Protagonista un napoletano, 28 anni, detenuto per reati connessi alla criminalità organizzata. Dopo aver aperto il fuoco ha chiamato il suo legale con un cellulare e poi ha ingoiato la sim card prima di arrendersi. Il Sappe: "Assurdo e incredibile". La Fp Cgil: "Situazione aberrante". Uilpa: "Cartabia batta un colpo, attendiamo da mesi. Il ministero inerme e inerte"
È stato un drone a trasportare la pistola fino alla finestra della cella del detenuto che, domenica 19 settembre, ha sparato cinque colpi contro tre detenuti che lo avevano picchiato nei giorni scorsi. A immortalare la scena sono state le telecamere del carcere di Frosinone. L’aggressore, un 28enne di Napoli, già detenuto in Alta Sicurezza per reati connessi alla criminalità organizzata, separato dal resto della popolazione carceraria per motivi disciplinari, era in attesa del drone che gli ha consegnato la pistola con la matricola abrasa.
Secondo la ricostruzione fornita dal provveditore delle carceri del Lazio Carmelo Cantone, una volta presa l’arma dalla sua finestra ha chiesto di poter andare nel reparto doccia, ma nel corridoio ha puntato l’arma contro un operatore penitenziario e gli ha strappato dalla cintura le chiavi delle celle e poi “ha sparato in ogni stanza dove c’erano altri detenuti” che a suo dire lo avevano picchiato. Cantone ha confermato che il detenuto era in possesso anche di un cellulare, ma ancora non è chiaro su come sia riuscito a procurarselo. Dopo quanto accaduto il protagonista della vicenda è stato subito trasferito in un altro istituto, mentre la ministra alla Giustizia Marta Cartabia ha voluto che si svolgesse oggi proprio nel carcere del frusinate una riunione straordinaria con il capo del Dap Bernardo Petralia e i direttori generali del Personale Massimo Perisi e dei Detenuti Gianfranco De Gesu.
“Il problema dei droni è ben presente al Dap“, ha detto Petralia al termine del suo sopralluogo, parlando di “incursioni settimanali” nel carcere di Frosinone, certo non l’unico ad essere interessato da questo fenomeno. Lo stesso metodo era già stato utilizzato nel carcere di Taranto come accertato da un’inchiesta della magistratura. “Tutto quello che si può fare, come impiego di personale e di risorse, lo faremo fin da domani”, ha aggiunto, spiegando che un apparato di contrasto è già stato sperimentato in un penitenziario del meridione e che un apposito gruppo di studio è stato incaricato di svolgere “una attenta ricognizione di tutti i sistemi tecnologici che possono sopperire a questo problema. Controlleremo quello che il mercato offre, sappiamo che è possibile adottare sistemi tecnologicamente avanzati. La ministra è perfettamente a conoscenza di tutto questo, c’è un filo diretto continuo e da parte di tutti c’è l’impegno a reperire e investire tutte le risorse necessarie. Si tratta ora di vagliare i costi e dare inizio alle procedure amministrative di acquisto”.
Protestano i sindacati. “Si colga il nuovo campanello d’allarme e si intervenga con fermezza per ristabilire il controllo del carcere da parte dello Stato” chiede il segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo. “Crediamo che serva costituire una vera e propria unità di crisi magari sotto l’egida di Palazzo Chigi”, rincara Gennarino De Fazio, segretario della Uilpa Polizia Per la Fp Cgil Nazionale serve “una riforma organizzativa che venga accompagnata da ingenti investimenti per l’assunzione di personale, la messa in sicurezza delle strutture, l’acquisto di mezzi e strumentazioni tecnologiche”. La vicenda Frosinone sarà affrontata anche dalla commissione parlamentare Antimafia “con l’apposito comitato che si occupa di 41bis e Alta sicurezza”, annunciato i commissari M5s.