Concluse le indagini sulle violenze avvenute all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020 da parte degli agenti di polizia penitenziaria nei confronti dei detenuti. La Procura coordinata da Maria Antonietta Troncone ha depositato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 120 indagati tra poliziotti della Penitenziaria, funzionari e dipendenti del Dap contestando a 12 indagati anche il reato di cooperazione in omicidio colposo relativo alla morte del detenuto algerino Lakimi Hamine, deceduto il 4 maggio 2020 dopo essere stato tenuto per giorni in isolamento.
Le indagini che avevano portato a 52 misure cautelari – 8 in carcere, 18 ai domiciliari, tre obblighi di dimora – 23 sospensioni dal lavoro per un periodo dai cinque ai nove mesi. I reati contestati sono molteplici: tortura, lesioni, abuso d’autorità, falso in atto pubblico, calunnia, frode processuale, depistaggio, favoreggiamento, e per 12, appunto, tra cui l’ex comandante della Penitenziaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere, Gaetano Manganelli, e l’ex provveditore regionale del Dap, Antonio Fullone, (tuttora sospeso), l’omicidio colposo per la morte di Hamine.
Proprio per quest’ultimo caso inizialmente la Procura aveva scelto di contestare il reato di “morte come conseguenza di altro reato“, bocciato dal Gip Sergio Enea che la classificò come suicidio. La decisione del Gip è stata però impugnata dalla Procura che ha provveduto a integrare il quadro accusatorio.
Tra i reati ipotizzati spicca quello di tortura, introdotto nel 2017 e contestato a 41 indagati – mai così tanti in un’unica indagine – quasi tutti agenti in servizio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020. Quel giorno arrivarono anche oltre cento agenti da altri istituti di pena come Secondigliano, inviati dal direttore del Dap Antonio Fullone, i quali non sono stati ancora identificati a causa dei caschi e delle mascherine che indossavano in quella circostanza. In totale i detenuti vittime dei pestaggi sono stati 177, tanto che la Procura, per avvisare tutte le parti offese, ha deciso di ricorrere alla notificazione per pubblici annunci, con deposito dell’avviso di conclusione indagini presso il Comune di Santa Maria Capua Vetere e con la pubblicazione di un estratto sulla Gazzetta Ufficiale.
Dalle indagini della Procura, e dalle immagini dei video interne del carcere inclusi nella mole di atti d’accusa raccolti, è emerso che il 6 aprile del 2020 sarebbero avvenuti veri e propri pestaggi ai danni dei detenuti del Reparto Nilo che il giorno prima avevano protestato barricandosi dopo aver saputo della positività al Covid di un detenuto. Tra le immagini più crude fecero scandalo quelle del detenuto sulla sedia a rotelle picchiato con il manganello, e dei detenuti fatti passare in un corridoio formato da agenti che li prendevano a manganellate, o a calci e pugni.
Ai pestaggi, inoltre, sarebbero seguiti i depistaggi, orchestrati, secondo i pm, dal direttore delle carceri campane Fullone, raggiunto da misura di sospensione e la cui posizione sarà valutata dal Tribunale del Riesame di Napoli a metà settembre. Finora il Riesame ha pressoché confermato l’impianto accusatorio, confermando le posizioni più importanti (quelle dei comandanti Manganelli, Colucci e Costanzo), alleggerendo sei misure e annullandone due per carenza di esigenze cautelari; un altro agente, vittima invece di un errore di identificazione, è stato liberato.