L'attore e regista si è raccontato a Candida Morvillo sul Corriere della Sera in occasione della sua partecipazione come regista e fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Presenta Il silenzio grande, in uscita il 16 settembre
Alessandro Gassmann si è raccontato a Candida Morvillo sul Corriere della Sera in occasione della sua partecipazione come regista e fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Presenta Il silenzio grande, in uscita il 16 settembre e tratto dalla pièce scritta da Maurizio De Giovanni: protagonisti Margherita Buy e Massimiliano Gallo. Lui, Gassmann, lo definisce “quell’accumularsi di piccoli silenzi che vanno affastellandosi fra persone che si vogliono bene; poi, quest’affastellarsi diventa un silenzio talmente grande che è quasi impossibile dirsi quello che avremmo voluto dirci”. E aggiunge che si tratta di un film terapeutico “perché è una storia di persone che parlano e ascoltano. Oggi, tutti parlano ma nessuno ha più intenzione di sentire il pensiero dell’altro (…) Io sono stato un padre amorevole, ma severo e rigido come mio padre con me. Non è vero che, a lasciare libero un figlio, si fa il suo bene. Infatti, la mia generazione ha figli allo sbando, impreparati, spaventati e profondamente ignoranti”. Lui è un padre severo: “Mio figlio ha avuto il motorino a 16 anni, è potuto tornare tardi la sera a 18. Questo è: fino ai 18, fai quello che ti viene detto. Anzi, per me, la maggiore età andrebbe alzata a 21. Mi sono fatto rispettare, con dolcezza, ma con fermezza: con me, una discussione non si apre. Io dico “non esci”; tu non vuoi litigare con me; quindi, non esci. Bisogna essere duri, se serve, e dolcissimi il resto del tempo. E sempre pronti ad ascoltare. Sull’ascolto, tutto il merito va a mia moglie, che è molto più presente di me”.