Nel ventesimo anniversario dell’11 settembre il bilancio della guerra contro il terrore è decisamente pessimo. Un esercito ben addestrato in Afghanistan ha rimpiazzato quello straccione dei Talebani del 2001, e al posto di al Qaeda esiste una miriade di gruppi armati jihadisti. Tutti interagiscono tra di loro, fanno affari, a seconda delle situazioni lottano o stringono alleanze e tutti hanno le mani in attività criminali: dalla produzione e vendita dell’eroina, al contrabbando, ai rapimenti fino alla gestione della fitta rete di corruzione. La più lunga guerra americana non poteva finire peggio.
Inutile soffermarci su questi aspetti, che ormai tutti conoscono e che interessano a ben pochi, meglio raccontare un paio di storie afghane che illustrano la sconfitta e la debolezza di fondo del mondo cosiddetto ‘libero’ di fronte alla minaccia del terrorismo islamico. Una delle chiavi di lettura della guerra al terrorismo è la menzogna, definita propaganda quando ben manipolata dalle forze politiche. Maestre di manipolazione sono le democrazie occidentali, dove per ottenere il consenso della popolazione per gli interventi armati si sono spudoratamente creati legami, alleanze e patti falsi tra terroristi ed organizzazioni armate.
Tra le bugie più eclatanti c’è l’accordo tra Osama bin-Laden e Saddam Hussein. In realtà i due erano arci-nemici. Ma bastò che Bush e Blair dicessero al mondo che tra i due esisteva una solida alleanza anti-occidente per giustificare l’invasione dell’Iraq. Un’altra fu l’affermazione che esisteva un legame tra Osama bin-Laden e al Zarqawi, definito l’uomo di al Qaeda in Iraq, in realtà al Zarqawi non faceva neppure parte di al Qaeda. Una terza che il network di al Zarqawi aveva piazzato le armi di distruzioni di massa di Saddam Hussein dentro camion che giravano lungo le strade irachene.
Oggi è la volta dell’antagonismo tra i nuovi Talebani e lo stato islamico Khorasan. Joe Biden lo ha dichiarato agli americani ed al mondo per farci credere che i Talebani e noi, cittadini del mondo libero, abbiamo un nemico comune: ISIS-K, artefice dei sanguinosi attentati all’aeroporto di Kabul. In realtà non è vero, al contrario alcune fazioni dei talebani oggi al governo, come il network Haqqani, e l’ISIS-K fanno affari da diverso tempo e, come vedremo di seguito, fanno politica con gli ostaggi occidentali Il motivo? La conquista ed il mantenimento del potere. Prima però due parole sull’ISIS-K.
Appena arrivato in Afghanistan nel 2015, lo stato islamico del Khorosan ha subito iniziato a sottrarre combattenti ai Talebani, allora lottare sotto la bandiera dell’ISIS era più di moda che indossare i turbanti neri dei Talebani. È per questo che tra la debole leadership talebana di allora e quella più dinamica dello stato islamico è iniziato a correre cattivo sangue. Ma come il movimento jihadista, anche i Talebani non sono un’entità monolitica, piuttosto dobbiamo considerarli come un ombrello sotto il quale esistono tante fazioni, signori della guerra e gruppi armati. Tra questi c’è il famigerato network Haqqani, che controlla una vasta regione del Waziristan al confine tra Afghanistan e Pakistan, e che fa capo a Sirajuddin Haqqani, nominato ministro degli interni del governo talebano, responsabile anche della sicurezza del paese, e considerato dall’FBI pericolosissimo terrorista al punto che esiste una taglia di 5 milioni di dollari sulla sua testa.
Dal 2016, l’ISIS-K e il network Haqqani hanno iniziato a cooperare sia a livello commerciale, e.g. produzione e traffico di eroina, che a livello strategico, attentati e rapimenti. Le due organizzazioni condividono anche alcune tattiche di combattimento particolarmente brutali, tra queste l’utilizzo simultaneo di diverse bombe suicide per mietere il più alto numero di vittime, nonché gli sgozzamenti in pubblico. Infine, entrambi sono profondamente misogini. Secondo diverse fonti dell’antiterrorismo americano il network di Haqqani era a conoscenza e ha cooperato con lo stato islamico nell’attentato all’aeroporto di Kabul attribuito esclusivamente all’ISIS-K.
Tradizionalmente vicino a bin-Laden in quanto parte dei mujaheddin negli anni Ottanta, dal 2001 il network degli Haqqani hanno condotto alcuni degli attentati più violenti in Afghanistan come l’assalto all’albergo Intercontinental di Kabul nel giugno del 2011 e due attacchi suicidi, uno nel 2008 e l’altro nel 2009, contro l’ambasciata indiana a Kabul. Da anni gli Haqqani sono la tribù Afghana più potente perché hanno le mani in tutti i business del Paese dalle droghe alla politica corrotta dell’ex regime di Kabul fino ai negoziati con la Casa Bianca per il ritiro delle truppe. L’alleanza con i Talebani è di lunga data ma questo non significa lealtà, solo ed esclusivamente convenienza. Non è però di questo che vogliamo parlare qui, piuttosto del modo in cui gli Haqqani fanno politica usando attività terroriste e criminali, ad esempio i rapimenti.
Sia il presidente Obama che Trump hanno negoziato con loro per il rilascio di ostaggi americani ottenuti in cambio del rilascio di membri del loro network imprigionati a Guantanámo. Anche Biden ha fatto uso degli Haqqani nelle negoziazioni finali per l’uscita delle truppe americane dall’Afghanistan, ma non è riuscito a portare a casa l’ultimo ostaggio ed adesso che i soldati sono rientrati il presidente non ha più leve per liberarlo. Si tratta di Mark Frerichs, un americano che viveva in Afghanistan da dieci anni dove lavorava nel settore delle costruzioni. Il rapimento di Frerichs è significativo perché avvenne pochi giorni prima della firma dell’accordo tra l’amministrazione Trump ed i Talebani, a gennaio del 2020.
L’ultimo rapimento è allo stesso tempo strategico, gli Haqqani non volevano rimanere senza stoccaggio umano, e simbolico, volevano far sapere a tutti che chi teneva il coltello dalla parte del manico nelle negoziazioni erano loro, non Mike Pompeo o Donald Trump. Adesso per liberare Frerichs chiedono il rilascio di un signore della droga Hajji Bashir Noorzai e capo tribale potentissimo. Noorzai ha finanziato al Qaeda ai tempi della jihad antisovietica, ha fatto da spia per la CIA, ha anche finanziato i Talebani negli anni Novanta il tutto gestendo il traffico di oppio e poi di eroina. Dodici anni fa gli americani sono riusciti ad arrestarlo, processarlo ed a condannarlo all’ergastolo. La sua liberazione contro quella di Frerichs sarebbe l’ultimo schiaffo alla Casa Bianca. Due decenni dopo l’11 settembre siamo ancora sotto le macerie del World Trade Center, i morti non si contano più, il mondo jihadista esulta per il ritorno dei Talebani in Afghanistan e tutti coloro che hanno creduto che la nostra presenza avrebbe portato progresso, modernità, libertà ed eguaglianza hanno capito che era tutta una menzogna. Perché sorprenderci? Era tutto prevedibile. Dalle menzogne possono nascere solo altre menzogne.
Loretta Napoleoni
Economista
Economia Occulta - 12 Settembre 2021
Afghanistan, come siamo arrivati a tutto ciò? Con le menzogne e la manipolazione
Nel ventesimo anniversario dell’11 settembre il bilancio della guerra contro il terrore è decisamente pessimo. Un esercito ben addestrato in Afghanistan ha rimpiazzato quello straccione dei Talebani del 2001, e al posto di al Qaeda esiste una miriade di gruppi armati jihadisti. Tutti interagiscono tra di loro, fanno affari, a seconda delle situazioni lottano o stringono alleanze e tutti hanno le mani in attività criminali: dalla produzione e vendita dell’eroina, al contrabbando, ai rapimenti fino alla gestione della fitta rete di corruzione. La più lunga guerra americana non poteva finire peggio.
Inutile soffermarci su questi aspetti, che ormai tutti conoscono e che interessano a ben pochi, meglio raccontare un paio di storie afghane che illustrano la sconfitta e la debolezza di fondo del mondo cosiddetto ‘libero’ di fronte alla minaccia del terrorismo islamico. Una delle chiavi di lettura della guerra al terrorismo è la menzogna, definita propaganda quando ben manipolata dalle forze politiche. Maestre di manipolazione sono le democrazie occidentali, dove per ottenere il consenso della popolazione per gli interventi armati si sono spudoratamente creati legami, alleanze e patti falsi tra terroristi ed organizzazioni armate.
Tra le bugie più eclatanti c’è l’accordo tra Osama bin-Laden e Saddam Hussein. In realtà i due erano arci-nemici. Ma bastò che Bush e Blair dicessero al mondo che tra i due esisteva una solida alleanza anti-occidente per giustificare l’invasione dell’Iraq. Un’altra fu l’affermazione che esisteva un legame tra Osama bin-Laden e al Zarqawi, definito l’uomo di al Qaeda in Iraq, in realtà al Zarqawi non faceva neppure parte di al Qaeda. Una terza che il network di al Zarqawi aveva piazzato le armi di distruzioni di massa di Saddam Hussein dentro camion che giravano lungo le strade irachene.
Oggi è la volta dell’antagonismo tra i nuovi Talebani e lo stato islamico Khorasan. Joe Biden lo ha dichiarato agli americani ed al mondo per farci credere che i Talebani e noi, cittadini del mondo libero, abbiamo un nemico comune: ISIS-K, artefice dei sanguinosi attentati all’aeroporto di Kabul. In realtà non è vero, al contrario alcune fazioni dei talebani oggi al governo, come il network Haqqani, e l’ISIS-K fanno affari da diverso tempo e, come vedremo di seguito, fanno politica con gli ostaggi occidentali Il motivo? La conquista ed il mantenimento del potere. Prima però due parole sull’ISIS-K.
Appena arrivato in Afghanistan nel 2015, lo stato islamico del Khorosan ha subito iniziato a sottrarre combattenti ai Talebani, allora lottare sotto la bandiera dell’ISIS era più di moda che indossare i turbanti neri dei Talebani. È per questo che tra la debole leadership talebana di allora e quella più dinamica dello stato islamico è iniziato a correre cattivo sangue. Ma come il movimento jihadista, anche i Talebani non sono un’entità monolitica, piuttosto dobbiamo considerarli come un ombrello sotto il quale esistono tante fazioni, signori della guerra e gruppi armati. Tra questi c’è il famigerato network Haqqani, che controlla una vasta regione del Waziristan al confine tra Afghanistan e Pakistan, e che fa capo a Sirajuddin Haqqani, nominato ministro degli interni del governo talebano, responsabile anche della sicurezza del paese, e considerato dall’FBI pericolosissimo terrorista al punto che esiste una taglia di 5 milioni di dollari sulla sua testa.
Dal 2016, l’ISIS-K e il network Haqqani hanno iniziato a cooperare sia a livello commerciale, e.g. produzione e traffico di eroina, che a livello strategico, attentati e rapimenti. Le due organizzazioni condividono anche alcune tattiche di combattimento particolarmente brutali, tra queste l’utilizzo simultaneo di diverse bombe suicide per mietere il più alto numero di vittime, nonché gli sgozzamenti in pubblico. Infine, entrambi sono profondamente misogini. Secondo diverse fonti dell’antiterrorismo americano il network di Haqqani era a conoscenza e ha cooperato con lo stato islamico nell’attentato all’aeroporto di Kabul attribuito esclusivamente all’ISIS-K.
Tradizionalmente vicino a bin-Laden in quanto parte dei mujaheddin negli anni Ottanta, dal 2001 il network degli Haqqani hanno condotto alcuni degli attentati più violenti in Afghanistan come l’assalto all’albergo Intercontinental di Kabul nel giugno del 2011 e due attacchi suicidi, uno nel 2008 e l’altro nel 2009, contro l’ambasciata indiana a Kabul. Da anni gli Haqqani sono la tribù Afghana più potente perché hanno le mani in tutti i business del Paese dalle droghe alla politica corrotta dell’ex regime di Kabul fino ai negoziati con la Casa Bianca per il ritiro delle truppe. L’alleanza con i Talebani è di lunga data ma questo non significa lealtà, solo ed esclusivamente convenienza. Non è però di questo che vogliamo parlare qui, piuttosto del modo in cui gli Haqqani fanno politica usando attività terroriste e criminali, ad esempio i rapimenti.
Sia il presidente Obama che Trump hanno negoziato con loro per il rilascio di ostaggi americani ottenuti in cambio del rilascio di membri del loro network imprigionati a Guantanámo. Anche Biden ha fatto uso degli Haqqani nelle negoziazioni finali per l’uscita delle truppe americane dall’Afghanistan, ma non è riuscito a portare a casa l’ultimo ostaggio ed adesso che i soldati sono rientrati il presidente non ha più leve per liberarlo. Si tratta di Mark Frerichs, un americano che viveva in Afghanistan da dieci anni dove lavorava nel settore delle costruzioni. Il rapimento di Frerichs è significativo perché avvenne pochi giorni prima della firma dell’accordo tra l’amministrazione Trump ed i Talebani, a gennaio del 2020.
L’ultimo rapimento è allo stesso tempo strategico, gli Haqqani non volevano rimanere senza stoccaggio umano, e simbolico, volevano far sapere a tutti che chi teneva il coltello dalla parte del manico nelle negoziazioni erano loro, non Mike Pompeo o Donald Trump. Adesso per liberare Frerichs chiedono il rilascio di un signore della droga Hajji Bashir Noorzai e capo tribale potentissimo. Noorzai ha finanziato al Qaeda ai tempi della jihad antisovietica, ha fatto da spia per la CIA, ha anche finanziato i Talebani negli anni Novanta il tutto gestendo il traffico di oppio e poi di eroina. Dodici anni fa gli americani sono riusciti ad arrestarlo, processarlo ed a condannarlo all’ergastolo. La sua liberazione contro quella di Frerichs sarebbe l’ultimo schiaffo alla Casa Bianca. Due decenni dopo l’11 settembre siamo ancora sotto le macerie del World Trade Center, i morti non si contano più, il mondo jihadista esulta per il ritorno dei Talebani in Afghanistan e tutti coloro che hanno creduto che la nostra presenza avrebbe portato progresso, modernità, libertà ed eguaglianza hanno capito che era tutta una menzogna. Perché sorprenderci? Era tutto prevedibile. Dalle menzogne possono nascere solo altre menzogne.
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Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Lo scontro tra i ministri Lollobrigida e Piantedosi sulla vicenda Bari conferma l’arroganza e lo scarso senso dello Stato di questa destra. Un esponente come Lollobrigida avrebbe preteso, fuori da ogni regola e ignorando il lavoro della Commissione di accesso, di imporre al Ministro dell’Interno lo scioglimento del Comune di Bari. Fin dall’inizio la destra si è comportata in questo modo, ma tutto ha dimostrato l’infondatezza di queste accuse e manovre, il lavoro importante contro le mafie svolto da sindaco De Caro e presidente Emiliano. Non può essere che un ministro come Lollobrigida si comporti in questo modo. Chiameremo il Governo a risponderne”. Così il capogruppo Pd in commissione Antimafia Walter Verini.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Il sottosegretario alla giustizia Delmastro, condannato a otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio e un anno di interdizione dai pubblici uffici, ha dichiarato di non volersi dimettere. È senza vergogna. Se ne vada e lo faccia il prima possibile. Le istituzioni sono una cosa seria, non la proprietà privata di qualcuno”. Così sui social Antonio Misiani della segreteria del Partito Democratico.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - I carabinieri hanno raccolto tutte le dichiarazioni rese dagli staff e direttamente dagli imprenditori contattati dal gruppo di truffatori che usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto hanno tentato raggiri milionari. La banda ha contattato almeno una decina delle famiglie più note e ricche in Italia, tra cui Massimo Moratti (l'unica vittima che ha denunciato il raggiro subito), Marco Tronchetti Provera, esponenti delle famiglie Beretta, Del Vecchio, Caprotti e Della Valle, lo stilista Giorgio Armani.
Una volta sentiti dai militari non tutte le persone che hanno risposto alle telefonate del finto ministro o del sedicente generale hanno deciso di sporgere denuncia. La procura di Milano che indaga sulle truffe sta proseguendo il lavoro sul fronte internazionale, per capire i movimenti bancari del denaro recuperato, mentre restano due gli indagati stranieri per associazione per delinquere finalizzata.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Delmastro è sottosegretario alla Giustizia, la sua condanna è grave già solo per questo. In più questa condanna arriva perché ha usato i suoi attuali poteri di sottosegretario per manganellare l'opposizione in Parlamento rivelando informazioni che non potevano essere rivelate. C'è un evidente e gigantesco problema politico. Non può restare al suo posto, è inaccettabile". Così Anna Ascani, Vicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo a Metropolis.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Senza disciplina. Senza onore. Doveva dimettersi ben prima, a prescindere dalla condanna. Ogni minuto di permanenza in carica di Delmastro è un insulto alle istituzioni”. Così sui social Peppe Provenzano della segreteria del Partito Democratico.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale, in separate udienze, per la presentazione delle Lettere Credenziali, i nuovi Ambasciatori: S.E. Vladimir Karapetyan, Repubblica di Armenia; S.E. Roberto Balzaretti, Confederazione Svizzera; S.E. Francella Maureen Strickland, Stato Indipendente di Samoa; S.E. Amb. Matthew Wilson, Barbados; S.E. Augusto Artur António da Silva, Repubblica della Guinea Bissau; S.E. Noah Touray, Repubblica del Gambia; S.E. Richard Brown, Giamaica. Era presente il Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli. Si legge in una nota del Quirinale.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Shame". Ovvero, 'vergogna'. E' il commento via social di Enrico Letta al post di Donald Trump in cui ha insultato Volodomyr Zelensky.