Davanti al gip Mariano Cannio ha reso parziali ammissioni su quanto accaduto, dicendo però di aver fatto "cadere la vittima in seguito a un capogiro". Una ricostruzione ritenuta non verosimile, come si legge anche nell'ordinanza: "Ma il movente del gesto non può dirsi allo stato pienamente accertato"
È stato convalidato il fermo di Mariano Cannio, accusato dell’omicidio di Samuele, il bimbo di 4 anni morto dopo essere precipitato nel vuoto in via Foria a Napoli. Alla fine dell’udienza di convalida, durante la quale il 38enne ha reso parziali ammissioni su quanto accaduto, il gip del tribunale di Napoli, Valentina Gallo, ha confermato la validità della misura presa dalla procura sabato mattina.
Cannio, davanti al gip, ha affermato di aver “avuto un capogiro”. Cannio ha risposto alle domande degli investigatori di essere “uscito fuori al balcone, avendo sempre il piccolo in braccio, e appena uscito in prossimità della ringhiera ho avuto un capogiro. Mi sono affacciato dal balcone mentre avevo il bambino in braccio perché udivo delle voci provenire da sotto, a questo punto lasciavo cadere il bambino di sotto. L’ho fatto perché in quel momento ho avuto un capogiro”. E ha continuato: “Ho immediatamente udito delle urla provenire dal basso e mi sono spaventato consapevole di essere causa di quello che stava accadendo. Sono fuggito dalla casa e sono andato a mangiare una pizza nella Sanità. Poi ho fatto ritorno alla mia abitazione. Mi sono steso sul letto ed ho iniziato a pensare a quello che era accaduto, dopo sono sceso e sono andato ad un bar in via Duomo ed ho preso un cappuccino ed un cornetto, poi sono rientrato a casa dove mi avete trovato”. Cannio ha anche spiegato di essere in cura presso un centro d’igiene mentale in quanto affetto da schizofrenia. Informazioni che, ha detto, non aveva comunicato alla famiglia.
Secondo il gip Gallo è “concreto il pericolo che l’indagato, se lasciato in libertà, possa disporsi nuovamente alla commissione di reati della stessa specie di quello per cui si procede, ponendo in pericolo le esigenze primarie di tutela del bene giuridico, la vita e l’incolumità personale”. A tale conclusione, si legge nell’ordinanza, “si giunge in considerazione delle modalità del fatto commesso che deve giudicarsi estremamente grave e allarmante, così come la personalità del Cannio ricostruita in base agli elementi a disposizione, ovvero tenuto conto della gravità del gesto compiuto ma anche del comportamento del predetto, immediatamente dopo i fatti, circostanze da cui deve desumersi che si tratti senz’altro di una persona di spiccata pericolosità, nonostante l’assenza di precedenti”. Resta “non pienamente accertato” il movente. Se da un lato, si legge nell’ordinanza di convalida del fermo, non si prospetta “nessun dubbio” su chi ha commesso l’omicidio, il movente del gesto “non può dirsi allo stato pienamente accertato”. Non appare credibile, scrive il gip, la circostanza del capogiro, che secondo quanto riferito da Cannio sarebbe il motivo per cui il bimbo gli è scivolato dalle braccia cadendo dal balcone: “Non si reputa verosimile – scrive il gip – che l’indagato avesse avvertito un malore di tale intensità della durata circoscritta all’istante in cui lasciava la presa del bimbo che aveva in braccio, facendolo precipitare nel vuoto ed essendosi dimostrato, invece, totalmente cosciente, nei momenti immediatamente precedenti e in quelli successivi al gesto, momenti che l’indagato ha descritto, infatti, con grande precisione”. Secondo il gip “la ricostruzione complessiva della vicenda depone nel senso della volontarietà dell’azione posta in essere”.
Ora, anche in virtù dei problemi psichici di cui soffre, appare verosimile che le parti chiedano un incidente probatorio finalizzato a verificare se Cannio era capace di intendere al momento del fatto e se è una persona socialmente pericolosa. Qualora venga accettato il contraddittorio sulla non imputabilità e sulla pericolosità sociale, potrebbe essere applicata la misura della sicurezza personale. La sua avvocata Mariassunta Zotti ha mantenuto uno stretto riserbo all’uscita dal carcere di Poggioreale, dove il 38enne è detenuto. La legale non ha voluto rispondere ai giornalisti che la attendevano, limitandosi a sottolineare di non voler “riferire dettagli sulle dichiarazioni rese dall’assistito”, perché “sono coinvolte famiglie che stanno soffrendo” e “non intendiamo speculare su questa triste vicenda”.
Cannio è un collaboratore domestico, molto conosciuto nella zona, dove abita. Da quanto ricostruito aveva accesso alle abitazioni di diverse famiglie del quartiere che si fidavano di lui. Al momento della tragedia, la mamma del bambino si era allontanata dalla stanza dove era il figlio e, secondo gli investigatori, l’uomo fermato. Quando era stato fermato il 38enne aveva ammesso di essere sul balcone e di aver preso in braccio il bambino, negando però di averlo buttato giù. Ma non aveva saputo spiegare con esattezza come avesse fatto il bambino a precipitare dal palazzo.