Non c’è tregua per i lavoratori della ex Embraco di Riva di Chieri (Torino), che dopo tre anni e mezzo di trattative e tre diversi governi continuano a rimanere intrappolati in una crisi aziendale apparentemente senza fine. Dalla riunione del Consiglio regionale del Piemonte di martedì non è infatti emerso nulla di nuovo se non la conferma della volontà, da parte del ministero dello Sviluppo Economico guidato da Giancarlo Giorgetti, di abbandonare definitivamente il progetto Italcomp (cioè la fusione con l’azienda bellunese Acc in nuovo polo industriale per la produzione di compressori per frigoriferi) in favore di non meglio precisate politiche attive del lavoro. Una decisione che fra tre mesi, termine in cui scadrà la cassa integrazione prorogata lo scorso luglio, rischia di lasciare i 391 operai coinvolti nelle vertenza senza alcun tipo di entrata. Sul piede di guerra i sindacati, ma anche le autorità regionali, che chiedono al Governo di trovare una soluzione concreta.
“Il progetto Italcomp non è fattibile. Non lo è più da tempo. Non lo è perché non è stato trovato un soggetto privato che potesse investire, perché non è stato trovato il sito, per tutta un’altra serie di ragioni”: queste le parole con cui si è presentato (in videoconferenza) a sindacati e lavoratori Luca Annibaletti, coordinatore della struttura per le crisi d’impresa del Mise. Annunciato lo scorso settembre dall’allora sottosegretaria al Ministero dello Sviluppo Economico Alessandra Todde (M5s), Italcomp prevedeva la realizzazione di un nuovo polo industriale per la produzione di compressori per elettrodomestici tramite la fusione di Embraco e della Acc di Mel (Belluno). Una soluzione caldeggiata dagli interessati ma che era stata accantonata poco dopo la nascita del governo Draghi e la nomina di Giorgetti alla guida del dicastero in precedenza nella mani di Stefano Patuanelli: eccessivo, per il leghista, il coinvolgimento dello Stato, che avrebbe detenuto il 70% del capitale della nuova società quando invece si sarebbe potuto trovare un investitore privato.
E anche se di manifestazioni di interesse in questo senso ancora non c’è l’ombra, ecco arrivare comunque, dopo mesi di incertezza, la conferma sull’abbandono della strada pubblica. “La posizione del ministero è stata ribadita anche ieri al tavolo Acc, quindi bisogna cercare di trovare altre soluzioni“, ha spiegato Annibaletti. Parole che hanno subito suscitato le reazioni di tutte le controparti nonostante lo stesso delegato del Mise abbia precisato di essere “a disposizione per studiare insieme alle istituzioni locali un percorso di politiche attive per i lavoratori”.
“Dopo tre anni di lotte, per noi è inaccettabile che cali il sipario sulla vicenda ex Embraco e sulle sorti dei 400 lavoratori. Per questo è fondamentale una convocazione in tempi rapidi al Mise“. Così Vito Benevento, segretario organizzativo di Uilm Torino: “Il problema è che non c’è una soluzione in vista dopo il naufragio del progetto Italcomp. Se il governo si prende la responsabilità di tale epilogo, deve fare altrettanto per trovare altre soluzioni in grado di salvaguardare il lavoro nel nostro territorio”, ha spiegato il sindacalista. All’attacco anche la Fiom Torino, che per bocca di Ugo Bolognesi ha parlato di mancanza di rispetto verso “i lavoratori, chi li rappresenta ma anche le istituzioni e i cittadini piemontesi”. “Come si fa a parlare di responsabilità sociale dell’impresa se non c’è da parte del governo? Pretendiamo il tavolo o faremo qualche azione clamorosa. Metteremo le tende sotto il Mise con i parlamentari piemontesi e i consiglieri regionali”, ha detto Bolognesi.
Le critiche non sono poi mancate neppure dai vertici della Regione Piemonte. “Le parole del rappresentante del Mise sono imbarazzanti. Solo politiche attive del lavoro? Non è quello che mi aspetto dal Governo, non è degno di questa nazione”, ha tuonato l’assessore regionale al lavoro, Elena Chiorino, invocando un tavolo interministeriale coordinato dalla presidenza del Consiglio. Le ha fatto eco il governatore Alberto Cirio: “È una vicenda vergognosa. Di pacche sulle spalle i lavoratori e le loro famiglie ne hanno già ricevute fin troppe. Deve essere chiaro che chi viene in Italia e in Piemonte, e prende risorse pubbliche, deve restarci. Altrimenti le restituisce. E questo va scritto in legge”. “Dobbiamo trovare una soluzione entro il 31 dicembre, quando scadranno gli ammortizzatori sociali. Noi non abbiamo mai voluto attivare piani B, perché voleva dire rinunciare al piano A. Ma siamo arrivati al punto in cui dobbiamo avere l’onestà intellettuale di capire se il piano A è percorribile e con quali prospettive”, ha concluso Cirio.