutti“. Giacomo era vivo. Mentre lo cercavano, aveva resistito più di 24 ore rannicchiato in una caverna larga un paio di metri, lambita dall’acqua, creata nel tempo dalla forza a “mulinello” della cascata. Trascinato verso il basso dal
flusso, era riuscito ad agganciarsi con una mano alla roccia ed era stato spinto dalla corrente all’interno della grotta dove si trovava da ieri mattina. Quando si era sentito tirare, aveva sganciato lui le corde pensando potessero servire, e si era avvicinato alla cascata, nel preciso istante in cui un soccorritore stava guardando nella sua direzione, solo perché gli pareva d’aver visto uno zaino.
I soccorritori sono quindi riusciti a passargli una corda, con la quale si è assicurato all’imbrago e, con tutte le forze in loro possesso, lo hanno trascinato oltre il flusso della cascata e fuori dalla corrente. Recuperato con verricello dall’elicottero del Suem di Pieve di Cadore, Giacomo è stato trasportato all’ospedale di Belluno. Ha riportato qualche botta e i sintomi di una ipotermia. “Ci dispiace aver contribuito a diffondere la triste notizia iniziale, ma non avremo mai potuto sperare in questo esito straordinario” hanno commentato dal Soccorso alpino.
Immagini del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico