Sciabolate e lampi di parole anche per Enrico IV di Pirandello del quale si anticipa il centenario il prossimo anno. “Sono pazzo o forse faccio finta”… Prima Assoluta prima di approdare a Milano
Meglio dirlo subito: sono pazza di Buttafuoco ma lui non lo è di me. Le sue parole hanno sempre avuto una forza poetica che ti ammanta. A teatro ancora di più. Per Il lupo e la luna (edito Bompiani) il racconto scritto si fa cuntù e ritorna all’antica forma di narrazione orale fra i popoli del mediterraneo. E va in scena al Festival delle Ville Vesuviane, direttore il drammaturgo Luca De Fusco. Buttafuoco da giornalista/opinionista diventa attore di parole in movimento che ti vibrano dentro. Visto che “Il giornalismo è morto”, sue testuali parole, al testamento alla carta stampata ha sostituito la macchina del teatro. Vedi la Treccani, è uno dei pochi (del mestiere in estinzione) a finirci dentro. Continua a scrivere e lo fa da firma di punta di Civiltà delle Macchine, il trimestrale della Fondazione Leonardo-Finmeccanica. Intellettuale di destra, ma anche il centro sinistra gli strizza l’occhio, da alcuni anni ha abbracciato la fede islamica che trasferisce nei saggi, l’ultimo si chiama “Sotto il suo passo nascono i fiori, Goethe e l’Islam” (La Nave di Teseo) e sul proscenio. Il Lupo e La Luna ha i contorni di una fiaba millenaria, e l’incipit, il Lupo non ti porta via, perché il lupo sei tu ti prende subito. Pietrangelo affabula, mima le gesta, incanta.
Ti rapisce anche il corredo di disegni in digital motion proiettati sulla facciata della neo/classicheggiante di Villa Campolieto, ex casina di caccia borbonica, su sottofondo di cori da muezzin. La voce ti traghetta dalla prua del veliero che addenta il mare schiumoso alla corte del sultano su un tappeto di tamburi. Sciabolate di parole che fendono l’aria. Una narrazione che sa di zucchero e dolcetti, di sale e di acciughe, a tratti tagliante come il pugnale serrato in mano. Dal Lupo buttafuochesco all’Enrico IV Luca De Fusco immagina un fil rouge fra questi due “eroi” carichi di aneddoti e rimandi…
Eros Pagni, 82 anni, ha la potenza di un leone da palcoscenico quando ruggisce: “Sono pazzo o forse faccio finta di esserlo”. De Fusco firma anche la regia e dà il via alle celebrazioni per il centenario della prima mise en scene del pirandelliano Enrico IV. Sono pazzo o forse faccio finta. Verità o metafora, tutti fingiamo di essere qualcun altro. Pirandello conosceva bene la follia nella vita privata visto che ce l’aveva in casa, sua moglie era matta E lui stesso affermava: “La vita o si vive o si scrive”, sottolinenando il fatto che non lui non l’avesse vissuta. Ruolo cameo ma intenso quello di Alessandra Pacifico Griffini, presenza fissa nella compagnia di Fusco. È giovane, bellissima, aplomb di grande attrice e quando entra si prende tutta la scena. Della figlia della marchesa, il personaggio che interpreta, riesce a trasmettere tutte le contraddizioni nel gioco dal dentro al fuori. “E io penso, Monsignore, che i fantasmi, in generale, non siano altro in fondo che piccole scombinazioni dello spirito: immagini che non si riesce a contenere nei regni del sonno: si scoprono anche nella veglia, di giorno; e fanno paura”.
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