“Per quanto mi riguarda, ho cercato di esercitare l’Avvocatura (sul solco di quanto scritto da Calamandrei e da Dossetti) come scuola di libertà e di dignità sia per consentire ad ognuno il diritto inviolabile alla difesa sia per eliminare ogni ostacolo contrario alla dignità dell’uomo per potere così realizzare appieno la nostra carta costituzionale, ma sempre nella visione di sviluppo di una cultura di pace e di futuro solidale”. È morto a 85 anni l’avvocato bolognese Giuseppe Giampaolo, storico difensore di familiari delle vittime di stragi e attentati terroristici. Dall’Italicus alla stazione di Bologna, da Prima Linea Brigate Comuniste Combattenti a Ustica, ha assistito anche il Comune di Bologna, parte civile nel processo per l’omicidio di Marco Biagi, e ancora il Comune di Marzabotto, la Provincia di Bologna e la Regione Emilia-Romagna nei processi per le stragi naziste.

Galantuomo delle aule di giustizia, tono pacato, sempre disponibile al dialogo e però fermo sui principi, Pino per gli amici, è stato avvocato stimatissimo e apprezzato per la sua correttezza, anche nei rapporti con la stampa. Iscritto all’albo dal 1961 al 2020, si è occupato inoltre di medici e sanitari e di responsabilità professionale in processi civili e penali, da esperto del diritto penale d’impresa e dei reati contro la Pubblica amministrazione. Ha fatto parte del Centro studi per la riforma dello Stato, ha collaborato al primo convegno nazionale sull’Ordinamento giudiziario e ha lavorato con la commissione ministeriale per lo studio dell’attuazione della decisione quadro Ue per la tutela di vittime dei reati. È stato inoltre presidente dell’Istituto regionale Parri e ha presieduto per molti anni la Fondazione Scuola di Pace di Monte Sole. Dal suo studio, dove lavorano i figli Pietro e Mariachiara, sono passati molti degli avvocati che ora sono tra i principali del foro bolognese.

Tra gli episodi che affrontò ci fu il caso Montorzi, il suo collega di parte civile per l’associazione delle vittime dei familiari della Strage del 2 agosto 1980 che, dopo un incontro con Licio Gelli, si dimise lasciando una lettera in cui parlava di condizionamenti del Pci al processo contro il capo della P2. Le esequie, per sua volontà, si sono tenute in forma strettamente privata. I familiari organizzeranno un momento di riflessione e incontro per tutti quelli che vorranno ricordarlo.

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