Sono passati novant’anni da quando i docenti universitari italiani furono obbligati al giuramento di fedeltà al fascismo. Tra i 1.225 professori che all’inizio dell’anno accademico 1931-32 vennero invitati a pronunciare quella formula – che impegnava a “formare cittadini operosi, probi e devoti alla Patria e al Regime Fascista” – solo in 12 non si piegarono all’imposizione. Un “no” che l’Anpi, l’Associazione nazionale dei partigiani, ricorderà con una serie di iniziative, tra settembre e dicembre, proprio negli atenei dove insegnavano questi docenti, dodici figure che non si vogliono consegnare all’oblio. Tra loro c’erano un prete, uno scienziato, uno specialista di diritto agrario, un chirurgo, uno storico del diritto, uno storico dell’arte, un matematico. Nomi rimasti nella storia, che racchiudono vite forse non abbastanza conosciute. Eccole.

Ernesto Buonaiuti. Presbitero, ordinario di Storia del cristianesimo a Roma, fu impegnato tutta la vita a sostenere il ritorno della Chiesa alle origini evangeliche e ad applicare metodi scientifici allo studio dei testi sacri. Già nel 1926 fu scomunicato per aver difeso il movimento modernista, una corrente del cattolicesimo volta a ripensare il messaggio cristiano alla luce della società contemporanea: tre anni dopo, in seguito al Concordato, viene esonerato dalle attività didattiche e destinato a compiti extra-accademici. Il suo attaccamento alla Chiesa cattolica, che non abbandona mai, resta nonostante tutto, fortissimo, tanto che rifiuta il giuramento richiamandosi al precetto evangelico. Licenziato nel gennaio 1932, verrà riammesso all’Università soltanto a fine 1945, poco prima della morte, e ancora destinato alle ricerche in biblioteca, senza possibilità di insegnare.

Mario Carrara. È stato il successore di Cesare Lombroso nella cattedra di Antropologia criminale e medicina legale a Torino. Di idee repubblicane, con simpatie socialiste, è stato avverso al fascismo fin dalle sue origini. Destituito per il rifiuto a giurare, motivato apertamente con la sua avversione al regime, viene arrestato nel 1935 per la sua adesione a “Giustizia e Libertà” di Carlo Rosselli. Morirà due anni dopo, ancora detenuto nel carcere di Torino.

Gaetano De Sanctis. Professore di Storia antica a Roma, fu figlio di Ignazio de Sanctis, capitano della gendarmeria pontificia che nel 1870 rifiutò di giurare fedeltà al nuovo Stato unitario, perdendo il lavoro. Ciò influenzerà in modo determinante la sua scelta di non giurare, incoraggiata dalle sue convinzioni religiose e dal suo spirito di indipendenza. Venne escluso dagli incarichi accademici e dalle istituzioni culturali, tranne l’Enciclopedia italiana, per la quale – grazie ai buoni rapporti con l’ideologo fascista Giovanni Gentile – continuò a curare la sezione di Antichità classica.

Giorgio Errera. Di famiglia ebraica veneziana, laica e non osservante, si trasferisce a Torino, dove raggiunge una notevole fama come professore di Chimica. Nel 1923 rifiuta la proposta di Gentile – allora ministro dell’Istruzione del regime – di diventare rettore, motivando con ragioni personali ma anche con un giudizio negativo su un regime antidemocratico e contrario ai suoi principi liberali e nonviolenti.

Giorgio Levi Della Vida. Di famiglia ebraica veneziana non osservante, fu docente di Ebraico e lingue semitiche a Roma. Laico e di simpatie socialiste, vicino all’Illuminismo e al Positivismo, avverso al fascismo fin dalle origini, fu aggredito dagli squadristi del regime. Nel 1931 si oppone per iscritto al giuramento e viene destituito. Riceve la liquidazione ma non la pensione. Grazie alla sua grande conoscenza della filologia semitica, dell’ebraico, del mondo e della lingua araba, ottiene di poter lavorare in Vaticano. Si dedica al catalogo delle opere arabe contenute nella Biblioteca vaticana, fino a quando, nel 1945, riottiene la cattedra.

Fabio Luzzatto. Nato a Udine da famiglia ebraica, professa idee repubblicane mazziniane con simpatie socialiste. Specialista di diritto civile, in particolare agrario, nel 1898 rischia di essere destituito dalla cattedra all’università di Macerata, in quanto giudicato sovversivo. Avversa il fascismo fin dalle origini. Dal 1925 è sorvegliato speciale della polizia. Rimosso per il mancato giuramento, cui si oppone motivandone le ragioni, ottiene la pensione. Nel 1938, per le leggi razziali, gli viene addirittura ritirata la libera docenza. Avendo superato i limiti di età, dopo la caduta del regime non sarà reintegrato ma otterrà il pagamento degli stipendi arretrati.

Piero Martinetti. Professore di filosofia teoretica e morale a Milano, è l’unico filosofo universitario a rifiutare il giuramento. Liberale e spirito critico, è autore della celebre opera “Gesù Cristo e il cristianesimo”, che deve pubblicare (nel 1934) a sue spese, perché fortemente avversata dalla Chiesa cattolica. Dotato di senso religioso, è tuttavia avverso a tutte le chiese organizzate che considera vere nemiche del messaggio cristiano, mentre è fortemente attratto dallo spirito originario del cristianesimo e dalle eresie che furono combattute e annientate, a causa del loro messaggio di ritorno alle origini. Si rifiuta di giurare con una dichiarazione aperta e forte. Viene destituito. Si ritira nella sua casa nel Canavese, dove continua a essere punto di riferimento per allievi e amici.

Bartolo Nigrisoli. Fino a 60 anni è chirurgo ospedaliero a Ravenna e poi Bologna. Di idee socialiste, è impegnato tutta la vita in opere di solidarietà e di aiuto ai poveri. Avversa il fascismo fin dalle origini. Accetta la cattedra di Clinica chirurgica a Bologna nel 1922. Nel 1931, nonostante le insistenze e le pressioni dei colleghi, rifiuta, motivando apertamente la scelta, il giuramento e viene destituito. A quel punto torna a fare il chirurgo ospedaliero (senza ricevere pensione). Nel 1938, quando le associazioni mediche devono comunicare l’elenco dei medici ebrei da licenziare, si dimette da tutte, e toglie il saluto ai colleghi che approvano le epurazioni di colleghi ebrei.

Edoardo Ruffini Avondo. Fu il più giovane tra gli accademici che si opposero, rifiutando il giuramento a soli trent’anni. Studioso di Storia del diritto, è autore di un’opera ritenuta ancora oggi fondamentale sul principio maggioritario. Nonostante l’invito del padre a giurare, invia al rettore di Perugia una lettera di fuoco in cui rifiuta in nome dei propri convincimenti liberali: in seguito alle reazioni preoccupate dei colleghi e degli amici, ne invia una seconda un po’ mitigata. Non ottiene la pensione. Si trasferisce in Inghilterra, dove promuove l’Istituto italiano di cultura. Viene reintegrato nel 1944.

Francesco Ruffini. Piemontese, senatore del Regno d’Italia, fu studioso della libertà religiosa e difensore dei diritti delle minoranze religiose (ebrei e valdesi). Nel 1929 votò contro il Concordato tra Stato e Chiesa con un intervento in Senato estremamente critico: in precedenza si era espresso in Aula anche alle leggi contro la libertà di espressione e di stampa e alla riforma elettorale del 1928. Di idee laiche e liberali, si rifiuta di giurare richiamandosi alle proprie convinzioni.

Lionello Venturi. Critico e storico dell’arte a Torino, nel 1931, dopo il rifiuto, si trasferisce in Francia, dove entra in contatto con i fratelli Rosselli e il movimento di “Giustizia e Libertà”, cui poi aderì anche il figlio Franco, celebre storico torinese. Cerca di ottenere una pensione, che il regime gli fa versare in Italia, sperando di poterlo arrestare nel momento in cui fosse tornato per incassarla. Si trasferisce infine negli Usa dove diventa professore alla Johns Hopkins University di Baltimora e fronteggia l’azione dei fascisti in America. Nel 1944 riottiene la cattedra che poco più tardi torna a ricoprire.

Vito Volterra. Studioso di fama internazionale, noto per i suoi studi di analisi matematica e astronomia fisica, è anche famoso per le applicazioni della matematica alla biologia. Interventista, liberaldemocratico, membro di accademie e istituzioni scientifiche, senatore del Regno. Nel 1931 non giura con una lettera di motivazione. Viene destituito. In seguito, nel 1934, viene espulso anche dall’ Accademia dei Lincei, quando si rifiuta di prestare il giuramento richiesto agli accademici. Destituito da tutte le istituzioni scientifiche italiane, viene ammesso all’Accademia pontificia grazie a padre Agostino Gemelli, il fondatore dell’università Cattolica. Nel 1938 il re si rifiuta di destituirlo dal Senato, disapplicando le leggi razziali.

Ciascuna di queste storie verrà ricordata nelle Università italiane. Si parte il 16 ottobre a Pavia, dove si terrà un seminario nell’Aula magna dell’Università sul tema: “L’Università in camicia nera. Il caso pavese e il rifiuto di Giorgio Errera al giuramento del 1931″. Alla fine del mese l’Anpi di Roma organizzerà un convegno di approfondimento in collaborazione con il dipartimento di matematica della Sapienza sulla figura di Vito Volterra: interverranno Enrico Rogora (docente di Storia della matematica e Matematiche complementari), Roberto Natalini (Direttore dell’istituto per le applicazioni del calcolo “Mauro Picone”) e gli studenti del liceo “Volterra”. A Milano, il 22 novembre l’Anpi ha organizzato un convegno alla presenza del rettore e del Direttore del dipartimento Studi storici, sulla figura di Piero Martinetti, coinvolgendo anche gli studenti. A Perugia, il 4 dicembre, verrà deposta una lapide commemorativa dei 12 accademici all’interno dell’Università. A Torino l’Anpi provinciale ha aderito al convegno organizzato dall’Università sulle figure dei professori, mentre di recente è stato intitolato un parco a Lionello Venturi. A Bologna, infine, si parlerà di Bartolo Nigrisoli, con un focus anche sulla storia dell’Università.

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