Il cineasta britannico cult per Blade Runner e Il Gladiatore è al Lido anche per ricevere il Premio Cartier Glory to the Filmmaker Award, nella felice compagnia del suo cast stellare: gli amici Ben Affleck & Matt Damon (entrambi anche co-sceneggitaori del film) e la giovane attrice inglese Jodie Comer
“La verità non conta”. Comunica con gran disprezzo alla giovane nuora la severa madre del marito, partito verso l’ennesima guerra sanguinaria di un Medio Evo portatore di tanti doveri e pochi diritti. Peggio ancora se a farne le spese è la donna che, quantunque abusata sessualmente, non può reclamare giustizia ma anzi, merita ella stessa di essere punita e giustiziata. È sulla sovversione di tale destino – incredibilmente occorsa in un caso accaduto nella Francia sul finire del XIV secolo – che fa perno The Last Duel, il nuovo dramma epico-storico di Ridley Scott fuori concorso alla 78ma Mostra veneziana.
Il cineasta britannico cult per Blade Runner e Il Gladiatore è al Lido anche per ricevere il Premio Cartier Glory to the Filmmaker Award, nella felice compagnia del suo cast stellare: gli amici Ben Affleck & Matt Damon (entrambi anche co-sceneggitaori del film) e la giovane attrice inglese Jodie Comer. Manca all’appello solo Adam Driver, che nel film riveste i panni dello spregiudicato e affascinante Jacques Le Gris, colui al quale è attribuito il reato di stupro a Marguerite (Comer), graziosa e fedelissima consorte del nobile e ambizioso Jean de Carrouges (Damon). Se i due uomini inizialmente sono accomunati da leale amicizia, questa viene compromessa dalla denuncia di abuso da parte della donna. L’effetto dello scandalo comporta una sfida a duello mortale decisa da re Carlo VI, ovvero il Last Duel da cui deriva il titolo dell’opera.
Sontuoso di confezione e nutrito di momenti indubbiamente avvincenti per lo spettatore (la scena del duello è degna del combattimento finale de Il Gladiatore..), The Last Duel non offre troppe variazioni sul tema della drammaturgia classica ma presenta, invece, una certa originalità sulla struttura narrativa, che viene suddivisa nel triplice punto di vista dei protagonisti, una sorta di rinnovato Rashomon applicato all’epica medievale. Ne consegue che noi “assistiamo” allo stesso fatto nella percezione dei tre protagonisti, Jean, Jacques e Marguerite: la scelta amplifica l’ambiguità del racconto incoraggiando la relatività del concetto di verità.