Nuova udienza a Parigi del maxi-processo sugli attentati del 13 novembre 2015 che causarono la morte di 130 persone e centinaia di feriti tra lo Stade de France, i locali del centro della capitale e il Bataclan. Oggi per la prima volta gli imputati si sono espressi brevemente sulle accuse. Tra loro c’è anche l’unico kamikaze sopravvissuto Salah Abdeslam che, già in apertura del procedimento, ha rivendicato la sua adesione all’Isis. E prendendo la parola è intervenuto per giustificare la strage e ha accusato lo Stato francese per gli attacchi allo Stato Islamico.
“Gli aerei francesi che bombardano lo Stato islamico non fanno distinzione fra uomini, donne e bambini”, ha detto Abdeslam. Lui e i suoi complici, ha aggiunto, hanno voluto “far subire alla Francia lo stesso dolore che noi subiamo”. Per Salah i “terroristi, jihadisti radicalizzati” ai quali ci si è riferiti finora al processo sono in realtà “dei musulmani”: “è islam autentico – ha proseguito – François Hollande ha detto che noi abbiamo combattuto la Francia a causa dei suoi valori, ma è una menzogna”. E ancora: “So che le mie frasi possono scioccare, soprattutto delle anime sensibili. Ma il mio scopo non è rigirare il coltello nella piaga. Il minimo che si possa dire alle vittime è la verità. Quando François Hollande prese la decisione di attaccare lo Stato islamico sapeva che la sua decisione comportava dei rischi. Sapeva che prendendo quella decisione, dei francesi sarebbero morti”.
Il maxi-processo dovrebbe durare circa 9 mesi. Iniziato l’8 settembre scorso, nelle scorse sedute sono avvenute la registrazione delle parti civili e la sintesi dei fatti. Poi ci si è concentrati sull’audizione degli inquirenti risaliti ai commando jihadisti responsabili di quella tragica notte di sangue. La corte speciale ha quindi ascoltato la testimonianza di un responsabile della direzione anti-terrorismo della polizia giudiziaria francese. In seguito è stato il turno della giudice antiterrorismo belga, Isabelle Panou. La tentacolare inchiesta condotta in Europa e non solo ha permesso di ricostituire con un certo grado di precisione la preparazione e lo svolgimento degli attacchi guidati dall’Isis. Anche se alcuni punti restano oscuri, gli inquirenti sono riusciti ad identificare in quattro anni di lavori committenti, pianificatori, artificieri, e intermediari della cellula, come anche il percorso di alcuni di essi dalla Siria, al Belgio, poi in Francia, attraverso le rotte dei migranti. Per la prima volta dall’inizio del processo, la corte, gli avvocati generali, gli avvocati delle parti civili o della difesa hanno potuto rivolgere domande di fondo sull’intero dossier.