Ho Chi Minh City è un formicaio in attesa. Tra le sue piccole vie, fino a maggio brulicanti di un popolo in movimento, ora si possono vedere per lo più uomini in verde scuro intenti a gestire la più grande epidemia che il Vietnam abbia mai affrontato. Dal 23 agosto la vecchia Saigon – dopo la guerra la città prende il nome del padre del socialismo vietnamita – è in lockdown duro per contrastare il contagio da variante Delta del Covid-19. Con i suoi 9 milioni di abitanti Ho Chi Minh City ha circa il 50% dei contagi di tutto il Paese. Dalle poche centinaia di casi in primavera si è passati agli oltre 87mila della scorsa settimana con 2275 morti; il picco negativo, secondo la Johns Hopkins University, è stato raggiunto il primo settembre con 804 morti giornalieri, ora scesi a circa 400.
“You stay where you were” è lo slogan adottato dal Governo socialista come monito ai quasi 100 milioni di vietnamiti che da settimane cercano di sopravvivere al virus. Eppure il Paese era stato uno dei più virtuosi durante le prime ondate di Covid-19 nel 2020: confini chiusi, tracciamento capillare, celerità nell’individuare ed isolare i focolai, una popolazione non troppo abituata ad ascoltare i dettami del Governo si era riscoperta unita e solidale contro il male invisibile. Ma gli sforzi non sono bastati. Nel mese di giugno, con una popolazione non vaccinata, il livello dei positivi aveva raggiunto soglie preoccupanti, tanto da introdurre le prime importanti restrizioni come la chiusura dei ristoranti e dei luoghi di ritrovo. La città ha iniziato a spopolarsi, sia per l’inizio delle campagne vaccinali in Occidente che hanno richiamato i lavoratori internazionali, ma soprattutto per i lavoratori non residenti delle campagne, che si sono ritrovati privi di un’occupazione e senza sostegni finanziari – il welfare state è quasi inesistente.
“Le restrizioni prima e il lockdown poi hanno creato uno strato di nuovi poveri in città, spesso stipati all’interno delle shanty town, alloggi temporanei per i lavoratori del Delta del Mekong o della campagne, trasformatesi in prigioni per il blocco”, afferma Giulia Cuini, dottoranda al Politecnico di Hong Kong, in Vietnam da alcuni anni per la sua ricerca. “Mi è capitato di vedere bambini con anziani, senza adulti, girare per gli alloggi di fortuna sulla riva del fiume che attraversa la città; probabilmente separati dai genitori quando tutto si è fermato”. Il lockdown “militare” ha visto, oltre che la chiusura delle vie cittadine con transenne e posti di blocco, l’arrivo di circa 2300 militari in rinforzo alle forze dell’ordine. “Credo che l’immagine del giovane soldato davanti ad uno scaffale di assorbenti sia l’emblema di ciò che è avvenuto nelle scorse settimane, e sta ancora avvenendo – spiega la ricercatrice –. In teoria la città è stata divisa in diversi distretti, rosso, giallo, verde, ma in pratica muoversi è difficile anche nei distretti considerati meno a rischio perché la viabilità cittadina fatta di piccole vie rende il distanziamento impraticabile”.
In città i supermercati sono inaccessibili per la popolazione nelle zone rosse e hanno pochi dipendenti per via della pandemia. “I militari, insieme alle forze dell’ordine, oltre al contenimento, hanno il compito di portare acqua, cibo e beni di prima necessità nei vari distretti, soprattutto riso, verdure e medicinali”. E questo avviene in forma gratuita per chi non può permetterselo o con un contributo economico per chi ha maggiori possibilità. Non sono mancate, poi, delle note di colore in una tragedia che ha colpito tutti: “Chi veniva sorpreso a trasportare beni non di prima necessità incorreva in sanzioni – afferma Giulia – così si è iniziato un vero e proprio contrabbando, come la birra nascosta nei noodles ecc. Perfino io ho ricevuto il passaporto nascosto in una scatola di mascherine!”. Gli ospedali sono pieni e sono state allestite zone di quarantena ospedaliera in delle tendopoli dove “può capitare che vengano mandati anche minorenni non accompagnati dai genitori, come è accaduto ad un allievo del mio ragazzo”.
“I vietnamiti sono spaventati dal virus, qui i no vax non esistono e chi può corre a vaccinarsi”. Ad oggi solo il 6% della popolazione ha terminato il ciclo vaccinale, mentre circa il 30% ha ricevuto una sola dose; i più usati sono il cinese Sinovac e lo Sputnik russo. Benché la Cina non sia ben vista dal Governo vietnamita, molto vicino alla cordata del Pacifico guidata dagli Stati Uniti – è di qualche giorno la firma di un accordo militare con il Giappone -, è stata la più generosa con l’invio di oltre 5 milioni di dosi vaccinali. Anche Italia e Francia nelle scorse settimane hanno inviato oltre 1,5 milioni di dosi AstraZeneca al Vietnam nell’ambito del progetto Covax.
“Nella comunicazione del Governo non vi è stata pianificazione – afferma Fabio Fasolo, giovane imprenditore veneto – questo lockdown è stato annunciato con solo un giorno di anticipo. Ora hanno aperto alla possibilità di fare delivery, ma lo potranno fare solo i driver vaccinati e tanti venivano da fuori città”. Fabio di consegne se ne intende, lo scorso anno, insieme al socio Daniele Melito, ha fondato l’azienda Mulo con cui i due connazionali distribuiscono caffè dal loro laboratorio artigianale di miscelazioni italiane e chicchi coltivati in loco. “La nostra è una e-commerce che lavora all’interno del Vietnam e appena si potrà inizieremo a vendere anche in paesi come il Giappone”. Ma se volessero tornare in Europa per riabbracciare i propri cari i vaccini ora disponibili non basteranno: “Purtroppo questa è una grave mancanza per chi si trova all’estero. Cerco di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, ma non credo si potrà tornare ai livelli di inizio estate prima di un altro mese, nel tessuto economico del Paese manca molta manodopera internazionale come insegnanti o manager andati via per l’epidemia”.
Intanto Hanoi ha prolungato il lockdown militare fino alla fine del mese. Nei giorni scorsi la città di Ho Chi Minh ha fatto delle proposte, venute dal basso, sull’introduzione di yellow e green pass per la mobilità, ma non sono state accolte con favore dal Governo. “Dopo la prima dose ho ottenuto lo yellow pass ma di fatto per ora non posso utilizzarlo – racconta Giulia, che è riuscita a vaccinarsi con AstraZeneca – ieri mentre andavo in banca in una zona verde sono stata fermata ad un posto di blocco, ho proseguito a piedi e un signore, probabilmente vedendo fossi straniera, mi ha offerto un passaggio e una volta scesa mi ha detto: speriamo finisca tutto presto”.
Mondo
Variante Delta, il Vietnam in ginocchio e città in lockdown duro: solo il 6% della popolazione ha terminato il ciclo vaccinale
Con i suoi 9 milioni di abitanti Ho Chi Minh City ha circa il 50% dei contagi di tutto il Paese. Dalle poche centinaia di casi in primavera si è passati agli oltre 87 mila della scorsa settimana con 2275 morti
Ho Chi Minh City è un formicaio in attesa. Tra le sue piccole vie, fino a maggio brulicanti di un popolo in movimento, ora si possono vedere per lo più uomini in verde scuro intenti a gestire la più grande epidemia che il Vietnam abbia mai affrontato. Dal 23 agosto la vecchia Saigon – dopo la guerra la città prende il nome del padre del socialismo vietnamita – è in lockdown duro per contrastare il contagio da variante Delta del Covid-19. Con i suoi 9 milioni di abitanti Ho Chi Minh City ha circa il 50% dei contagi di tutto il Paese. Dalle poche centinaia di casi in primavera si è passati agli oltre 87mila della scorsa settimana con 2275 morti; il picco negativo, secondo la Johns Hopkins University, è stato raggiunto il primo settembre con 804 morti giornalieri, ora scesi a circa 400.
“You stay where you were” è lo slogan adottato dal Governo socialista come monito ai quasi 100 milioni di vietnamiti che da settimane cercano di sopravvivere al virus. Eppure il Paese era stato uno dei più virtuosi durante le prime ondate di Covid-19 nel 2020: confini chiusi, tracciamento capillare, celerità nell’individuare ed isolare i focolai, una popolazione non troppo abituata ad ascoltare i dettami del Governo si era riscoperta unita e solidale contro il male invisibile. Ma gli sforzi non sono bastati. Nel mese di giugno, con una popolazione non vaccinata, il livello dei positivi aveva raggiunto soglie preoccupanti, tanto da introdurre le prime importanti restrizioni come la chiusura dei ristoranti e dei luoghi di ritrovo. La città ha iniziato a spopolarsi, sia per l’inizio delle campagne vaccinali in Occidente che hanno richiamato i lavoratori internazionali, ma soprattutto per i lavoratori non residenti delle campagne, che si sono ritrovati privi di un’occupazione e senza sostegni finanziari – il welfare state è quasi inesistente.
“Le restrizioni prima e il lockdown poi hanno creato uno strato di nuovi poveri in città, spesso stipati all’interno delle shanty town, alloggi temporanei per i lavoratori del Delta del Mekong o della campagne, trasformatesi in prigioni per il blocco”, afferma Giulia Cuini, dottoranda al Politecnico di Hong Kong, in Vietnam da alcuni anni per la sua ricerca. “Mi è capitato di vedere bambini con anziani, senza adulti, girare per gli alloggi di fortuna sulla riva del fiume che attraversa la città; probabilmente separati dai genitori quando tutto si è fermato”. Il lockdown “militare” ha visto, oltre che la chiusura delle vie cittadine con transenne e posti di blocco, l’arrivo di circa 2300 militari in rinforzo alle forze dell’ordine. “Credo che l’immagine del giovane soldato davanti ad uno scaffale di assorbenti sia l’emblema di ciò che è avvenuto nelle scorse settimane, e sta ancora avvenendo – spiega la ricercatrice –. In teoria la città è stata divisa in diversi distretti, rosso, giallo, verde, ma in pratica muoversi è difficile anche nei distretti considerati meno a rischio perché la viabilità cittadina fatta di piccole vie rende il distanziamento impraticabile”.
In città i supermercati sono inaccessibili per la popolazione nelle zone rosse e hanno pochi dipendenti per via della pandemia. “I militari, insieme alle forze dell’ordine, oltre al contenimento, hanno il compito di portare acqua, cibo e beni di prima necessità nei vari distretti, soprattutto riso, verdure e medicinali”. E questo avviene in forma gratuita per chi non può permetterselo o con un contributo economico per chi ha maggiori possibilità. Non sono mancate, poi, delle note di colore in una tragedia che ha colpito tutti: “Chi veniva sorpreso a trasportare beni non di prima necessità incorreva in sanzioni – afferma Giulia – così si è iniziato un vero e proprio contrabbando, come la birra nascosta nei noodles ecc. Perfino io ho ricevuto il passaporto nascosto in una scatola di mascherine!”. Gli ospedali sono pieni e sono state allestite zone di quarantena ospedaliera in delle tendopoli dove “può capitare che vengano mandati anche minorenni non accompagnati dai genitori, come è accaduto ad un allievo del mio ragazzo”.
“I vietnamiti sono spaventati dal virus, qui i no vax non esistono e chi può corre a vaccinarsi”. Ad oggi solo il 6% della popolazione ha terminato il ciclo vaccinale, mentre circa il 30% ha ricevuto una sola dose; i più usati sono il cinese Sinovac e lo Sputnik russo. Benché la Cina non sia ben vista dal Governo vietnamita, molto vicino alla cordata del Pacifico guidata dagli Stati Uniti – è di qualche giorno la firma di un accordo militare con il Giappone -, è stata la più generosa con l’invio di oltre 5 milioni di dosi vaccinali. Anche Italia e Francia nelle scorse settimane hanno inviato oltre 1,5 milioni di dosi AstraZeneca al Vietnam nell’ambito del progetto Covax.
“Nella comunicazione del Governo non vi è stata pianificazione – afferma Fabio Fasolo, giovane imprenditore veneto – questo lockdown è stato annunciato con solo un giorno di anticipo. Ora hanno aperto alla possibilità di fare delivery, ma lo potranno fare solo i driver vaccinati e tanti venivano da fuori città”. Fabio di consegne se ne intende, lo scorso anno, insieme al socio Daniele Melito, ha fondato l’azienda Mulo con cui i due connazionali distribuiscono caffè dal loro laboratorio artigianale di miscelazioni italiane e chicchi coltivati in loco. “La nostra è una e-commerce che lavora all’interno del Vietnam e appena si potrà inizieremo a vendere anche in paesi come il Giappone”. Ma se volessero tornare in Europa per riabbracciare i propri cari i vaccini ora disponibili non basteranno: “Purtroppo questa è una grave mancanza per chi si trova all’estero. Cerco di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, ma non credo si potrà tornare ai livelli di inizio estate prima di un altro mese, nel tessuto economico del Paese manca molta manodopera internazionale come insegnanti o manager andati via per l’epidemia”.
Intanto Hanoi ha prolungato il lockdown militare fino alla fine del mese. Nei giorni scorsi la città di Ho Chi Minh ha fatto delle proposte, venute dal basso, sull’introduzione di yellow e green pass per la mobilità, ma non sono state accolte con favore dal Governo. “Dopo la prima dose ho ottenuto lo yellow pass ma di fatto per ora non posso utilizzarlo – racconta Giulia, che è riuscita a vaccinarsi con AstraZeneca – ieri mentre andavo in banca in una zona verde sono stata fermata ad un posto di blocco, ho proseguito a piedi e un signore, probabilmente vedendo fossi straniera, mi ha offerto un passaggio e una volta scesa mi ha detto: speriamo finisca tutto presto”.
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Difesa europea, perché se ne parla. Ue in missioni senza Nato? Sì, ma alleata degli Usa. “Ma servirà togliere l’unanimità in Consiglio”
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Civitavecchia, 20 gen. - (Adnkronos) - Procedono spediti i lavori di realizzazione del prolungamento dell'antemurale Cristoforo Colombo che vedrà la diga foranea del Porto di Civitavecchia estendersi per ulteriori 400 metri in direzione nord ovest.
Sono in corso i lavori di realizzazione dello scanno di imbasamento (dove poggeranno i cassoni in calcestruzzo) con lo sversamento in mare del nucleo della scogliera costituita da massi di pezzatura ricompresa tra i 5 e i 1000 Kg. A breve verrà avviata la prefabbricazione dei cassoni in cls costituenti il corpo centrale della diga foranea di dimensioni 40x28x25 m.
"Tengo a sottolineare - dichiara il presidente dell'AdSP Pino Musolino - che stiamo rispettando tutti i tempi programmati per realizzare opere che doteranno il porto di Civitavecchia di infrastrutture adeguate e compatibili per il rilancio del settore portuale, con un occhio sempre attento alla transizione ecologica, alla sostenibilità e all'impatto ambientale".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Qual è il suo sogno quando era piccolo?". "Questa è una domanda interessante, perché i sogni cambiano nel corso della vita, con l'età. Quando ero piccolo mi sarebbe piaciuto fare il medico, poi ho cambiato idea. Quando si è a scuola, crescendo, si studia un po' tutto. C'è un momento in cui bisogna scegliere cosa fare. Alla fine ho scelto il diritto, la legge". Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella rispondendo ai bambini della scuola de Amicis di Palermo. "Non ho mai sognato di fare il calciatore perché non ero per niente bravo", ha aggiunto sorridendo.
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "C'è molto di buono in questo paese, e questo mi conforta sempre". Così il Presidente della repubblica Sergio Mattarella ai bambini della scuola de Amicis di Palermo. "La fatica viene cancellate dal vedere cose buone che si vedono in Italia", ha detto.
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Le piacerebbe fare un altro lavoro?". Questa è stata a prima domanda rivolta dagli alunni della scuola de Amicis di Palermo al Capo dello Stato Sergio Mattarella, in visita a sorpresa questa mattina nel plesso. "Io sono vecchio - ha risposto - il mio lavoro non è quello che faccio adesso, il mio lavoro abituale era quello di insegnare Diritto costituzionale all'Università, ma ormai non lo faccio più da tempo. Questo impegno che svolgo ora non è un lavoro, è un impegno per la nostra comunità nazionale. E' faticoso, però è interessante perché consente di stare in contatto con la nostra società, con tutti i cittadini di ogni origine, ed è una cosa di estremo interesse".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "La musica, così come le iniziative sui libri, la cultura, sono il veicolo della vita, della convivenza, dell'apertura, della crescita personale e collettiva. E' quello che state facendo in questa scuola. Per me è davvero un motivo di soddisfazione essere qui e farvi i complimenti". Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella incontrando i bambini della scuola De Amicis. Nel novembre scorso i bimbi della quinta C furono insultati mentre si esibivano davanti alla Feltrinelli, vestiti con abiti tradizionali africani. "Io ogni anno vado in una scuola per l'apertura dell'anno scolastico, ma non è frequente che vada in altre occasioni. Sono lietissimo di essere qui questa mattina- dice Mattarella- E ringraziarvi per quello che fate. Ringrazio i vostri insegnanti per quello che vi trasmettono e per come vi guidano nell'accrescimento culturale".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Voi siete una scuola che con la cultura, la musica, la lettura, e altre iniziative di crescita culturale, esprime i valori veri della convivenza nel nostro paese e nel mondo, che sempre è più unito, connesso, sempre più senza confini. Ed è una ricchezza crescere insieme, scambiarsi opinioni e abitudini, idee, ascoltare gli altri. fa crescere e voi lo state facendo, per questo complimenti". Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella si è rivolto ai bambini della scuola De Amicis di Palermo. Nel novembre scorso i bimbi della quinta c, molti dei quali di origini africane, furono insultati per strada mentre si esibivano in uno spettacolo vestiti con abiti tradizionali. "Cercate di trovare la vostra strada secondo le vostre inclinazioni, auguri a tutti voi e complimenti", ha aggiunto. "Sono lietissimo di incontrarvi in questo auditorium che ci accoglie, ragazzi. Ringrazio la dirigente scolastica e i collaboratori, gli insegnanti e li ringrazio per quanto fanno. Voglio fare i complimenti a voi, siete bravissimi. Avete eseguito magistralmente questi due pezzi", ha detto ancora il Capo dello Stato parlando ai ragazzi che si sono esibiti in un breve concerto. "Non è facile con tanti strumenti ad arco, a fiato, a percussione. Complimenti ai vostri insegnanti e a voi".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - “Vivere insieme, dialogare fa crescere. Rivolgo un sentito grazie ai vostri insegnanti. Insegnare è un’impresa difficile ma esaltante”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rivolgendosi agli alunni della scuola De Amicis-Da Vinci di Palermo dove si è recato a sorpresa questa mattina. I bambini, lo scorso novembre, furono insultati con epiteti razzisti davanti alla Feltrinelli di Palermo, dove si erano esibiti in uno spettacolo tradizionale. Molti dei bimbi della 5 c, visitata oggi da Mattarella, sono di origini africane. Oggi, tutt’altro che imbarazzati dalla presenza dell’ospite illustre, perché la visita è stata tenuta segreta dalla dirigente scolastica Giovanna Genco, i bambini hanno rivolto al Presidente alcune domande, consegnandogli dei doni. Sulla lavagna di classe spiccava un grande tricolore.
I bambini hanno poi scortato il presidente nell’aula magna dove l’orchestra dei ragazzi delle classi della secondaria ha suonato due brani di Giuseppe Verdi, il coro delle Zingarelle dalla Traviata e il 'Va, pensiero' dal Nabucco.