L’agenzia spiega di avere "analizzato tutti i dati disponibili, inclusi gli ultimi provenienti da segnalazioni spontanee relative alla Tts nella banca dati di farmacovigilanza EudraVigilance, dati dettagliati sulle vaccinazioni degli Stati membri e un ulteriore studio commissionato sul rischio di coaguli di sangue che è stato esaminato in dettaglio dal Comitato per la sicurezza Prac dell’Ema
Quando i primi casi di trombocitopenia indotta dal vaccino Oxford-Astrazeneca (scoperta dai ricercatori tedeschi) cominciarono a emergere con alcuni rari casi gravi si ipotizzò che le donne giovani potessero essere a maggior rischio e che quindi sesso e genere potessero essere fattori ri rischio. Furono introdotte dagli Stati europei – ma non su raccomandazione di Ema – soglie di età per evitare anche i rari casi, in alcuni casi mortali, che avevano avuto grande risonanza e rassicurare la popolazione che doveva essere vaccinata. Senza contare che alcuni paesi hanno definitivamente sospeso l’utilizzo dei vaccini a vettore virali e che i richiami con la terza dose – nei paesi dove è stata decisa – saranno effettuati con composti a Rna messaggero.
Oggi da Amsterdam l’Agenzia europea del farmaco comunica che i dati non consentono di identificare particolari fattori di rischio (sesso, età) che rendono più probabile il manifestarsi di coaguli di sangue dopo la somministrazione della seconda dose del Vaxzevria (vaccino AstraZeneca). Una conclusione dopo una ulteriore analisi dei dati, che confermano il parere provvisorio dato dall’agenzia lo scorso aprile. L’agenzia spiega di avere “analizzato tutti i dati disponibili, inclusi gli ultimi provenienti da segnalazioni spontanee relative alla Tts nella banca dati di farmacovigilanza EudraVigilance, dati dettagliati sulle vaccinazioni degli Stati membri e un ulteriore studio commissionato sul rischio di coaguli di sangue che è stato esaminato in dettaglio dal Comitato per la sicurezza Prac dell’Ema. La conclusione è che non è stato possibile rilevare fattori di rischio specifici che rendono più probabile sviluppare la rara condizione”.
“Sebbene le segnalazioni spontanee, se messe in relazione all’esposizione, abbiano suggerito che il rischio può essere maggiore nelle donne e negli adulti più giovani e minore dopo la seconda dose rispetto alla prima dose – si legge in una nota dell’Ema -, i limiti del modo in cui i dati vengono raccolti significano che nessuna di queste differenze potrebbe essere confermata“. Resta la raccomandazione dell’Ema di somministrare una seconda dose di Vaxzevria tra le 4 e le 12 settimane dopo la prima. Non ci sono prove che il ritardo della seconda dose abbia alcuna influenza sul rischio di coaguli. Infine, l’agenzia europea riferisce che non è possibile formulare raccomandazioni definitive circa l’uso di un vaccino diverso per la seconda dose ovvero quella che viene chiamata vaccinazione eterologa e secondo alcuni studi innescherebbe una buona risposta immunitaria.