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Elezioni Germania, l’ultima sfida in tv tra Scholz, Laschet e Baerbock: Spd e Verdi uniti sul salario minimo a 12 euro, Cdu contraria

Il terzo dibattito tra i tre candidati al cancellierato è andato in onda in prima serata domenica, sette giorni prima delle elezioni del 26 settembre. Nessun colpo di scena, ribadite tematiche e possibili alleanze. Tra i punti cruciali l'aumento del salario minimo. Per Laschet è solamente una mossa elettorale

Oltre un terzo, per alcuni addirittura uno su quattro, risulta ancora indeciso. Un’occasione per conquistare gli elettori tedeschi poteva essere il terzo dibattito tra i tre candidati al cancellierato andato in onda in prima serata domenica, sette giorni prima delle elezioni del 26 settembre, sulle emittenti private Sat1, ProSieben e Kabel 1. È stato tuttavia un confronto privo di colpi di scena. Olaf Scholz, Armin Laschet e Annalena Baerbock hanno cercato di evitare errori e non hanno emozionato. Se ancora una volta il campione di pubblico dell’istituto demoscopico Forsa ha decretato (42%) il candidato socialdemocratico vincitore del dibattito, in effetti non ci sono stati né vinti né vincitori, ma sono state solo ribadite le divergenze e le convergenze su clima, riduzione del divario sociale, digitalizzazione e sicurezza. Anche le indicazioni sulle alleanze del dopo voto sono rimaste le stesse: Scholz e Baerbock hanno apertamente dichiarato la loro preferenza per una coalizione tra Spd e Verdi, che veda Cdu/Csu all’opposizione, senza sbilanciarsi su chi possa essere la terza forza politica, che alla luce dei sondaggi, dovrà essere coinvolta per formare un governo. Nessuno collaborerà con la AfD.

Baerbock ha quasi duettato con Scholz, attaccando preferibilmente Laschet e cambiando raramente registro. Ha rinfacciato direttamente all’attuale ministro delle Finanze solo che pur essendo al governo non ha combattuto decisamente il riciclaggio e l’evasione, arrivando a recuperare appena l’1% dei fondi sottratti al fisco. Ma è stato un affondo non condotto a termine, ed è servito come assist al candidato della Spd per poter ribadire i suoi impegni nel rafforzare la Financial Investigation Unit (FIU) delle dogane, l’unità che è oggetto delle indagini della Procura di Osnabrück. Oggi (lunedì, ndr) nella Commissione Finanze del Bundestag convocata per discutere proprio delle indagini sulla FIU, Scholz d’altronde è comparso personalmente contro le aspettative e ha ribadito di avere elevato l’efficienza dell’unità. Ma è il terzo scandalo finanziario in cui è coinvolto il ministro delle Finanze.

Armin Laschet si è fatto ancora una volta paladino del rilancio dell’economia: occorre lasciare spazio alle imprese di raggiungere la neutralità climatica senza che siano oberate da nuovi divieti e imposte. Poi ha rivendicato che il voto a Cdu/Csu sarà una scelta contro le aperture ai Linke. Già nel 1993 un Topolino in Germania era dedicato al cambiamento climatico e la moderatrice gli ha chiesto se la Cdu abbia dormito. Laschet non si è fatto sorprendere e ha rivendicato i meriti di Klaus Töpfer, l’ex politico della Cdu che fu direttore esecutivo del programma per l’ambiente delle Nazioni Unite.

Annalena Baerbock ha tuttavia come sempre criticato la GroKo e sostenuto che solo il voto ai Verdi può garantire un nuovo inizio e scongiurare l’aumento della temperatura fino a 2,7 gradi centigradi recentemente delineato dalla Commissione mondiale sul clima. Quindi serve un cambio di rotta, anticipando l’uscita dai combustibili fossili e la fine dei motori a scoppio. Si è peraltro presentata ancora come paladina di una politica che si concentri su bambini, famiglie e giovani. Secondo Baerbock si dovrebbero sburocratizzare gli uffici di collocamento e i versamenti dei sussidi di disoccupazione, perché un povero su tre è un bambino. Se per Laschet la ricetta contro le diseguaglianze sociali sono crescita e lavoro, per Baerbock molti lavoratori restano fuori dalla contrattazione collettiva ed è necessario sia rafforzare il salario minimo sia introdurre contributi per la sicurezza economica dei bambini che aiutino oltre il 5% di lavoratori, quasi 2,3 milioni di tedeschi, costretti a un doppio lavoro. Ha accusato la Cdu di voler introdurre sgravi per 10 miliardi di euro dei quali profitterebbero solo i redditi più alti.

Armin Laschet ha replicato ricordando le proprie origini familiari disagiate e ha ribadito che la povertà piuttosto si combatte riducendo la disoccupazione, come ha fatto il governo Merkel. Piuttosto l’apprendistato per i lavori manuali dovrebbe essere gratuito come lo è già l’università. È però apparso in sintonia con la candidata dei Verdi sulla necessità di ricondurre più lavoratori nella contrattazione collettiva e dichiarandosi contro il ritorno alla didattica a distanza. Il punto di forza del programma della Cdu è comunque la sicurezza, tornata in primo piano dopo che, a due anni dall’attentato di estrema destra alla sinagoga di Halle, è stato arrestato giovedì scorso ad Hagen, in Nord Reno Vestfalia, un sedicenne di origini siriane che avrebbe avuto in animo di colpire la sinagoga nel giorno del Kippur. Laschet ha cercato di guadagnare punti ribadendo che gli immigrati che si macchiano di crimini debbano essere espulsi e auspicando un più stretto scambio europeo sull’identità dei soggetti pericolosi.

Punto cruciale il salario minimo a 12 euro l’ora, su cui Spd e Verdi sono in sintonia. Laschet ha rinfacciato a Scholz che è una mossa elettorale: stando al governo, la Spd ha convenuto che la trattativa salariale spetta ai sindacati. Per il candidato della Cdu/Csu, Scholz non è credibile anche perché ipotizza che gli aumenti successivi debbano essere di nuovo delineati con la negoziazione salariale. Scholz ha risposto che il salario minimo è invece un suo impegno da due anni perché “ha a cuore la dignità delle persone”. Una frase idonea ad essere ripresa e condivisa nei social, ma probabilmente studiata a tavolino.

Posizioni compatibili tra Spd e Verdi in ambito sociale, garanzia dell’età pensionabile e stabilità delle pensioni, ma divario sui tempi per raggiungere emissioni zero, per la Spd solo entro 25 anni, di nuovo convergenza sulla copertura aumentando il prelievo sui redditi più elevati – Scholz suggerisce di portarlo al 45% – e accise sulle emissioni di CO2. D’altronde alla fine del dibattito televisivo ha significativamente salutato la squadra di Annalena Baerbock, ancora prima che i suoi stessi supporter.

Ma la Spd ha punti di sintonia anche con la Cdu sull’opportunità di estendere le fonti rinnovabili abbattendo la burocrazia per i nuovi impianti, pur evidenziando però che nel Baden Württemberg a guida Cdu sono stati fatti solo 12 impianti eolici e rinfacciando al suo concorrente che la Cdu ha sottostimato il bisogno energetico crescente delle imprese bloccando per un biennio l’estensione della rete. Convergenze anche sulla necessità di piena digitalizzazione e cablatura. Laschet, incalzato, si è sbilanciato ad ipotizzare che a livello nazionale si dovrebbe raggiungere in quattro anni. Scholz, pur lasciando il compito ai privati, ha auspicato il contestuale obbligo per i gestori di telefonia di garantire copertura anche nelle campagne, ipotizzando eventualmente per questo un finanziamento pubblico. Baerbock ha da parte sua invece incalzato che dopo aver stanziato i fondi con il varo del Digital Pakt, la GroKo progredisca finalmente nella digitalizzazione delle scuole.

Nel panorama preelettorale, peraltro, domenica sia i Liberali (Fdp) che i Verdi tedeschi hanno serrato i ranghi dai loro congressi e la Linke si è scrollata di dosso l’accusa di avere simpatie per Mosca. Tutte e tre le forze politiche sono coscienti che dopo il voto potranno essere l’ago della bilancia. Il segretario della Fdp Christian Lindner ha parlato ai delegati liberali per un’ora senza seguire un canovaccio, ribadendo che non è con i divieti che perorano i Verdi che si vincerà la sfida al riscaldamento climatico, bensì con le innovazioni, le sole che possono portare occupazione e progresso in Germania. Posizioni simili alla Cdu. Robert Habeck e Annalena Baerbock invece hanno ripetuto agli iscritti che Bündnis 90/die Grüne è l’unica forza per un vero cambiamento; la grande coalizione ha perso tempo e il prossimo sarà l’ultimo governo che potrà salvare il Paese dai danni climatici.

La candidata dei Linke Janine Wissler in un’intervista ha chiesto a Spd e Verdi di sbilanciarsi per un’alleanza di governo di sinistra. In precedenza, Roland Bartsch aveva già cercato di rendere appetibile un’alleanza Rot, Rot, Grün (Spd, Linke, Verdi) rinnegando addirittura l’irrinunciabilità di un’uscita dalla Nato. D’altro canto, il vicesegretario Cdu Volker Bouffier ha indicato che se anche il suo partito dovesse essere secondo (i sondaggi danno tre punti percentuali di distacco) non perderebbe il diritto di cercare di creare una coalizione. E nulla escluderebbe che se Laschet offrisse ai Verdi di avere un ministero per l’Ambiente e di uscire dal carbone già nel 2030 e magari ai liberali di ottenere il ministero delle Finanze (sacrificando Friedrich Merz), riuscirebbe a convincerli a creare una coalizione “Giamaica” come quella che esiste dal 2017 in Schleswig Holstein.

I pronostici restano tuttavia aperti anche ad altre 4 opzioni. Una colazione “Kenia” Spd, Cdu/Csu e Verdi. Oppure, seguendo l’esempio recente della Sassonia-Anhalt, una “Deutsche Koalition” Cdu, Spd e Fdp. C’è anche l’opzione “Ampel” (semaforo) Spd, Verdi e Fdp come in Renania Palatinato. Infine, la già menzionata alternativa Spd, Verdi e Linke. Se poi i socialdemocratici avessero effettivamente il 25% e Cdu/Csu il 22%, non sarebbe neppure del tutto esclusa una risicatissima maggioranza per la Groβe Koaliton.

L’ultimo dibattito televisivo non ha fornito nuovi argomenti decisivi e a una settimana dal voto agli elettori non è affatto chiaro se in caso di vittoria della Spd si ritroveranno poi come ministro personaggi dell’ala più a sinistra del partito, come Sascha Eskin, Janine Wissler dei Linke o invece Christian Lindner della Fdp. Le trattative per una coalizione si preannunciano difficili, nell’interim resterà in carica il governo di Angela Merkel. E non è escluso che molti tedeschi non si augurino che sia un periodo ancora lungo.