La battaglia sulla revisione del Patto di stabilità avviata subito prima della pandemia era arrivata alle prime schermaglie prima dell’estate, con gli avvertimenti di Wolfgang Schaeuble in vista del ritorno alla normalità dopo il Covid. Ora, con l’Eurogruppo e l‘Ecofin di Kranj, in Slovenia, si entra nel vivo. La conferma è arrivata con una lettera inviata da otto Paesi “frugali” guidati dall’Austria al consiglio dei ministri finanziari dell’Ue per sottolineare la propria contrarierà all’idea di modificare i trattati per allentare le regole su deficit e debito pubblico. Resta uno spiraglio: la possibilità di rivedere – senza intervenire sui trattati – le modalità di applicazione delle norme, partendo dalle aggiunte introdotte con i discussi regolamenti Six Pack e Two Pack che sulla carta impongono un impegnativo sentiero di riduzione del debito pubblico in eccesso e limiti ai deficit un po’ più severi rispetto alla semplice regola del 3%. Una strada che appare la più percorribile – basta la maggioranza qualificata – ed è gradita anche al commissario all’economia Paolo Gentiloni.
“Anche se non consideriamo le regole di bilancio come un ostacolo a politiche di bilancio efficienti, siamo aperti al dibattito sul miglioramento della governance, incluso il patto di stabilità. Attenendosi ad quadro basato sulle regole, dovrebbero essere apportati miglioramenti”, scrivono nel loro documento i ministri delle Finanze di Austria, Danimarca, Lettonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Finlandia, Olanda e Svezia. Secondo i quali “la disattivazione della clausola generale di salvaguardia e una possibile riforma del patto di stabilità non dovrebbero essere legate. Le discussioni sul miglioramento del quadro della governance economica hanno bisogno di molto tempo e dovrebbero essere basate su un’ampia consultazione condotta dalla Commissione. La qualità è più importante della velocità”.
“L’obiettivo principale è trovare un consenso di qualità“, ha concordato Gentiloni alla fine della riunione, ma anche “trovare strumenti” per gestire la situazione, ha detto Gentiloni alla fine della riunione, “se non saremo in grado di terminare il processo” prima che scada la clausola di sospensione del Patto, nel gennaio 2023. Il tema “non è cambiare la soglia del rapporto debito/Pil al 60% fissata dai trattati, è come raggiungere un consenso per avere la possibilità di avere una crescita sostenibile e duratura e questa sarà la discussione nelle prossime settimane”. Il commissario ha ricordato che la consultazione pubblica sulla riforma delle regole partirà in autunno, tra 15 giorni. Per qualsiasi decisione occorre comunque attendere il voto in Germania a fine mese. “Alcuni difetti identificati prima della crisi della Covid-19 ora sono diventati ancora più pronunciati“, ha aggiunto il vicepresidente esecutivo della Commissione Valdis Dombrovskis, pezzo da novanta del Ppe e considerato un ‘falco’. “Dobbiamo avere un percorso di riduzione del debito che sia realistico per tutti gli Stati membri”.
La soglia massima, teorica, del debito è fissata da un allegato al trattato di Maastricht al 60% del Pil. Chi è sopra quella soglia, prevedono i regolamenti emanati successivamente, dovrebbe ridurre ogni anno il debito di un ventesimo della quota eccedente il 60%. Un consolidamento giudicato da molti insostenibile, oggi che il debito medio della zona euro è intorno al 100%. Gentiloni, che fa parte del gruppo dei Socialisti e Democratici, aveva già fatto capire chiaramente a Cernobbio l’orientamento della Commissione. Confermato da Dombrovskis, lettone esponente del Ppe, comunemente considerato un ‘falco’. “Dobbiamo bilanciare la sostenibilità di bilancio con il bisogno di sostenere la ripresa economica“.
Per capire quanto sarà complicato trovare un’intesa basta ascoltare la prima domanda della conferenza stampa al termine dell’Eurogruppo, posta da un giornalista di Deutsche Welle al commissario Gentiloni e alla presidente della Bce Christine Lagarde. “Qual è un livello sostenibile di debito secondo voi: il 100%”, cioè la media attuale del rapporto debito/Pil nell’area euro, “è il nuovo 60%?”. La Lagarde risponde che per valutare la sostenibilità del debito conta “enormemente” sia come quel debito viene usato sia “il servizio del debito”, cioè la spesa per interessi. I frugali comunque non pensano solo all’Italia: a diverse capitali nordiche non sono mai andate giù nemmeno le deroghe concesse in più occasioni alla Francia. Il ministro francese Bruno Le Maire, che vuole una ‘golden rule’ che preservi gli investimenti ed è al corrente di questo stato d’animo, oggi ha ricordato non a caso che Parigi ora ha le carte in regola, dato che la disciplina di bilancio “fa parte del Dna di questa maggioranza” e che sta facendo le “riforme”, come quella del sussidio di disoccupazione, una mossa “coraggiosa”. “Tutto questo, credo, consolida la credibilità della Francia agli occhi dei nostri partner europei”, ha concluso Le Maire, ricordando che in Europa continua ad esserci “forte bisogno di investimenti, perché la lotta al cambiamento climatico sarà molto costosa e se vogliamo essere sovrani e indipendenti tra Cina e Usa, dobbiamo investire nelle tecnologie chiave: intelligenza artificiale, idrogeno, calcolo quantistico, semiconduttori“.
Abbastanza per convincere i frugali? “Non è un segreto – ha confermato la ministra socialista spagnola Nadia Calvino, già vittima dei Frugali che la ‘impallinarono’ preferendole l’irlandese Paschal Donohoe alla presidenza dell’Eurogruppo – che ci sono posizioni molto diverse su come dobbiamo affrontare la revisione delle regole di bilancio”. La proposta della Commissione sulla revisione del Two Pack e Six Pack, l’apparato legislativo che regola il coordinamento Ue dei bilanci pubblici, “arriverà alla fine della consultazione pubblica e della discussione con gli Stati membri e con i vari stakeholder”. “Un altro elemento importante – sottolinea ancora Dombrovskis – è costruire un accordo consensuale su dove vogliamo che ‘atterrino’ le regole di bilancio, per finire in una posizione migliore di quella in cui siamo ora” e non solo finire a discutere “in maniera divisiva”.