The day after, il giorno tanto temuto da chi fa televisione, quello in cui si deve fare i conti con lo share e con le percentuali, è arrivato anche per Alessandro Cattelan e il suo Da Grande, ed è stato impietoso. L’Auditel lo ha condannato e la critica televisiva pure di più, evidenziando senza troppi giri di parole che no, Cattelan non sarà mai il nuovo Fiorello. E chi se ne frega? Dico io.

Scorrendo tutte le critiche mosse a questo talentuoso quarantunenne, tutti o quasi hanno dato per scontato che il debutto in prima serata su Rai 1 di Alessandro Cattelan, fosse un disperato tentativo del malcapitato pupillo di Sky di replicare l’idolatrato showman siculo. Come se Fiorello fosse una sorta di parametro della conduzione televisiva attraverso il quale giudicare, quasi sempre affossando, il lavoro del povero sventurato di turno.

E’ vero, il programma non è decollato come probabilmente ci si aspettava e non ha del tutto ripagato mamma Rai che ha puntato molto su di lui. Ma questo che diamine c’entra con Fiorello? Alessandro Cattelan che diamine c’entra con Fiorello? È vero che entrambi sono pieni di talento, intelligenti, divertenti e brillanti. C’è una sola e determinante differenza: anche quando gioca a fare quello controcorrente, Fiorello non osa mai spingersi dove sa che non otterrà mai il consenso del pubblico. In altre e più semplici parole, a Cattelan manca la paraculaggine.

Venendo da un contesto favorevole e protetto come quello di Sky, la sua conduzione risulta molto più fresca e ingenuamente autentica, qualità che mal si combinano con le rigide sovrastrutture di cui è fatto uno show targato Rai. Difficilmente il pubblico della tv generalista italiana accetta di rinunciare alla comfort zone di un varietà alla “Pippo Baudo” o di un siparietto comico e triviale in stile “Bonolis”. Tutto ciò che esula da questo mix vincente non viene recepito, men che meno capito.

Ecco che in un programma nuovo e pieno di contenuti confusi ma interessanti, il momento clou degli ascolti si registra quando appunto, il buon Paolo Bonolis gioca a denigrare i casi umani che gli sfilano davanti. E l’italiano medio si scompiscia e gode. Ma proprio durante quel siparietto, si percepiva un Cattelan abbastanza fuori contesto e anche lievemente infastidito dalle battute svilenti di sua televisività Bonolis. E’ qui che mi sono resa conto davvero di quanto sarà difficile per un conduttore, seppur di grande talento come Alessandro Cattelan, scrollarsi di dosso l’etichetta di “nuova promessa”, etichetta con la quale la Rai ha voluto presentarlo al grande pubblico del canone.

Sebbene molti, compreso proprio Bonolis, lo vedano come il prossimo conduttore di Sanremo, ho idea che per il nostro giovane quarantenne di Cortona la strada sarà piuttosto in salita. Nonostante la Rai abbia sorprendentemente tentato di svecchiarsi puntando sul “giovane quarantenne”, rimane pur sempre la stessa Rai che conferma per il terzo anno consecutivo Amadeus (e forse, ovviamente, Fiorello) a Sanremo, perché rischiare va bene. Ma senza esagerare.

Intanto per Cattelan rimane ancora una possibilità, domenica prossima dovrà sudarsi l’approvazione di un pubblico granitico, sapientemente plasmato dai varietà politically correct, che ama essere rassicurato, anziché stupito. Senza dimenticare il perenne e inappropriato accostamento a Fiorello che tutto può.

Auguri Ale, per me sei il conduttore più interessante in questo triste e ammuffito panorama televisivo italiano.

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