di Donatello D’Andrea

Il fatto più sorprendente delle prossime elezioni tedesche del 26 settembre non è tanto l’exploit della Spd, guidata dal vice-cancelliere e ministro, Olaf Scholz, oppure l’avanzata del partito dei Verdi, ma la crisi nera di quella formazione politica che, negli ultimi quindici anni, ha rappresentato un punto di riferimento della politica tedesca, la Cdu.

I motivi attorno a questo drastico calo dei consensi (uno degli ultimi sondaggi dà il partito di Merkel e Laschet sotto il 20%) sono molteplici e non tutti sono imputabili agli errori del candidato.

Innanzitutto sulle spalle del “ministro-Presidente” della Renania poggia tutto il peso dell’eredità della Cancelliera uscente e soprattutto una evidente e consapevole incapacità di essere all’altezza. Dal 2018, cioè dall’anno in cui Merkel ha lasciato la guida della Cdu, sono cambiati due presidenti e nessuno di loro è riuscito a ridare la stessa sicurezza e lo stesso senso d’unità al partito. Inoltre, la candidatura di Armin Laschet è avvenuta nel silenzio e nel disinteresse più totale della base e dei vertici, tanto che fino agli impietosi numeri dei sondaggi, nessuno aveva sostenuto con entusiasmo la sua campagna elettorale.

L’intervento della cancelliera al Bundestag, dove ha incensato la candidatura di Laschet, è stata visto come un gesto estremo e tardivo per ridare dignità al governatore della Renania. A dire il vero, le parole di Merkel – che non sono state accolte con grande entusiasmo – potrebbero tradursi in un volano per Laschet dato che sottolineano la distanza tra lui e il partito e soprattutto certificano come abbia avuto bisogno dell’intervento della cancelliera per nascondere le difficoltà di una campagna elettorale anonima, in cui i temi non hanno rivestito quel ruolo che ci si aspettava.

Ovviamente non si possono escludere dal computo delle responsabilità anche le ripetute gaffe, come la risata durante la commemorazione delle vittime delle inondazioni nel luglio scorso, e gli errori compiuti da governatore proprio in quel periodo (ritardo dei soccorsi, interventi insufficienti). Inoltre la comunicazione del programma elettorale è stata giudicata insufficiente dai giornali e dagli elettori, i quali imputano ad Armin Laschet la poca convinzione nell’esporre la propria idea di Germania, quella che vorrebbe realizzare. Pesano anche le incertezze e i voltafaccia sul green.

All’epoca della candidatura, Laschet si presentò (e venne presentato) come un convinto sostenitore della svolta energetica tedesca, tanto che i quotidiani accarezzavano già l’idea di un’alleanza post-elettorale con i Verdi. Con il passare del tempo, però, i buoni propositi sembrano aver lasciato il posto alla triste realtà degli interessi energetici dei grandi gruppi, a partire da quello del carbone.

Per Laschet, insomma, non basterà presentarsi come il garante dell’eredità di Angela Merkel, soprattutto se si considerano le proposte della controparte socialdemocratica (patrimoniale e salario minimo) o dei Verdi (che in caso di vittoria della Spd potrebbero entrare in un governo a tre con Fdp), le quali tengono conto del periodo di grandi trasformazioni sociali che interessano la Germania.

Per la prima volta dal 2005, la Germania rischia davvero di restare senza la Cdu al governo? La sfida è sicuramente ancora aperta ma è evidente che qualcosa stia cambiando nella politica tedesca, a cominciare dai rapporti di forza.

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