La rete si somma ai gasdotti come il Tap e il Tanap, in attesa dell'Eastmed tra Israele e Italia. L'ultima iniziativa in ordine di tempo è quella tra Grecia ed Egitto: stanno discutendo della possibilità di posare un interconnettore sottomarino sul fondo del Mediterraneo, consentendo di fornire elettricità da rinnovabili dal Nord Africa, dove è in rampa di lancio una notevole capacità di produzione di energia verde
L’Europa mediterranea e l’Africa sono più vicine grazie agli interconnettori sottomarini al fine di collegare sistemi elettrici e infrastrutture commerciali. Una rete che si somma ai gasdotti come il Tap e il Tanap, che collegano giacimenti e Paesi, in attesa dell’Eastmed tra Israele e Italia. Appare evidente che, tramite questi innovativi interventi, le cosiddette nuove autostrade energetiche, il futuro anche della geopolitica si costruisce nelle relazioni energetiche, prima che in quelle strettamente politiche. In sostanza il versante euromediterraneo che va dal costone balcanico alle coste libiche ha la possibilità di scrivere una pagina nuova nelle sue relazioni internazionali.
L’ultima iniziativa in ordine di tempo è quella in atto tra Grecia ed Egitto: stanno discutendo della possibilità di posare un interconnettore sottomarino da 2 GW sul fondo del Mar Mediterraneo e collegare i loro sistemi elettrici. Creare tali collegamenti tra i due continenti consentirà di fornire elettricità da rinnovabili dal Nord Africa, dove è in rampa di lancio una notevole capacità di produzione di energia verde.
L’idea è la plastica conseguenza dell’interconnettore EuroAsia Interconnector, la nuova autostrada elettrica sottomarina per cui Cipro, Grecia e Israele hanno siglato quattro mesi fa un memorandum d’intesa per la cooperazione. Si tratta di un mega cavo sottomarino posato alla profondità massima di circa 2.700 metri e dalla capacità totale di 2000 MW: una volta ultimato sarà il più lungo al mondo, del valore di 760 milioni di euro. Verrà poggiato in tre sezioni nel Mediterraneo: inizialmente 300 km tra Israele e Cipro, a seguire altri 900 chilometri tra Cipro e Creta e gli ultimi 300 chilometri tra Creta e la Grecia continentale.
Proprio questo settore in particolare è attraversato dal nuovo memorandum turco-libico per la zona economica esclusiva, passaggio che si lega a doppia mandata alle frizioni internazionali che hanno nelle politiche di Erdogan la leva maggiore: Ankara, soprattutto alla luce delle evoluzioni in Siria e Afghanistan, non intende retrocedere dalle pretese sul gas e punta ad una ulteriore fase di scontro con quei Paesi limitrofi i cui fondali sono ricchi di risorse. In quest’ottica, tra l’altro, vanno lette le manovre turche per riallacciare i rapporti diplomatici con Tel Aviv e Yerevan.
Inoltre Cipro e Israele dopo un’attesa di quasi dieci anni hanno trovato un accordo sulle riserve di gas a cavallo del loro confine marittimo (giacimento Aphrodite-Yishai) mentre la Grecia da tempo è al lavoro per migliorare la capacità dell’interconnessione ad alta tensione con la Bulgaria. Con l’Italia, inoltre, Atene è in parola per procedere ad un collegamento in cavo sottomarino da 1 GW sotto il Mar Ionio, in aggiunta a quello esistente con una capacità di 500 MW.
Non solo Medierraneo centrale o orientale ma anche anche il costone balcanico (dove i players italiani possono offrire un valido contributo) è interessato da una stagione di infrastrutturazione energetica legata al gas e al mondo green. Addirittura la Serbia si è resa protagonista di una mossa inedita nella zona balcanica, emettendo 1 miliardo di euro nella sua prima vendita di obbligazioni verdi sul mercato internazionale.
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