Dopo mesi di silenzio istituzionale e ostinato Francesco Greco, procuratore capo di Milano, dice finalmente la sua sul caso Storari-Davigo e l’affaire dei verbali dell’ex legale esterno di Eni, Piero Amara, indagato e arrestato da più procure e già condannato per corruzione in atti giudiziari, spediti ad alcune testate tra cui il FattoQuotidiano. Come è noto il Cms non ha trasferito il pm Paolo Storari anche se l’azione disciplinare dei verbali all’ex pm di Mani pulite è sospesa in attesa delle decisioni della procura di Brescia, Greco – pur definendo gravissimo e pericoloso quanto accaduto – sposta il fuoco su cosa abbia portato a una bufera che ha creato tensioni fortissime all’interno degli uffici giudiziari più famosi d’Italia. “Questa Procura ha sempre rappresentato l’indipendenza e la libertà dei magistrati. È questo simbolo che deve essere abbattuto. Io non ho mai visto una campagna mediatica quotidiana così compatta e violenta come quella che è in corso in questi mesi, utilizzando la vicenda Storari e l’assoluzione in primo grado dell’Eni” dice Greco intervistato per il Corriere della Sera da Milena Gabanelli.
“Aver fatto uscire dal perimetro del segreto investigativo dei verbali secretati è un atto irresponsabile, tanto più per un magistrato inquirente, e ha pregiudicato le indagini – sottolinea – Una cosa è sicura: l’uscita era nell’interesse di Davigo che non si è preoccupato assolutamente della sorte del procedimento e quando ha lasciato il Csm quei verbali li ha abbandonati. Fatto imbarazzante”. Nei verbali Amara, già indagato per depistaggio all’interno del processo Eni, ha sostenuto l’esistenza di una sedicente loggia Ungheria, ha elencato settanta nomi tra magistrati, giudici, politici, imprenditori, giornalisti. Storari, pensando che l’indagine non proseguisse, consegna i verbali secretati all’allora consigliere del Csm Davigo.
Secondo il capo dei pm milanesi qualcuno vuole danneggiare la procura di Milano che “rappresenta da decenni un’anomalia, per la capacità di svolgere un ruolo cruciale e sempre innovativo sia sul fronte della legalità politica ed economica nazionale e internazionale, che nei fenomeni criminali che accompagnano il costume sociale”. E aggiunge: “Qui non è nata solo Mani Pulite, qui sono nate le indagini sui nuovi caporali digitali e sul trattamento dei riders, sull’evasione fiscale delle big-tech, sul riciclaggio delle banche internazionali, sulla corruzione internazionale, la tutela dei consumatori dalle truffe delle grandi multiutilities, è stata costante l’attenzione nei confronti della Mafia imprenditrice, dei soggetti deboli e della salute sui luoghi di lavoro. Per alcuni questa anomalia deve finire“. Alla domanda di chi sono gli alcuni Greco risponde: “Il desiderio di avere le mani libere ha accompagnato da sempre parte delle classi dirigenti politiche ed economiche del paese. Saverio Borrelli, consapevole di questa situazione, ci chiese di resistere, cioè di continuare a fare il nostro dovere con responsabilità ma senza compromessi. Controllare la legalità del potere richiede una “tenuta” psicologica che nel tempo logora, e infatti molti magistrati sono diventati insofferenti agli attacchi continui, e certi processi preferiscono evitarli. Ogni volta, c’è sempre qualcuno che dice “bisogna voltare pagina”. È successo in tutti i grandi uffici, ed ora qui, in occasione del mio pensionamento. Tuttavia sono certo che questa Procura non cambierà pelle… almeno me lo auguro”.
Greco aggiunge un particolare inedito alla vicenda. Storari – incaricato di indagare sulla fuga di notizie dopo che il giornalista del FattoQuotidiano aveva denunciato di aver ricevuto queli atti in forma anonima – non si era astenuto. Ma anche per questo non si è ritenuto che abbia commesso un illecito. Ma secondo Greco non poteva non sapere che era lui la fonte di quella violazione di segreto: “Penso che sia la Procura Generale che il Csm non avessero la lettera anonima (agli atti delle Procure di Roma e Brescia) che accompagnava la seconda consegna dei verbali al Fatto, e che non lasciava dubbi sulla loro provenienza, riportando nel dettaglio tutti i colloqui avuti da Davigo con soggetti istituzionali e con diversi colleghi, nonché l’indicazione precisa che provenivano dalla Procura di Milano. Anch’io dell’esistenza di questa lettera, detenuta in originale unicamente da Storari, ne sono venuto a conoscenza solo recentemente. Inoltre, trattandosi di stampe di file word, potevano essere usciti solo dai nostri uffici, tant’ è che, ipotizzando un hackeraggio, disposi accertamenti tecnici che non vennero eseguiti. Infine quando abbiamo intercettato la segretaria di Davigo, Storari che a quel punto non aveva più scuse, ha acconsentito che si facessero le intercettazioni per un reato che sapeva non essere mai stato commesso: accesso abusivo a sistema informatico”.