La modifica all'attuale disciplina di cessione di aziende in difficoltà rischia di essere un pericoloso precedente per tutte le imprese in crisi, spiega il parlamentare di Centro democratico. Nella bozza, non ancora firmata dal capo dello Stato, è prevista la possibilità di cedere “singoli beni" di un'azienda o "addirittura parti di essi”, e senza più far salvi i rapporti di lavoro con il personale addetto a quei beni
“Siamo arrivati alla vendita del bullone”. Il senatore di Centro Democratico, Gregorio De Falco, è molto preoccupato dal decreto entrato in consiglio dei ministri lo scorso 2 settembre nella parte relativa al dossier Alitalia. Nel documento è prevista infatti la possibilità di vendere l’azienda a piccoli pezzi senza alcuna garanzia per i lavoratori. Secondo De Falco si tratta di una sorta di previsione ad aziendam per Ita-Alitalia. Tuttavia la modifica all’attuale disciplina di cessione di aziende in difficoltà rischia di essere un pericoloso precedente per tutte le imprese in crisi.
Ad oggi il codice civile (art.2112) prevede infatti precise tutele per i lavoratori delle imprese in crisi nell’ambito della cessione dell’azienda o del ramo di azienda con il passaggio di tutti i contratti in essere. Solo successivamente il nuovo proprietario può procedere ad una ristrutturazione. Nella bozza di decreto infrastrutture e mobilità sostenibili c’è invece un grande cambiamento rispetto al passato. Una variazione che, a detta di de Falco, trasforma “i lavoratori a mendicanti con il cappello in mano”.
Nel dettaglio, nel documento in questione è prevista la possibilità di cedere un’azienda non in blocco, ma in “singoli beni o addirittura di parti di essi” come spiega il senatore. “Attualmente la legge prevede che si possa vendere un’azienda o un ramo di essa in modo unitario – chiarisce de Falco – ovvero comprensivo dei beni e dei rapporti di lavoro con il personale addetto a quei beni. Nel 2008, con il governo Berlusconi e i capitani coraggiosi venne prevista la possibilità di cedere l’azienda a pezzi. Ma con qui andiamo oltre: il testo entrato in consiglio dei ministri lo scorso 2 settembre parla infatti di singoli beni o parti di esse. Pertanto qualora il provvedimento fosse firmato dal Presidente Mattarella ed entrasse in vigore così com’è si potrebbe sostenere che sia possibile trasferire beni d’azienda senza i rapporti di lavoro e senza alcuna garanzia per i dipendenti”.
Quale sarebbe la conseguenza di un simile passaggio? “Ci sarebbe la frantumazione delle relazioni sindacali, si salterebbe la contrattazione collettiva e si arriverebbe al punto che il lavoratore verrebbe lasciato solo e senza garanzie di fronte al passaggio di mano dell’azienda. Ma il peggio è che la novità che vorrebbe introdurre il governo Draghi diventerà un pericoloso precedente per tutte le imprese in crisi che purtroppo non sono poche e per le quali non è stata finora adottata un’efficace politica industriale”. Cambiare le regole del gioco è in sintesi estremamente dannoso per i lavoratori che, come conclude De Falco, “non hanno alcuna responsabilità del fallimento dell’impresa. Responsabilità che invece sono in capo ai manager che l’hanno gestito l’azienda”.