Economia

Quota 100, i numeri del flop: solo 341mila adesioni. Salvini diceva: “Manderà in pensione 1 milione di italiani” (e ora vuole prorogarla)

La misura è molto penalizzante sul fronte economico: conviene restare al lavoro per avere maggiori versamenti e godere di un coefficiente di trasformazione più elevato al momento dell’uscita. Per lo stesso motivo, a sfruttare l'opportunità sono stati per quasi il 70% lavoratori uomini, quelli con le storie contributive più "regolari" e con stipendi mediamente più alti. Ora si studiano altri interventi per un'uscita anticipata

Diritto alla pensione per un milione di italiani, che contiamo possa trasformarsi in diritto al lavoro per un altro milione di italiani che non deve scappare all’estero”. Matteo Salvini aveva festeggiato così, nel gennaio 2019, il varo del “decretone” sulla quota 100 cara alla Lega e il reddito di cittadinanza voluto dal M5s. Oggi secondo il leader del Carroccio il reddito è un “errore” da abolire mentre la misura per l’uscita anticipata dal lavoro, che scade a fine anno, va confermata pena “le barricate“. Ma se il rdc aiuta oltre 3 milioni di persone, è quota 100 che stando ai numeri si è rivelata un completo flop. Gli ultimi dati Inps mostrano che le domande accolte sono state in tutto solo 341mila (107.237 dipendenti pubblici, 166.282 privati e 67.609 autonomi). Altro che “un milione di lavoratori e circa 350mila donne“, come prevedeva sempre nel 2019 l’allora sottosegretario Claudio Durigon. Non solo: solo il 65% di chi ha approfittato della misura aveva 62 o 63 anni. Gli altri erano tutti più anziani.

I risultati ufficiali della sperimentazione – che consente l’accesso alla pensione anticipata con un minimo di 38 anni di contributi e 62 anni di età – sono in linea con i calcoli dell’osservatorio previdenza della Cgil, che all’inizio dell’anno aveva previsto un totale di meno di 385mila domande accolte. Del resto, quota 100 è molto penalizzante per chi esce in anticipo. Fatti due conti, conviene restare al lavoro per avere maggiori versamenti e godere di un coefficiente di trasformazione più elevato al momento dell’uscita. Per lo stesso motivo, a sfruttare l’opportunità sono stati per quasi il 70% lavoratori uomini. Con una prevalenza per quelli residenti al Nord. Ovvero quelli con le storie contributive più “regolari”, con meno interruzioni. E con stipendi mediamente più alti. Con buona pace di quello che doveva essere un aiuto per le lavoratrici donne: loro hanno molta più difficoltà a raggiungere gli oltre 40 anni di contributi richiesti.

Il risvolto positivo per i conti pubblici è che il costo finale dell’intervento sarà un po’ più basso rispetto ai circa 21 miliardi previsti: secondo l’Inps il costo per questi anni di test è di 11,6 miliardi mentre altri sette si spenderanno nei prossimi anni per il trascinamento dei pagamenti per persone uscite prima dell’età di vecchiaia. “Nel 2021, anche analizzando il blocco dell’adeguamento alla speranza di vita e la proroga di Opzione donna, non verranno utilizzati 2,4 miliardi che, se sommati alla minor spesa del 2019 e del 2020, raggiungono un totale di 6,4”, calcola Ezio Cigna, responsabile delle Politiche previdenziali della Cgil. Risparmi che il sindacato chiede siano utilizzati per i prossimi interventi sulla previdenza.

Quanto ai presunti posti di lavoro “liberati” per i giovani, il fact checking è arduo visto che in mezzo c’è stata la pandemia che sull’occupazione ha avuto effetti drammatici e oggi gli occupati sono meno che a inizio 2019. Ma le previsioni indipendenti dell’epoca avevano escluso la possibilità di una sostituzione uno a uno: i Consulenti del lavoro avevano fatto notare che se per i lavori poco qualificati il ricambio occupazionale in effetti c’è, per le professioni qualificate l’uscita dei senior non favorisce l’ingresso di nuove leve. La loro stima era dunque che 200mila uscite con quota 100 si sarebbero tradotte in poco più di 70mila assunzioni di under 35.

Visto il fallimento della misura, il governo Draghi – come del resto quello precedente – non prende in considerazione la possibilità di prorogare quota 100. Si studieranno invece altri interventi per garantire ancora la possibilità di uscita a 62-63 anni con 38-39 anni di contributi, ipotesi che avrebbe un costo accettabile per il Tesoro (2,5-3 miliardi). Si riflette poi su canali paralleli per i lavori gravosi e su una pensione contributiva di garanzia per i lavori poveri o discontinui e per i più giovani, richieste dei sindacati. Salvini, in difficoltà su altri fronti, continua però a promettere sfracelli: “Tra le priorità della Lega nella prossima manovra finanziaria c’è quella di confermare quota 100. Se il Pd vorrà cancellarla per tornare alla legge Fornero, faremo le barricate davanti al Parlamento per difenderla”.