Tempo fa incontro in portineria una distinta gentildonna avanti negli anni, che abita nello stesso decoroso palazzo dove ho lo studio. Ci troviamo nel quartiere genovese di Castelletto, la tranquilla collina con vista mare e in mezzo al verde, tradizionale residenza della vecchia borghesia cittadina. “Buongiorno signora, esce per compere?”. “Ma lei è matto, non li legge i giornali?” “?” “Non lo sa che si aggirano qui intorno bande di extracomunitari pronti ad aggredire le persone anziane per picchiarle selvaggiamente?”.
Provo a spiegarle che Castelletto non è il Bronx, che di questi branchi minacciosi non c’è traccia, che non si dà il caso di nostri conoscenti vittime di tali aggressioni.
Niente da fare: lo hanno detto i giornali. Che poi sono gli strumenti terroristici e disinformativi maneggiati dai vari Belpietro, Feltri, Senaldi, Sallusti. Professionisti precettati a fomentare un clima di paura funzionale alle strategie elettoralistiche di incredibile cinismo della Destra nostrana, impegnata a diffondere panico. Ossia, incentivare pulsioni forcaiole tramite la propagazione di una psicosi da indistinta minaccia incombente; lasciando comunque capire che sono in pericolo non solo le proprietà ma anche la stessa incolumità delle persone. A cui conviene barricarsi in casa – specie i più anziani – attendendo che i combattenti della libertà – i veri patrioti, i Salvini, le Meloni e perfino il sempre più rappezzato Berlusconi – tornino a ripristinare la Legge e l’Ordine come ai loro bei tempi. Quando la canaglia – vera o presunta che fosse – veniva tenuta adeguatamente a bada. Il tempo felice in cui i ceti pericolosi erano rimessi sistematicamente in riga.
Sono ormai decenni che opera questa colonizzazione del pensiero e i risultati dell’operazione possono ritenersi raggiunti: ormai quella italiana è una società incattivita e paranoica, sempre alla ricerca di un capro espiatorio per il proprio malessere. Convinta di vivere in un ambiente ostile secondo ricostruzioni della realtà in larga misura mediate da modelli propagandistici elaborati dai think tank nordamericani più reazionari. Che con la tecnica del “gutta cavat lapidem”, la ripetizione ossessiva del messaggio, sono riusciti a stravolgere radicalmente il significato del termine “sicurezza”. Non più “security” – cioè garanzia del proprio posto nella società grazie ai diritti e al lavoro – bensì “safety”: protezione della persona da minacce alla sua stessa sopravvivenza (senso di vulnerabilità). Come ha scritto Bauman, “la sicurezza per la quale siamo in apprensione non è più quella che avevano in mente Roosevelt o Beveridge. Ma è la sicurezza nei confronti di coloro che violano la nostra proprietà e degli estranei sulla porta di casa, da vagabondi e mendicanti, maniaci sessuali dentro e fuori casa, avvelenatori di pozzi e dirottatori di aerei”.
E anche questo rientra nel vasto fenomeno dell’americanizzazione colonizzativa dell’italico pensiero; promossa da propaganda, fumetti e immaginari hollywoodiani.
Per restare alle cronache delle mie parti, la notizia già riferita dal Fatto Quotidiano che “il giovane padano al basilico” Giorgio Viale – attuale assessore leghista alla sicurezza nella giunta comunale del sindaco Marco Bucci – sta promuovendo la sperimentazione della “bolawrap”, la pistola spara-lazo di cui dotare i vigili genovesi per i loro inseguimenti dei ladri nelle strade cittadine. Ipotesi squisitamente cinematografica per almeno due ragioni, una ironica e l’altra grottesca. Nel primo caso l’adozione di un’arma impropria già presente nella dotazione da supereroe di Batman, seppure con la lieve modifica dei contrappesi a pipistrello invece delle bolas, poi rilanciata alla grande da Zoe Saldana nella parte di Gamora del film I Guardiani della Galassia.
Mentre permane imbarazzante e risibile la descrizione della situazione assolutamente improbabile in cui tale strumento dovrebbe entrare in funzione. Ossia la gag immancabile nei polizieschi americani (penso all’iconico Bullitt, con il carismatico Steve McQueen o a True Lies del robotico Arnold Schwarzenegger) in cui i nostri si lanciano all’inseguimento del cattivo in fuga. Francamente vivo da settantaquattro anni a Genova ma non riesco a ricordare una gag siffatta. Pura invenzione scenica. Che tuttavia sta attecchendo pericolosamente tra gli abbienti e gli impauriti che costituiscono il blocco sociale di riferimento per l’inarrestabile presa egemonica della restaurazione. Anche perché non si segnalano contromosse in itinere. Magari una risata collettiva, per seppellire definitivamente nel ridicolo i professionisti nostrani della paura.