Bisogna lasciarsi dietro la città con i suoi palazzi storici e le vetrine sfavillanti del centro storico. Andar su per una strada stretta, poco illuminata e dove se non parcheggi rasente al muro “poi il bus non passa”, grida il parcheggiatore. Pettorina arancione, fischietto al collo: i posteggiatori sono due alle 20:30 di giovedì 9 settembre in via di Palmarola. Per cenare a La Locanda del Gatto nero c’è la fila. Nei palazzi dei dintorni le finestre sono chiuse o spente. Risaltano meglio così, sul buio di una sera di fine estate, le lampadine gialle e blu dell’insegna. C’è ancora caldo, ma è tempo di coprire le spalle. L’atmosfera sembra quella di certi film ambientati a Roma negli anni Novanta: in realtà è semplicemente la scenografia scelta dalla borghesia romana per una cena elettorale.

Tra una ventina di giorni si vota nella Capitale, e non solo per il sindaco. In ballo, con le suppletive, c’è un seggio al Parlamento. Luca Palamara lo sa. Si è candidato e ora chiama gli amici: si va a cena in periferia. All’ingresso del locale le automobili transitano a passo d’uomo, qualcuno fuma una sigaretta sulla soglia, le signore imbracciano Louis Vuitton. Gli uomini si dividono tra chi sta in completo classico e chi si è presentato in jeans e camicia. Per le donne si va dal nero lungo con spacco, filo d’oro e tacco a spillo, al più kitsch collant di pizzo brillantinato, plateau imponente, top bianco aderente. I giovani stanno in maglietta e calzoncini. Sono figli, nipoti, quelli che se fossimo nei film anni ’90 stavano a sbuffare e lamentarsi. Lo fanno pure ora, ma oggi un po’ meno perché sono tutti muniti di cellulare.

Palamara arriva in auto. L’autista fa una veloce sosta. Lui scende, accompagnato dalla moglie, Giovanna Remigi. In men che non si dica spunta l’assistente alla comunicazione, Monica Macchioni. È lei la “dea” ex machina della serata. Gestisce relazioni, controlla presenze. Impossibile non notarla nella folla con i capelli fucsia e l’abito verde acqua. Sta in disparte, ma c’è, anche Adele Attisani, amica di Palamara e finita con lui a processo: per la procura di Perugia è lei “l’istigatrice delle condotte delittuose e beneficiaria, in parte, delle utilità ricevute” dall’ex pm di Roma da parte dell’imprenditore Fabrizio Centofanti. Lui, il candidato, ha scelto un outfit sobrio: camicia bianca, calzoni grigio antracite. Sulla porta stringe mani, abbraccia persone. Le mascherine sui volti cascano facilmente, al gruppo di ospiti che entrano con noi nessuno chiede il green pass. Il proprietario del locale, però, giacca gessata e cartelletta alla mano, a un certo punto sbotta: “Signori, dovete entra’, nun se po’ fa qua fuori ‘st’assembramento”, urla. L’uomo scarabocchia qualcosa su un foglio, controlla una prenotazione. “Basta, non c’è più posto! Non entra più nessuno”, grida ancora. “Ma questo è mio fratello”, protesta Palamara. Entra così l’ultimo avventore. Altri se ne tornano indietro, ma sembra sia prevista una replica della cena per sabato 11 settembre.

Secondo i camerieri nelle due sale della locanda dedicate all’evento c’è il doppio della gente attesa: duecento persone invece che cento. C’è un tavolo, però, che è più importante di tutti. A chi chiede del bagno, i camerieri rispondono: “Dopo il tavolo imperiale a destra”. Lì siede il celebre Sebino Nela, ex calciatore. Ma anche Bruno, che si presenta come costruttore vicino ai Cavalieri di San Silvestro Papa e rimpiange quei tempi in cui “se ne facevano tante di queste cene, ora non c’è più niente”. Nela, invece, è insofferente. Si alza, va fuori a fumare. “C’è troppa gente e ancora non si mangia”, dice lo sportivo a un accompagnatore. Sembra se ne voglia andare, ma poi rientra. Già accomodato c’è anche il segretario del sindacato di polizia Siulp, Maurizio Germanò, l’avvocato Ivan Marrapodi, il presidente di un’associazione che riunisce i calabresi nel mondo. Tra i candidati leghisti del Municipio XIV c’è Mauro Ferri e a un certo punto, sulla porta, risuona il nome di Barbara Gamberini: qualcuno la chiama. Lei risponde. C’è una candidata di FdI nel Municipio XIV che porta questo nome. Il resto sono imprenditori, avvocati, ingegneri. “Molti costruttori”, racconta Bruno mentre fuma fuori dal locale. “Ao’, t’ho detto che devi sta’ dentro e seduto”, gli intima il proprietario. Lui spegne in fretta la sigaretta e rientra. Qui le maniere sono pratiche e sbrigative, non come in certi salotti del centro.

Alle 22, finalmente, sono tutti seduti. Il proprietario si guarda attorno soddisfatto. Sui tavoli arriva il vino, una Falanghina campana. Poco dopo la cena. Il menu non tradisce l’atmosfera retrò: insalata di polipi e calamari, salmone, patè di tonno e burrata, risotto alla pescatora, cavatelli all’astice, scampi, sfoglie di patate, sorbetto al limone, tiramisù. La colonna sonora ricorda il pianobar ma in versione 4.0. Il pianoforte non c’è, la musica è un soundtrack su chiavetta, la voce quella di un cantante in carne e ossa. Si va da Il Carrozzone di Renato Zero alla Maledetta Primavera di Loretta Goggi, e passando per Ricordati di me di Antonello Venditti si arriva a La mia libertà di Franco Califano. “Chi mi vuole prigioniero non lo sa che non c’è muro che mi stacchi dalla libertà”, risuona dalle casse. E vengono in mente le immagini del celebre Romanzo criminale, mentre Palamara tra gli applausi e le grida (“Lu-ca, Lu-ca”) sancisce il suo impegno: “Mi candido per portare all’attenzione di tutti il tema della giustizia che spesso si trasforma in ingiustizia”. Il momento musicale più alto e più vintage lo offre però Giulio Todani, 78enne padre della più famosa Giorgia. Intona My Way di Frank Sinatra. “La voglio dedicare a Luca”, spiega. E a Luca Palamara e al suo libro è dedicato pure lo spettacolo teatrale che pubblicizza un uomo tra i tavoli: “Vi aspetto alla Sala Umberto dal 25 al 29 settembre”.

Palamara prende la parola intorno alla mezzanotte. È l’ora di dir qualcosa. “Parliamo a tutti, non guardiamo né a destra né a sinistra”, dice Palamara. Lo aveva ribadito anche qualche minuto prima a un tavolo. Qualcuno lo aveva avvisato, a metà della cena, che in sala c’erano dei giornalisti. Lui così si è fatto avanti e a chi gli hanno fatto notare che c’erano molti esponenti di destra tra i tavoli, ha risposto scherzando: “C’è anche la sinistra ma sta nascosta”. Con i giornalisti ha parlato dei problemi del territorio, dagli ascensori che non ci sono a Corviale, alle case popolari di Primavalle. “Sto girando tutto il giorno per i quartieri”, ha tenuto a sottolineare. Ma i cronisti insistono: chiedono del ritiro dell’ex ministra alla difesa, Elisabetta Trenta. L’ex grillina ha fatto sapere di non aver raggiunto le 300 firme necessarie alla sua candidatura. Palamara conferma: “Le avevo detto che in estate la gente sta al mare, doveva andare a Ladispoli a raccogliere le firme”. Difficile credere che un’ex ministra non abbia trenta amici che raccolgano per lei dieci firme ciascuno. Palamara, però, assicura: “Mi è dispiaciuto”.

Ultimo aggiornamento da Redazione alle 13 del 16 settembre 2021

In una prima versione di questo articolo tra i presenti era indicato anche l’ex ministro Carlo Giovanardi il quale tuttavia assicura che si è trattato di uno scambio di persona e che nei giorni scorsi è sempre rimasto a Modena, garantendo che lo stesso ha fatto eventualmente il suo fratello gemello Daniele.

Riceviamo e pubblichiamo
In merito all’articolo «Palazzinari, candidati della Lega e pure Sebino Nela alla cena elettorale di Palamara. Tra borse Louis Vuitton e la musica di Franco Califano», in data 11 settembre 2021, si precisa che il Signor Simone Montagna, candidato per la Lega a Roma nel XIII Municipio, non ha partecipato in alcun modo alla cena elettorale descritta nell’articolo, né, per altri versi, ha mai incontrato il dottor Luca Palamara né avuto con lui sino ad ora alcun tipo di contatto, anche indiretto. Durante la cena commentata, a riprova di quanto affermato, Simone Montagna partecipava ad un incontro in diretta, diffuso attraverso il mezzo telematico.

Avv. Domenico Di Tullio

La redazione de ilfattoquotidiano.it prende atto della nota dell’avvocato e per correttezza ha rimosso il nome di Simone Montagna, ex esponente di CasaPound ora candidato della Lega, dalla lista dei presenti alla cena elettorale di Palamara, anche per il fatto che non è il centro dell’articolo. Vale la pena sottolineare che – fatto salvo lo stupore per l’eventuale dono dell’ubiquità del signor Montagna – la cronista autrice del pezzo, insieme ad altri colleghi di diverse testate, è sicura di aver riconosciuto Montagna in momenti diversi della cena.

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