Senza le regioni non si fanno le politiche attive e le regioni sono in ritardo. Tanto che il ministro del Lavoro Andrea Orlando moltiplica gli incontri con gli enti locali per ricomporre un puzzle dove molti pezzi restano in ordine sparso. La posta in gioco sono i 6,6 miliardi che il Pnrr vuole destinare proprio alle politiche attive per il lavoro, ma per ottenerli tocca rispettare gli impegni presi con l’Europa. A partire dal potenziamento dei centri per l’impiego con 11.600 assunzioni e fondi ripartiti in un decreto di due estati fa. Stando ai dati del ministero del Lavoro, i nuovi assunti sono ancora pochi: 2.198 quelli risultanti a fine giugno. È vero, c’è stata la pandemia e i dpcm che bloccavano i concorsi pubblici. Ma se alcune regioni hanno finalmente concluso le prove, altrove è ancora tutto da fare. In Sicilia la giunta regionale ha dato il via libera appena ieri, dopo che ai ritardi è andata sommandosi la nuova normativa sui criteri di selezione introdotta del ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta. Ordine sparso, appunto. E finale a sorpresa anche per il paradosso dei navigator. Simbolo del fallimento per i detrattori del reddito di cittadinanza, questi “falliti” li stiamo selezionando, assumendo e formando un’altra volta, sempre a spese del contribuente. Ovunque? No, perché anche in questo caso le regole cambiano a seconda della regione.
A fine dicembre le assunzioni saranno meno di un quarto di quelle coperte dai fondi stanziati per il triennio che si conclude quest’anno. “Dalle comunicazioni ufficiali delle Regioni al ministero sappiamo che entro fine anno entreranno solo altre 422 risorse (2620 in totale, ndr)”, ha riferito oggi la sottosegretaria al Lavoro, Rossella Accoto, evidenziando un incremento nel secondo trimestre 2021, con quasi 900 assunzioni. Secondo i dati del ministero del Lavoro, al 30 giugno risultavano ancora a quota zero assunti Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia. “Le regioni hanno i soldi da tre anni”, continua a ripetere il ministro Orlando. A onor del vero gli anni sono due. O meglio, i fondi sono stati inseriti nella legge di Bilancio di fine 2018, ma il decreto che li ha ripartiti alle regione a seconda delle esigenze è del giugno 2019. Bene, e da allora? “In Campania i bandi li abbiamo pubblicati già a fine 2019, e quando a marzo 2020 partiamo con le preselezioni, dopo due giorni arriva il primo lockdown”, racconta un funzionario regionale, che chiede di restare anonimo. “Siamo ripartiti a settembre per doverci fermare un’altra volta a novembre. Ma a marzo di quest’anno abbiamo chiuso gli scritti e a luglio tutti gli orali”, continua. E aggiunge che delle 641 assunzioni finanziate ai 46 centri per l’impiego campani, 110 sono state rimesse a bando con prove che si svolgeranno da fine settembre perché il Covid “ha ridotto la partecipazione anche dell’ottanta per cento in alcune sessioni, e non c’è stato modo di selezionare tutto il personale previsto nei bandi”.
“La pandemia ci è costata un ritardo di sei mesi”, è l’opinione del direttore generale di Formazione e Lavoro in Lombardia, Paolo Mora. In regione i posti messi a bando sono 1214, “e grazie alla possibilità di organizzare le prove online introdotte da questo governo abbiamo fatto così sia per le preselezioni che per gli scritti, e entro la settimana pubblicheremo le graduatorie”, spiega. In attesa che si concludano le verifiche sulle preferenze espresse dai candidati, prima fra tutte quella riguardante le sedi, sono già state stabilite le finestre temporali per l’inserimento dei neoassunti. “914 partiranno entro fine dicembre e gli altri 300 tra gennaio e febbraio”, garantisce Mora. Ma se in Lombardia i centri per l’impiego sono ancora in capo alle province, nel resto d’Italia ancora ci si scontra con il passaggio di competenze alle regioni avvenuto a metà 2018. “Ci siamo fatti carico di una situazione tragica anche perché le risorse umane non erano né numericamente né qualitativamente idonee a rispondere ai livelli previsti”, racconta ancora il funzionario campano. “Per non parlare delle strutture provenienti dalle gestioni patrimoniali delle province, alcune di proprietà, altre di privati, altre riattate e altre ancora da sistemare con fondi pubblici: situazioni che ancora oggi presentano problemi strutturali o più banalmente la possibilità di entrare nel possesso dei beni e quindi di avviare i servizi necessari come pulizie, vigilanza eccetera”. Insomma, non si tratta solo dei concorsi. In alcune regioni i nuovi assunti devono sperare che ci sia già una sede pronta ad accoglierli, con tanto di computer connessi ad internet. Non è scontato.
Tutto ancora da fare in Sicilia, dove sulla pubblicazione dei bandi si è aspettato così tanto che nel frattempo Brunetta ha riscritto le norme per la selezione nella pubblica amministrazione. E ai funzionari siciliani è toccato riscrivere tutto. “Il decreto Brunetta ci ha obbligato a limitare le preselezioni alle figure di alta specializzazione”, aveva chiarito l’assessore alla Funzione Pubblica, Marco Zambuto. Ieri la giunta regionale ha finalmente dato il via al concorso per diplomati e laureati e un totale di 1100 posti. In regione ci si aspettano fino a 200mila domande e servirà innanzitutto un accordo con Formez, la struttura che a livello nazionale si occupa di informatizzare proprio la gestione delle domande presentate. Tempi lunghi, dunque, anche per i tanti navigator che con il concorso di due anni fa erano entrati nei centri per l’impiego, anche se assunti a tempo determinato attraverso Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro. Moltissimi quelli che intendono partecipare ai concorsi regionali anche in Sicilia, visto che dell’ipotesi di un’ulteriore proroga dei loro contratti in scadenza a dicembre il governo non ha ancora fatto sapere nulla. I numeri non sono piccoli se si pensa che a fronte di 1100 nuovi posti messi a bando, i navigator che hanno lavorato in Sicilia sono più di 400.
Ma se in Lombardia come in altre regioni la loro esperienza è stata considerata la più specializzante, tanto da valere la selezione così che un posto su quattro andrà a un ex navigator, in Sicilia la corsia preferenziale salta proprio a causa dei ritardi e, viste le nuove regole di Brunetta, per chi parteciperà al concorso i due anni di esperienza al fianco dei percettori del reddito di cittadinanza non avranno valore e un laureato senza esperienza potrà essere preferito a loro. “Erano i migliori anche per titoli di studio, con una media di voto di laurea tra 105 e 106 solo per accedere alle preselezioni del concorso per i navigator”, spiega oggi Patrizia Caudullo, responsabile Anpal servizi per la Sicilia. Che ricorda come a una severa selezione seguì una formazione che non trova pari nel personale dei centri per l’impiego, “tanto che molte regioni ci chiedono di formare vecchi e nuovi dipendenti, compresi quelli in arrivo con i concorsi per i centri per l’impiego”.
Un’Italia a macchia di leopardo dove la domanda più complessa, e d’obbligo, rimane la seguente: chi controllerà che gli standard siano rispettati in tutte le regioni? Una domanda che è attualmente senza risposta. “Noi stiamo spingendo perché ai risultati corrisponda un riconoscimento fattivo da parte dello Stato”, dice il dg lombardo Mora. Un auspicio il cui spazio è però tutto da definire nella complicata dialettica tra livelli istituzionali. A garantire uguali livelli essenziali di prestazione su tutto il territorio nazionale avrebbe dovuto pensarci Anpal, che è attualmente sotto commissario e il cui ruolo è da ridefinire. Basti pensare che l’agenzia non ha nemmeno i dati sull’avanzamento del potenziamento dei centri per l’impiego nelle varie regioni. L’economista Tito Boeri propone di integrarla nell’Inps così da metterle a disposizione i dati dell’istituto, a partire da quelli dei percettori dei sostegni economici. Ipotesi, tra le altre, che impensieriscono gli addetti ai lavori. “Prima c’è stata una spinta verso modelli integrati tra pubblico e privato, poi con la riforma si è detto che i centri per l’impiego rivestono un ruolo essenziale, centrale e prioritario nell’affrontare l’emergenza lavoro”, spiega il funzionario campano. E avverte: “Se adesso si dovesse cambiare modello un’altra volta si mette in discussione il lavoro fatto, comprese le assunzioni e le competenze definite con Anpal in base al modello in vigore. Se domani dovessero decidere di riscrivere i patti di servizio, vi garantisco che saremmo immediatamente in carenza di personale”. E al problema dei ritardi potrebbe sostituirsi quello di un paese che addirittura fa dei passi indietro