La sua sconfitta sul ring è passata in secondo piano. Ad attirare l’attenzione su Michele Broili sono stati piuttosto i tatuaggi inneggianti al nazismo con cui il pugile triestino si è presentato sul ring sabato 18 settembre in occasione della gara valida per il titolo di campione italiano superpiuma, poi persa ai punti contro l’italo-marocchino Hassan Nourdine. Una scelta che, oltre a polemiche ed eventuali sviluppi penali, rischia di costare cara all’atleta anche dal punto di vista sportivo: la Federazione Pugilistica Italiana (Fpi) ha infatti preso la distanze dal lottatore e reso noto che ricorrerà alla giustizia federale contro di lui.
Non solo il Totenkopf, la “testa di morto” usata dal gruppo paramilitare di custodia dei campi di concentramento, ma anche il simbolo delle Schutzstaffel, le SS naziste, oltre alla scritta “Ritorno a Camelot“, un’esplicito riferimento al noto raduno organizzato dagli estremisti di destra veneti. Questi i tattoo che il boxer 28enne ha esposto sabato sera sul suo torso quando si è spogliato dell’accappatoio per salire sul rettangolo di combattimento e sfidare il suo avversario. Una scena che ha ha sollevato indignazione nel momento in cui le immagini del match organizzato al Palachiarbola di Trieste sono state trasmesse sul web. La domanda principale che molti appassionati si sono posti è come mai a Broili, già noto nell’ambiente per la sua militanza politica, sia stato concesso da federazione di presentarsi con quell’aspetto. Anche perché già nel 2020 il pugile era stato al centro di un’analoga polemica quando venne scelto come testimonial di un evento organizzato dall’associazione pugilistica in cui è tesserato e patrocinato dal Comune di Trieste: anche allora i suoi tatuaggi, ben visibili nella locandina, fecero discutere. La foto fu fatta sparire e della questione non si parlò più.
Nel frattempo, proprio dalla Fpi è arrivato un primo commento ufficiale sulla vicenda, dove si annuncia la volontà di denunciare alla giustizia federale l’atleta per apologia di nazismo. “La federazione condanna e stigmatizza il comportamento del proprio tesserato e si dissocia da ogni riferimento che i suoi tatuaggi offensivi evochino”, si legge in un comunicato. Che prosegue dicendo: “Tale comportamento è in palese contrasto con le norme sancite dal Codice di Comportamento Sportivo del Coni che la Fpi recepisce, per cui ci riserviamo di sottoporre agli organi di giustizia federali tale comportamento affinché ne sia, nelle opportune sedi, valutata la contrarietà rispetto allo statuto e ai regolamenti federali e vengano adottate le opportune misure sanzionatorie”. “Di tale comportamento è esclusivamente responsabile il tesserato che lo ha posto in essere e, semmai, indirettamente e oggettivamente la società di appartenenza”, ha concluso la federazione.
“Ero lì solo per fare box e, per tutta la serata, ho cercato di non distrarmi e di rimanere concentrato. Ma vedere i tatuaggi sul corpo di Broili mi ha dato disgusto“, ha dichiarato alla Gazzetta dello Sport Nourdine, piemontese di Asti ma nato a Tazzerine, in Marocco. “Oltretutto sia a bordo ring che sugli spalti si salutavano con il saluto romano, per loro è normale”, ha aggiunto il neo campione italiano superpiuma. “Sono stati fatti in gioventù. Michele è un esempio di correttezza sul ring e anche per tutti i nostri 40 giovani atleti”. Con queste parole Denis Conte, l’allenatore di Broili, ha invece difeso l’atleta in un’intervista a La Stampa. “Secondo il Coni e la Fpi gli atleti non possono essere discriminati per il loro credo politico” ha spiegato Conte, candidato per Fratelli d’Italia alle prossime elezioni comunali di Trieste.