Pronunciandosi in sede cautelare, il massimo organo della giustizia amministrativa ha ribadito la validità e l'efficacia delle disposizioni attuative dettate dal Dpcm del 17 giugno 2021. Respingendo il ricorso di quattro cittadini non vaccinati, secondo i quali il pass comporta un pregiudizio della riservatezza sanitaria, in contrasto con la disciplina europea sulla protezione dei dati (Gdpr)
La richiesta di esibire il Green pass da parte dei soggetti incaricati del controllo non viola la privacy ed è legittima. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, che – pronunciandosi in sede cautelare – ha ribadito la validità e l’efficacia delle disposizioni attuative dettate dal Dpcm del 17 giugno 2021. Il massimo organo della giustizia amministrativa ha confermato una precedente decisione del Tar del Lazio, respingendo il ricorso di quattro cittadini non vaccinati, secondo i quali il pass comporta un pregiudizio della riservatezza sanitaria, in contrasto con la disciplina europea sulla protezione dei dati (Gdpr).
La decisione cautelare ha rilevato che, non essendo stata dimostrata l’attualità del pregiudizio lamentato dai ricorrenti, restando salva la libera autodeterminazione dei cittadini che scelgono di non vaccinarsi, risulta prevalente l’interesse pubblico all’attuazione delle misure disposte attraverso l’impiego del pass, anche considerando la sua finalità di progressiva ripresa delle attività economiche e sociali. In ogni caso – precisa il Consiglio di Stato – in sede di merito il Tar potrà approfondire le questioni relative alla disciplina europea in materia di dati sanitari.