Il caso Moscopoli, deflagrato nel giugno di due anni fa dopo la pubblicazione dell’audio registrato di nascosto ai tavolini dell’hotel Metropol di Mosca il 18 ottobre 2018, è al suo rush finale. I pm del capoluogo lombardo hanno chiesto informazioni alle autorità moscovite per capire chi prese parte all'incontro incriminato che, secondo l'accusa, serviva per spartirsi mazzette milionarie nell’operazione petrolifera che avrebbe dovuto anche finanziare la campagna elettorale della Lega per le Europee del 2019
Una rogatoria inviata dalla Procura di Milano alle autorità russe per chiarire chi furono i pubblici ufficiali, anche di profilo politico, che tra il 2018 e il 2019, secondo l’accusa, si accordarono con Gianluca Savoini, lo sherpa salviniano per gli affari moscoviti. Obiettivo: spartirsi mazzette milionarie nell’operazione petrolifera che avrebbe dovuto anche finanziare la campagna elettorale della Lega per le Europee del 2019. È questa la novità che riporta in primo piano l’inchiesta sui presunti fondi russi girati, secondo l’accusa, al partito di Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’Interno e vicepremier. Il caso Moscopoli, deflagrato nel giugno di due anni fa dopo la pubblicazione dell’audio registrato di nascosto ai tavolini dell’hotel Metropol di Mosca il 18 ottobre 2018, è al suo rush finale. A dare benzina al fascicolo, passato nelle mani dei pm Giovanni Polizzi e Cecilia Vassana, dopo che gli ex sostituti titolari sono stati promossi alla Procura europea, è questa nuova richiesta di informazioni.
La Procura punta anche su altre persone già identificate, mentre i tre russi del Metropol attualmente sono considerati intermediari. Il fascicolo veleggia dentro la sua terza e definitiva proroga d’indagine che si chiuderà tra dicembre e gennaio. Nel registro degli indagati con l’accusa di corruzione internazionale vi sono ancora Gianluca Savoini, l’avvocato Gianluca Meranda e il broker d’affari, ed ex politico locale in Toscana, Francesco Vannucci. L’audio registrato al Metropol, scrissero i giudici del tribunale del Riesame nel settembre 2019, “fa emergere un accordo illecito avente a oggetto retrocessioni di somme di denaro a favore del partito Lega e di funzionari russi nell’ambito di una negoziazione relativa a un partita di prodotti petroliferi”. Calcoli alla mano: si tratta, secondo la Procura, di un affare da 1,5 miliardi, da cui scontare un 4% alla Lega (circa 65 milioni di dollari) e un 6% per pubblici ufficiali corrotti, anche attraverso la mediazione di alcune banche d’affari tra Inghilterra e Germania.
Chi vende sarà la compagnia di Stato Rosneft; chi compra, spiega il leghista Savoini e l’avvocato Meranda, sarà Eni. Il colosso italiano, nei cui uffici la Procura acquisirà decine di atti, non sarà mai indagato e si dichiarerà parte offesa. Il progetto pianificato dai “political guys” del Carroccio viene spiegato da Savoini e Meranda a tre interlocutori russi presenti al Metropol. Di questi, due, e cioè Andrey Yuryevich Kharchenko e Ilya Andreevich Yakunin, risulteranno legati allo stretto entourage del presidente Vladimir Putin. In particolare, il secondo è vicino a Vladimir Pligin, avvocato con ottime entrature al Cremlino, e nel cui studio, il 17 ottobre 2018, Salvini in un vertice riservato incontrerà il vicepremier con delega al Petrolio, Dimitry Kozak. A quell’incontro probabilmente partecipò la giornalista russa dell’agenzia Tass Irina Aleksandrova Afonichkina, interrogata ma non indagata nel gennaio 2020, e che seguirà Salvini durante il suo tour ufficiale a Mosca anche nelle 48 ore che precedettero il caffè del Metropol. La giornalista è però solo una delle decine di persone sentite a sommarie informazioni dagli inquirenti.
Un dato nuovo che fa capire come l’inchiesta si sia spinta molto avanti. A testimoniarlo la stessa rogatoria inviata a Mosca e sulla cui risposta la Procura nutre cauto ottimismo visto che la Russia dal 2011 ha aderito a una convenzione Ocse sulla corruzione e la trasparenza. Una mancata risposta potrebbe implicare conseguenze negative per il governo di Putin. La rogatoria punta, come detto, a capire chi fossero i pubblici ufficiali. Quasi certamente, è stato riscontrato dai magistrati, non lo sono i tre russi del Metropol. Durante gli ultimi accertamenti sono state identificate altre persone, anche con presunti ruoli politici, che invece potrebbero avere il profilo giusto ed è su queste che si sta lavorando. Nell’audio del 18 ottobre, Meranda fece capire a chi dovesse andare il denaro: “L’attuale presidente (di una compagnia petrolifera, ndr) ha fatto i suoi margini, lo mettiamo a contratto, 20mila sterline al mese”. E così se da un lato c’è il 4% per la Lega dall’altro c’è “la percentuale – si legge in un documento agli atti – che sarebbe stata corrisposta a titolo di commissione a pubblici ufficiali di un’azienda petrolifera di Stato per il tramite di intermediari e studi legali (…) incaricati di una consulenza di comodo (…) tra avvocati (…) al fine di giustificare il pagamento delle commissioni”.