Politica

Le ambiguità di Cingolani dimostrano quanto è urgente una legge su lobby e conflitto d’interessi

Il comportamento del ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, nei confronti dei suoi interlocutori ci lascia perplessi. Definire gli attivisti che ogni giorno si battono per un futuro migliore “radical chic peggio della catastrofe climatica” è davvero un brutto gesto. Gli ambientalisti sono una categoria con cui confrontarsi e da ascoltare, non certo da denigrare. A questo proposito, sarebbe utile sapere chi ascolta Cingolani.

Chi entra al MITE e incontra il ministro per discutere del futuro energetico (e non solo) del nostro Paese? Non ci è dato saperlo, perché da maggio il MITE, che era uno dei pochi ministeri a garantire un briciolo di trasparenza pubblicando le agende degli incontri tra il ministro e i suoi funzionari con i portatori d’interessi, ha oscurato dal proprio sito istituzionale le agende e non le ha più pubblicate. Noi di The Good Lobby ci siamo accorti subito dell’oscuramento e prontamente Il Fatto Quotidiano ha sentito il ministro, come potete leggere qui.

Tuttavia dalle dichiarazioni e dalle mosse di Cingolani riusciamo a capire chi sicuramente non incontra, le organizzazioni ambientaliste, e chi invece vede volentieri: le lobby del “nuovo” nucleare e i vecchi amici di Ferrari (prima di essere nominato Ministro era nel consiglio d’amministrazione della casa di Maranello). Infatti, dai giornali italiani abbiamo appreso come le lobby del nucleare, con portavoce l’ex presidente Eni Paolo Scaroni, si siano attivate per convincere il governo sulla necessità di questa fonte energetica con la scusa che le fonti rinnovabili non saranno sufficienti per garantire il fabbisogno energetico del Paese e che la transizione ecologica per le industrie del nostro Paese sarà un “bagno di sangue”, teoria ampiamente condivisa dal ministro.

Ma non è finita qui: secondo quanto riporta l’agenzia di stampa internazionale Bloomberg, il governo italiano sarebbe contrario allo stop alla vendita di propulsori a combustione interna entro il 2035 per le super auto come Ferrari e Maserati. A occuparsi delle “trattative” con la Commissione europea ancora il ministro Cingolani, impegnato a proteggere la Motor Valley italiana. Il ministro per la transizione ecologica avrebbe affermato che le super auto sono un mercato di nicchia con poche vendite l’anno e perciò possono permettersi di posticipare la propria transizione ecologica, che se attuata in maniera “troppo rapida e incontrollata”, potrebbe compromettere il futuro della Motor Valley italiana.

Il ministro sta quindi trattando con la Commissione Ue per ammorbidirli sulla transizione elettrica dei super veicoli a combustibili fossili e assicurarsi che essa sia “graduale e non ideologica”. Lo fa come titolare di un dicastero chiave per il governo Draghi o come ex membro del consiglio di amministrazione della Ferrari, senza dubbio principale beneficiario dei tentativi di ammorbidimento delle istituzioni comunitarie?

Questa vicenda, non solo indebolisce la posizione dell’Ue verso una transizione ecologica ma ne mina anche la credibilità, dimostrando come gli interessi industriali influenzino eccessivamente il processo decisionale europeo. E conferma l’urgenza di regolamentare il lobbying in Italia prevenendo i conflitti di interessi e gestendo il fenomeno delle porte girevoli. Anche per questo The Good Lobby sta conducendo una campagna a sostegno di questa legge, che ha il pieno supporto della società civile come dimostrato dalle quasi 30 organizzazioni che hanno aderito all’iniziativa Lobbying4Change.

Già… la regolamentazione del lobbying: dov’eravamo rimasti? Il 3 agosto in Commissione Affari Costituzionali alla Camera è stato approvato il testo base unificando le tre proposte di legge del Movimento 5 Stelle, Italia Viva e Partito Democratico. Un piccolo passo avanti, ma un balzo storico: in quasi 50 anni di tentativi per avere regole chiare sul lobbying, non si era mai arrivati così avanti nell’iter istituzionale. Questo senza dubbio lo dobbiamo anche alle pressioni della coalizione Lobbying4Change, ora impegnata a far rispettare un calendario che consenta alla proposta di legge di non naufragare: è necessario che nei prossimi giorni si affrontino gli eventuali emendamenti e che la discussione in Commissione si chiuda entro settembre, in modo da poter approdare in aula alla Camera entro il mese di ottobre per il voto finale. A cui seguirà un complesso passaggio al Senato.

Il primo scoglio, però, è entrare in contatto con i capigruppo della Commissione Affari Costituzionali per confrontarsi sul tema: non rispondono né alle mail né al telefono, a dimostrazione che se non si hanno santi in paradiso e non si vantano relazioni pregresse, essere ascoltati dai nostri decisori pubblici è un lavoro difficile e non per tutti.

Mentre chi vuole un processo decisionale più aperto e trasparente viene ignorato dalla politica, e preso a brutte parole da un ministro, i gruppi industriali che vogliono bloccare la transizione ecologica riescono facilmente a incontrare i decisori pubblici perché hanno relazioni strette con loro. Questa situazione è ancora più grave se pensiamo che nei prossimi mesi si dovranno gestire le risorse del Recovery Fund. E’ quindi urgente approvare subito una legge sul lobbying che garantisca trasparenza dei rapporti tra la politica e i portatori di interessi.