L’inchiesta è chiusa e la Procura di Roma si appresta a chiedere il rinvio a giudizio della segreteria dell'ex pm di Mani pulite
“La vuole far scoppiare o no sta bomba?”. Giulia Befera, ex assistente di Piercamillo Davigo al Consiglio superiore della magistratura, mandò questo messaggio a Marcella Contrafatto, segretaria dell’ex pm di Mani pulite, indagata per calunnia perché accusata di aver inviato anonimamente i verbali di Piero Amara, ex legale esterno di Eni condannato per corruzione in atti giudiziari e indagato da più procure, al magistrato Nino Di Matteo, oltre che ad alcuni giornalisti. L’inchiesta è chiusa e la Procura di Roma si appresta a chiedere il rinvio a giudizio della donna. La notizia è riportata da Corriere della Sera e Repubblica. Quei verbali – in cui l’avvocato elenca i nomi di 70 personalità tra magistrati, giudici, politici, imprenditori, giornalisti che avrebbero fatto parte di una presunta Loggia – furono consegnati a Davigo dal pm milanese Paolo Storari che sembrava ritenere che le indagini fossero ferme o quasi, salvo poi dichiarare al Csm che non ci fu inerzia. Per questa consegna di atti avvenuta senza protocollo e senza seguire una procedura Davigo e Storari sono indagati a Brescia. Dove è stato iscritto anche il procuratore capo di Milano Francesco Greco. Sulla sedicente loggia Ungheria invece indaga la procura di Perugia.
“Il consigliere Davigo nel maggio 2020 mi disse che aveva deciso di rompere i rapporti con il consigliere Ardita perché gli era stato consegnato un verbale di dichiarazioni rese alla Procura di Milano in cui il nome di Ardita era associato a una loggia; non ricordo se mi disse chi gli avesse consegnato i verbali. Parlò anche di un certo immobilismo della Procura di Milano. Non ricordo se mi fece il nome di Amara come soggetto che aveva fatto quelle dichiarazioni” ha raccontato Befera agli inquirenti romani. “Davigo mi disse che ne aveva parlato con il vicepresidente del Csm, e so che anche la Contrafatto era a conoscenza dei verbali. Mi disse che sapeva dove erano collocati, cioè nella stanza di Davigo, in uno scaffale posto in basso. Secondo l’assistente più giovane – riporta il Corriere – la svolta di questa storia avviene con la decisione del Csm di estromettere l’ex pm di Mani Pulite nel momento in cui ha lasciato la toga; prima lui stesso pensava di essere confermato, ma poi capì che ciò non sarebbe avvenuto”. L’ex pm di Mani pulite ha sostenuto un braccio di ferro anche legale per poter continuare a svolgere la funzione di consigliere nonostante ormai fosse in pensione.
“La Contrafatto – ha spiegato l’ex assistente – mi rappresentò che sarebbe stato bello ed eclatante se avesse avuto clamore mediatico la vicenda relativa ai verbali, alla loggia e al fatto che Davigo sapesse e avesse informato la presidenza del Csm e il presidente della Repubblica, venendo ripagato con la mancata riconferma. La donna sostiene l’estraneità di Davigo: “Lui non voleva certo che tali notizie uscissero, dava sempre l’impressione di confidare nell’andamento della giustizia” ma mentre parla delle intenzioni della collega: “Manifestò la sua idea di scatenare un titolone sui giornali prima del plenum; in pratica mi disse che sarebbe stato ‘stupendo’ se la notizia fosse uscita sui giornali. La mia percezione all’epoca era che Marcella stesse esagerando, perché è un soggetto sopra le righe. Io le dissi ‘andiamo carcerate’. Le spedizioni ai giornali risalgono all’ottobre-novembre 2020 (entrambe a Il Fatto Quotidiano) e al 24 febbraio 2021 (La Repubblica). Non uscì nulla, e a dicembre 2020, il giorno di Natale, Befera scrisse un messaggio a Contrafatto per chiederle: “La vuole far scoppiare o no sta bomba?”. Ai pm la donna ha spiegato che non si riferiva ai giornalisti bensì “all’atteggiamento di Davigo, mi domandavo perché continuasse a non far emergere pubblicamente ciò che sapeva su Ardita”.