La Gran Bretagna ha incriminato una terza spia di Mosca per il tentato assassinio di Sergei Skripal. L’ex agente doppiogiochista dell’intelligence russa era stato avvelenato con il Novichok – lo stesso gas nervino usato per Aleksej Navalnyj – a Salisbury, in Inghilterra, il 4 marzo del 2018. Insieme a lui erano state intossicate altre tre persone – di cui una è morta -, tra cui la figlia Yulia. Il nuovo indagato, Denis Sergeev, era già stato identificato grazie a un’inchiesta di Bellingcat e le recenti indagini sembrano confermare il suo legame con gli alti ranghi dei servizi militari. Per gli inquirenti britannici ha collaborato con Alexander Petrov e Ruslan Boshirov – i cui veri nomi sono Anatoliy Chepiga e Alexander Mishkin -, altri due uomini di Putin, già noti alle autorità sempre per una segnalazione del sito di Elliot Higgins.
Sergeev era arrivato prima dell’attacco all’aeroporto di Heathrow, con il falso nome di Sergei Fedotov, e – secondo le ricostruzioni – era rimasto a Londra. Qui fra il 2 e il 4 marzo aveva incontrato più volte Chepiga e Mishkin per coordinare la loro azione. Non si era però spostato a Salisbury, per svolgere dei compiti logistici a distanza. “I tre hanno operato come una squadra compatta con l’obiettivo di dispiegare il Novichok – spruzzato sulla maniglia della porta di casa di Skripal – per uccidere individui in questo Paese – ha dichiarato il vice assistente Commissioner di Scotland Yard, Dean Haydon, in un briefing con la stampa – Posso dimostrare che operavano come unità legata al Gru”. L’inchiesta è ancora in corso e potrebbe portare ad altre incriminazioni. Il trio aveva già collaborato – a quanto emerge dall’inchiesta – anche in altri luoghi del mondo, per esempio in Bulgaria per l’avvelenamento di un trafficante di armi nel 2015 o in Repubblica Ceca per causare l’esplosione di un deposito di armi.
Skripal viveva da otto anni nel Regno Unito, dopo essere stato accusato di tradimento in Russia nel 2006 e avere ottenuto l’indulto nel 2010. Dopo l’attacco, lui e la figlia si erano ripresi – contro tutte le aspettative ed erano stati nascosti sotto la protezione dei servizi britannici. Nick Bailey, il poliziotto di Salisbury intervenuto fra i primi in soccorso delle vittime, aveva subito un’intossicazione grave e in seguito aveva dovuto dimettersi dal servizio. L’unica vittima era stata invece una donna, Dawn Sturgess, che insieme al marito – anche lui avvelenato – aveva raccolto in una bottiglia di profumo una presunta dose avanzata di Novichok. Era poi morta nei giorni successivi. Per questo tra le imputazioni ipotizzate per i tre russi c’è ora anche quello di omicidio. L’ambasciatore russo, Ivan Volodin, è stato convocato dal Foreign Office, ossia il ministero degli Esteri britannico. Nonostante la neonominata per la diplomazia del Paese, Liz Truss, si sia impegnata a “sollevare il caso” e si senta forte della vittoria davanti alla Corte di Strasburgo sul caso Litvinenko, le speranze di ottenere collaborazione o la consegna dei tre responsabili – tornati in patria – da parte di Mosca sono “vane”. L’isola non ha alcun trattato di estradizione con la Russia.