di Federico Lucia*
La pandemia, tra le molte cose, ha contribuito ad accelerare un fenomeno che, altrove più che in Italia, si era già messo in moto da anni. Lo smartworking, o lavoro agile, ha costituito per molte aziende la principale leva che ne ha garantito la sopravvivenza, la continuità del business e la salvaguardia dei livelli occupazionali. Il nostro Paese, in ritardo rispetto ad altre grandi economie mondiali, ha scoperto dunque un nuovo modello lavorativo, dove la sede fisica perde la centralità che aveva in passato, in favore di una delocalizzazione della prestazione lavorativa.
Lo smartworking nel New Normal
I vantaggi dello smartworking sono indubbi: miglior gestione del rapporto vita-lavoro, riduzione dell’impatto ambientale e dei tempi morti, maggior resilienza nei confronti degli scenari di no-building, riduzione dei costi associati alle sedi e di quelli di viaggio, riduzione degli infortuni in itinere (nel 2019 costituivano il 28,1% degli infortuni mortali, scesi al 16,8% nel 2020).
Tuttavia, lo smartworking solleva anche problematiche, quali ad esempio: isolamento dal contesto aziendale e alienazione del lavoratore con conseguente disaffezione, aumento dei disturbi muscolo-scheletrici dovuto a una spesso inadeguata configurazione della postazione di lavoro domestica (quasi il 50% delle persone in lavoro agile lamenta un peggioramento di tale condizione), aumento dello stress dovuto alla permeazione del lavoro nell’ambito privato e alla difficoltà di arrivare a un compiuto diritto alla disconnessione.
Una recente statistica ha rilevato che il 78% degli italiani vorrebbe tornare a lavorare in presenza: per questa ragione sarebbe più logico ipotizzare una coesistenza di entrambe le forme, dove lo smartworking diventerà strutturale e coesisterà con il lavoro in presenza, così da coniugare le diverse esigenze e mitigare gli impatti dovuti a entrambe le modalità organizzative.
I luoghi di lavoro con il modello dell’activity-based working
La domanda che tutti si pongono è: come posso rendere il luogo di lavoro maggiormente appetibile? A tal proposito, l’idea che va formandosi da diversi anni è quella di riprogettare gli ambienti di lavoro secondo la logica dell’activity-based working, ossia il lavoro basato sulle attività.
Secondo tale modello, possiamo distinguere le attività lavorative in 5 tipologie:
– Attività di concentrazione: attività individuali che richiedono concentrazione o precisione o che si caratterizzano per task routinari;
– Attività di collaborazione: attività di conferenza e riunioni che prevedono il lavoro in team;
– Attività di comunicazione: attività svolte tramite telefono o sistema di videoconferenza, che hanno l’obiettivo di condividere informazioni;
– Attività tecnico-operative: attività che prevedono l’utilizzo di impianti e sistemi, per la gestione o il controllo degli stessi e che richiedono necessariamente la presenza fisica;
– Attività creative: attività individuali che richiedono lo sviluppo di nuove idee o progetti.
La riprogettazione degli spazi dovrà pertanto tenere in considerazione l’attività che viene svolta prevalentemente dai lavoratori. Possiamo pertanto individuare 4 categorie di locali:
– Locali per “concentration”, caratterizzati da stanze separate o cabine speciali, con postazioni di lavoro regolabili che possano garantire il massimo livello di ergonomia possibile e con adeguati standard acustici e di illuminazione;
– Locali per “collaboration”, caratterizzati da strumenti di connettività remota e tavoli disposti in maniera tale da favorire il lavoro in team. Grandi spazi, con lavagne a fogli mobili, sistemi di visualizzazione e mobili adattabili a favorire sia conferenze plenarie che lavoro in piccoli team, garantendo al contempo privacy e sicurezza;
– Locali per “communication”, caratterizzati da ampi locali con pareti e open space, con adeguati livelli di isolamento acustico;
– Locali per “contemplation”, dove i lavoratori possano rigenerare le energie, riposare, staccare dal lavoro. È il caso di zone relax al chiuso o all’aperto, locali ove è possibile svolgere attività fisica o scaricare la tensione, o anche solo trovare nuove idee per le attività creative.
Per la riuscita di tale modello, è fondamentale che gli spazi vengano corredati da norme di comportamento, quali potrebbero essere il silenzio e il divieto di fare telefonate nei locali di contemplation e concentration, nonché adeguate policy sulla prenotabilità degli stessi.
* Giurista-informatico, Safety Manager e Business Continuity Manager del CSI Piemonte, ha maturato pluriennale esperienza sulle tematiche di sicurezza, business continuity, privacy e risk management. Formatore qualificato, è iscritto al repertorio degli Esperti BBS e docente ai corsi di perfezionamento presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. È inoltre autore di articoli su testate specialistiche e di un libro intitolato “Il nuovo codice in materia di protezione dei dati personali” edito da Giappichelli