Il 19 settembre si celebra la Giornata Nazionale SLA, giunta alla XIV edizione e con l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. L’appuntamento, organizzato dall’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla) nasce per rinnovare l’attenzione dell’opinione pubblica, delle autorità politiche, sanitarie e socio-assistenziali sui bisogni di cura e di assistenza dei malati di Sla, la sclerosi laterale amiotrofica. Fondamentale è anche il discorso incentrato sull’importanza della ricerca per una malattia che al momento non ha una cura. “In questi ultimi due anni circa di pandemia abbiamo dovuto far nostre tantissime nuove abitudini. Tra tutte, abbiamo posto l’attenzione su un elemento fino a poco tempo fa dato per scontato: l’aria che respiriamo. Abbiamo tutti scoperto e vissuto sulla nostra pelle cosa significa essere fragili: per una persona con la Sla è la norma”. A dirlo a Ilfattoquotidiano.it è la presidente nazionale Aisla Fulvia Massimelli. “La novità, se così si può dire, è proprio quella di non aver mai interrotto questo importante appuntamento per le persone con Sla e le loro famiglie. Siamo gente tenace e coraggiosa”.
Oltre 6mila persone in Italia convivono questa malattia neurodegenerativa grave che riduce progressivamente le abilità fisiche. Il paziente, nel tempo, non può più muoversi, nutrirsi, non parlare. Fino a sperimentare la drammatica sensazione di essere imprigionato nel proprio corpo. Durante la pandemia le criticità sono aumentate. “La situazione in cui ci siamo ritrovati tutti non era prevedibile, e non ha precedenti”, afferma Massimelli, “il tema vero sono le conseguenze che inevitabilmente abbiamo avuto, e continuiamo ad affrontare. La presa in carico delle persone colpite da Sla rappresenta un impegno complesso: già nelle prime fasi della malattia il carico assistenziale familiare è rilevante. Nelle fasi avanzate, il bisogno di cure specialistiche e continuative è fondamentale. Il fatto di trovarci in una situazione in cui è stato impossibile, ed in parte lo è ancora, far entrare nelle nostre case l’équipe terapeutiche mette a dura prova le famiglie”. I famigliari di chi ha la Sla sono sotto pressione e vivono difficoltà crescenti. “È un tema su cui batto moltissimo: i nostri cari – aggiunge la presidente di Aisla – sono costretti ad affrontare già una responsabilità spossante che si carica di notti senza sonno, perdita di professionalità, isolamento sociale. La famiglia, che riveste a tutti gli effetti un ruolo di “vicario”, è quella che sta subendo un impatto durissimo. La Sla, non dimentichiamolo mai, è una malattia che coinvolge l’intero nucleo famigliare, non solo il paziente. ll Covid ci ha dimostrato l’inadeguatezza dell’assistenza territoriale. Auspichiamo che il PNRR tenga in dovute considerazione anche le esigenze di una popolazione specifica come la nostra”.
Quali sono le principali sfide imminenti da affrontare e risolvere? “Vivere con la Sla è difficile – risponde Massimelli – perché richiede una grande capacità di accettare il cambiamento, di affrontare giorno per giorno le difficoltà che si incontrano, di guardare con coraggio e fiducia alla possibilità di mantenere uno spazio di autonomia personale anche quando aumentano la dipendenza e il bisogno degli altri”. Per migliorare la qualità di vita di persone non autosufficienti sono importanti l’apporto e le risorse messe in campo dalla politica, ma molto spesso non sono adeguate ai bisogni. Un esempio è il Fondo per la non autosufficienza (Fna) ampiamente finanziato sotto le necessità dei beneficiari. “Noi crediamo e lavoriamo con le istituzioni. La nostra gente non vuole abbassare la testa e abbandonarsi alla malattia, ma anzi, chiede e vuole alzare il capo rispetto al desiderio di vita. Noi chiediamo che i diritti vengano non solo declamati, ma rispettati. Il Fna? Dire che è insufficiente è ormai scontato – ricorda la numero uno di Aisla-, poi c’è il tema annoso degli assistenti familiari (caregiver, ndr) che devono essere adeguatamente formati e specializzati su una malattia grave come la nostra”. E questo rientra nel quadro più ampio della necessità, ormai improcrastinabile, di individuare un percorso assistenziale specificamente dedicato alle persone con Sla e strettamente collegato all’evidente impatto sanitario e sociale di questa patologia. “Mi riferisco – aggiunge – ai PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali, ndr) specifici di patologia, a cui poi si collega il tema dell’invalidità civile. Sono anni che lavoriamo con l’Inps sulle Linee Guida che sono, di fatto, già approntate per velocizzare la valutazione ed il riconoscimento dell’invalidità al 100% nella Sla. Ma anche quelle sono ferme”.
Infine una considerazione legata all’attualità. Si parla di aumento delle bollette dell’energia elettrica che i malati di Sla utilizzano h24 per vivere. “Le persone in fase più avanzata della malattia sono attaccate a una serie di apparecchiature che consumano energia: pensiamo al ventilatore, prima di tutto, ma poi ci sono l’aspiratore, i materassi antidecubito, la pompa nutrizionale, la macchina della tosse. Non solo, lo stesso televisore, così come l’uso di internet e dei sintetizzatori vocali sono la nostra finestra sul mondo, senza i quali non potremmo aver alcun tipo di relazione sociale”. Secondo la presidente di Aisla la tecnologia è davvero un bene primario per la comunità delle persone con Sla e misure economiche di questo tipo pesano su un bilancio famigliare che deve far fronte già ai numerosi costi di gestione della malattia, rendendo ancora più fragile, chi ogni giorno combatte con il limite. “Per questo abbiamo sottoposto alle istituzioni l’estensione del documento di AG.COM sulle nuove misure per agevolare i consumatori disabili, chiedendo di usufruire delle stesse agevolazioni delle persone con disabilità visiva e uditiva. Ci auguriamo vivamente che le nostre istanze vengano accolte”.