NaturaSì contribuirà a pagare i tamponi ai dipendenti che non si vaccineranno. Lo ha annunciato il presidente Fabio Brescacin con una lettera indirizzata ai 1.650 dipendenti della catena di supermercati bio. È la prima impresa in Italia ad attuare una misura simile, in vista dell’entrata in vigore, il 15 ottobre, del decreto che vieterà a chi è sprovvisto di green pass l’ingresso in luoghi di lavoro pubblici o privati. L’intento – si legge nella lettera – è rispettare “la libertà di ognuno e per evitare discriminazioni nell’ambito del lavoro, in modo da permettere a tutti di svolgere regolarmente i propri compiti in azienda”.
Brescacin, 66 anni, è stato un pioniere della distribuzione all’ingrosso di prodotti biologici e biodinamici, ispirati alle teorie di Rudolf Steiner – fondatore della omonima dottrina antroposofica nota anche per la “diffidenza” verso i vaccini, in particolare quelli contro le malattie esantematiche, rei, secondo Steiner, di privare i bambini di una esperienza di crescita e irrobustimento “spirituale”. Dopo l’apertura del primo negozio, nel 1992 a Verona Brescacin ha fondato il suo brand che nel 2009 si è fuso con Ecor, dando vita al gruppo – dal fatturato di 400 milioni di euro – EcorNaturaSì. Oggi i negozi in cui dovrebbe garantire i test anti covid, fino al 31 dicembre – al termine dell’emergenza sanitaria – sono 300 in tutta Italia.
A tutti i dipendenti, dunque, l’azienda ha comunicato la decisione con una motivazione che sembra mettere sullo stesso piano le scelte individuali senza distinzione: “Non vogliamo come azienda prendere posizione in questa Babilonia di voci assordanti e contraddittorie – si legge – ora è molto difficile distinguere la verità dalla menzogna, la realtà dalla semplice opinione. Di una cosa siamo certi: la libertà individuale”. Di più, per Brescacin, la scelta sui tamponi vuole combattere il “meccanismo di lotta e di divisione” innescato dal virus tra chi è immunizzato e chi ha deciso “con coscienza e responsabilità” di non farlo.
Secondo una stima del Corriere della sera, con un contributo di 10 euro a fronte dei 15 del prezzo di un tampone, NaturaSì arriverebbe a spendere 330 euro per ogni lavoratore di qui alla fine dell’anno. Ipotizzando che le posizioni no vax siano sposate da un 10% dei lavoratori, la spesa si aggirerebbe attorno ai 115mila euro. La società – che destina automaticamente una parte delle entrate a progetti di valore sociale e a favore dei suoi impiegati – ha comunque escluso di aumentare i prezzi ai clienti per coprire i costi.