Ivan Conti ha 57 anni, dal 2018 percepisce il reddito di cittadinanza che va a integrare la pensione di invalidità che, da sola, ammonterebbe a soli 280 euro al mese. Dopo un incidente e diversi problemi di salute che l’hanno portato a un’invalidità dell’85%, trovare lavoro per lui è stato impossibile. Padre separato e disoccupato, per anni ha vissuto con la madre in una casa popolare della periferia di Milano. Venuta a mancare la madre ultraottantenne che gli permetteva di arrivare alla fine del mese con la sua pensione, ha iniziato ad avere difficoltà a pagare le utenze e mettere insieme il pranzo con la cena, trovandosi spesso ad approfittare della solidarietà di una vicina di casa per la spesa e per i pasti. Con il reddito di cittadinanza ora ha 500 euro al mese con i quali può pagare l’affitto, le utenze e fare la spesa. Quando la cifra, nonostante tutto, non è sufficiente a coprire le spese, passa lunghi periodi a Genova, nel quartiere popolare di Rivarolo, ospite della compagna che lavora tutto il giorno per poco più di 1.000 euro al mese.
“Quando sento dire che la gente prende il reddito e non accetta lavori penso sempre alle persone che conosco io – spiega a ilfattoquotidiano.it – nel mio palazzo siamo in quattro, nessuno di noi potrebbe mai essere occupabile sul mercato del lavoro, per l’età avanzata o per lo stato di salute. Non solo, io lo prendo da 500 e il primo anno l’ho percepito di 700 euro, ma gli altri per diversi motivi hanno diritto a cifre ben più basse”. Quando sente dire che il reddito sarebbe diseducativo e farebbe preferire a molti il divano al lavoro, Conti pensa che ci sia un disegno preciso: “Quello di Meloni, Salvini o Renzi è populismo al contrario. Vogliono prendere i soldi ai poveri per restituirli ai ricchi, magari a Confindustria – argomenta facendo nomi di diverse aziende che hanno goduto di sussidi di Stato – dicono che così questi darebbero lavoro, ma a quali condizioni? Questi sono contrari al salario minimo, si sentono in concorrenza con un sostegno al reddito che va dai 50 ai 700 euro massimo, non cercano lavoratori, ma schiavi. Il reddito dà fastidio perché diminuisce il numero delle persone disperate in giro, disposte ad accettare qualsiasi proposta lavorativa indecente”.
Se gli togliessero il sostegno al reddito, Conti non riuscirebbe più a vivere autonomamente: “Dovrei rivolgermi alla Chiesa o ad associazioni di beneficenza, come per altro fanno già molti che nonostante il reddito non riescono a campare. Ma attenzione perché l’aumento dei poveri in giro genera malcontento e persone disposte a tutto, e non è mai una cosa positiva per la democrazia”.