Dodici ore di lavoro al giorno e una paga oraria di soli 2 euro. Erano queste le condizioni imposte a nove lavoratori in un’azienda di confezioni di Prato. I tre titolari, di origine cinese, sono stati arrestati con l’accusa di sfruttamento della manodopera. L’inchiesta del sostituto procuratore Lorenzo Gestri è partita dalla denuncia allo Sportello Immigrazione del Comune: un operaio proveniente dalla Nigeria raccontava dei ritmi sfiancanti e degli stipendi bassissimi della Venus Ark, una ditta di confezioni in Via Toscana. La stessa strada dove sette operai morirono nel 2013 nell’incendio di Teresa Moda – struttura dove lavoravano e alloggiavano. Subito si sono attivati gli agenti della Guardia di finanza e la polizia municipale, in collaborazione con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Coordinati dal procuratore Giuseppe Nicolosi, hanno indagato sulle condizioni di lavoro dei compagni dell’uomo. Si tratta di nove operai, di cui quattro connazionali dei proprietari, mente gli altri erano richiedenti asilo provenienti dall’Africa. I responsabili dei Centri di accoglienza straordinaria, dove i cinque alloggiavano, non si sarebbero accorti di nulla, nemmeno delle assenze prolungate durante la giornata.
Gli operai – è stato rilevato – non hanno voluto collaborare alle indagini, probabilmente per paura di un licenziamento, ma gli inquirenti, con appostamenti e videoriprese, sono riusciti a ottenere le prove del grave sfruttamento che avveniva nella ditta. Il 78% degli impiegati era infatti senza contratto e la loro retribuzione oraria massima si aggirava dai 2 ai 3,5 euro all’ora, al posto dei circa 9 euro previsti da un accordo collettivo. Gli operai erano erano poi costretti a lavorare 7 giorni su 7, in turni fino a 14 ore consecutive con pause di pochi minuti per consumare i pasti nello stesso ambiente di lavoro.
Dopo il sopralluogo dell’Ispettorato del Lavoro di Prato, sono finite ai domiciliari due donne, rispettivamente di 40 e 50 anni, e un altro 40enne, marito di una di loro. Nonostante la proprietà della Venus Ark fosse indicata ad un prestanome – attualmente non indagato – i tre sono stati riconosciuti come co-gestori. “Avevano realizzato – si legge in una nota delle forze dell’ordine – un sistema illecito di lucro nella massimizzazione dei profitti tratti dalle attività di impresa”.