Usura aggravata da metodi violenti e di stampo mafioso. È questa l’accusa per le 10 persone fermate lunedì mattina a Palermo, dopo un’operazione congiunta dei carabinieri di Bagheria e della guardia di Finanza. Gli indagati imponevano tassi fino al 5.400% sui loro prestiti. Nove sono in carcere, mentre il decimo è stato messo agli arresti domiciliari. Rimangono invece in libertà altre 11 persone coinvolte nella rete. Gli inquirenti hanno eseguito un sequestro preventivo di immobili e proprietà per il valore di 1 milione e mezzo di euro.
Una funzionaria – ancora a piede libero – di Riscossione Sicilia segnalava le potenziali vittime: un elenco di imprenditori e commercianti in difficoltà indebitati pesantemente con l’erario, soprattutto dopo la pandemia. A quel punto un avvocato penalista di 53 anni, Alessandro Del Giudice, le avvicinava, proponendo prestiti a tassi inizialmente bassi, che poi crescevano sino a valori tra il 143% e il 5.400% annuo. In alcuni casi le somme da restituire potevano raddoppiare nel giro di pochi giorni: per esempio chi riceveva 500 euro, in soli 4 giorni si ritrovava a doverne riconsegnare più di 800 agli usurai. In caso di mancata puntualità, le vittime subivano violenze o minacce tipiche del metodo mafioso. A cadere nella trappola sarebbero state decine di persone.
L’indagine, iniziata ad aprile del 2018, ha permesso di individuare u giro di usura che coinvolgeva gran parte dell’hinterland di Palermo, tra Bagheria, Ficarazzi e Villabate. Evidenti i legami con la criminalità organizzata del capoluogo siciliano: Del Giudice era infatti il legale di Pietro Formoso, boss della famiglia Misilme attualmente in carcere. L’uomo – secondo gli investigatori – sarebbe stato il portavoce del detenuto all’esterno, per garantirgli “la periodica comunicazione con gli altri associati e la gestione indiretta delle attività imprenditoriali“, fittiziamente intestate a terzi e nelle quali aveva investito i proventi di attività criminali”.
La Direzione distrettuale antimafia ha disposto lo smantellamento della rete criminale, tramite l’operazione “Araldo” di stamattina, che ha coinvolto 70 membri delle forze dell’ordine, tra carabinieri e agenti del nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di finanza. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al delitto di usura, usura e estorsione aggravate dalla metodologia mafiosa e trasferimento fraudolento di valori. Tra gli indagati agli arresti compaiono, oltre al “procacciatore” Del Giudice, Giuseppe Scaduto – 75 anni, già indicato come capo del mandamento mafioso di Bagheria e agli arresti domiciliari – che “sovrintendeva agli affari”, il suo delegato Atanasio Alcamo – 45 anni e già imputato per associazione mafiosa -, Giovanni Di Salvo – 42 anni, considerato il capo e l’organizzatore del gruppo criminale – e Simone Nappini – 50 anni, “intermediario ed erogatore materiale” dei prestiti alle vittime. Le proprietà sequestrate comprendono invece le quote di una società, il terreno su cui sorgeva un locale commerciale adibito a laboratorio e un bar-tavola calda di Villabate con annesso chiosco. Solo questi dal valore complessivo di circa 500 mila euro.