“È una cosa a cui lavoravamo da tempo”, ha detto Matteo Salvini poco dopo aver annunciato il passaggio alla Lega di tre esponenti di Forza Italia, tra cui spicca il presidente del consiglio regionale della Lombardia Alessandro Fermi. Ma il fatto che la fuoriuscita sia avvenuta proprio oggi non è un caso: è la mossa con cui il leader della Lega cerca di uscire dall’angolo in cui è finito, sia a livello nazionale che lombardo. Da un lato la sua linea anti Green Pass è stata contestata da altri maggiorenti del partito, come il ministro Giancarlo Giorgetti e i governatori della Lega, Massimiliano Fedriga in primis. Dall’altro lato la spaccatura sulla questione vaccini ha portato proprio ieri l’eurodeputata e pasionaria no-vax Francesca Donato a dare l’addio al Carroccio. Meglio non vanno le cose in Lombardia, dove la campagna per le comunali di Milano precipita sempre più verso una disfatta annunciata e Salvini viene additato dagli stessi alleati come responsabile della scelta del pediatra Luca Bernardo, un candidato che ormai più nessuno considera adeguato. Salvini ha poi bisogno di riaffermare l’attrattività della Lega rispetto a quella di Fratelli d’Italia: il partito della Meloni è dato in grande spolvero nei sondaggi e, sempre in Lombardia, è stato scelto due settimane fa da Marco Alparone, sottosegretario della giunta Fontana fuoriuscito, manco a dirlo, da Forza Italia.
Che Salvini lavorasse al cambio di casacca di Fermi da tempo, è vero. Già nel luglio del 2020 il Giorno aveva svelato un incontro segreto tra i due, con l’aggiunta di Simona Tironi, vice presidente azzurra della commissione Sanità vicina all’ex assessore Giulio Gallera, e di Alan Rizzi, sottosegretario della Regione per i Rapporti con le delegazioni internazionali. Fermi prima o poi avrebbe attraversato il guado, questo non lo metteva in dubbio più nessuno nei corridoi del Pirellone. Restava da capire quale sarebbe stato il momento giusto. E il momento giusto è arrivato oggi, perché Salvini ha bisogno di distogliere l’attenzione dalle debolezze del suo partito. Insieme a Fermi passano alla Lega anche Mauro Piazza, presidente della commissione regionale Autonomia, e Daniele Nava, ex presidente della provincia di Lecco e sottosegretario della giunta Maroni. Salvini nega che la cosa serva proprio adesso (“siamo bravi però non ci inventiamo conferenze stampa dalla sera alla mattina”, dice), ma non è un segreto che è stato lui a imprimere un’accelerazione: “Per Salvini era utile che i passaggi avvenissero adesso”, spiega una fonte di centrodestra che chiede di rimanere anonima. E con l’occasione Salvini ha potuto anche annunciare che “nei prossimi giorni entreranno in Lega alcuni parlamentari di diversi partiti, non solo di centrodestra”.
Altri arrivi sono poi attesi dopo le amministrative, sempre in Lombardia e sempre da Forza Italia. Circolano di nuovo voci su Alan Rizzi e Simona Tironi, che contattata da ilfattoquotidiano.it però smentisce: “Non è vero, altrimenti lo avrei fatto anch’io oggi”. Come hanno smentito di ambire alla casacca leghista gli assessori regionali Fabrizio Sala e Melania Rizzoli. Ma nuove uscite – giurano in molti – ci saranno. E Forza Italia, che in Lombardia ha già visto l’addio di Silvia Sardone (volata a Bruxelles per la Lega), Paolo Franco e Federico Romani (entrambi in Fratelli d’Italia), perderà altri pezzi. Un’emorragia che andrà di pari passo con quella alle urne. Ed è questa una delle ragioni che hanno spinto Fermi a saltare sul Carroccio: alle ultime regionali era stato il più votato della provincia di Como, con oltre 8mila preferenze. Un risultato personale che, con le percentuali a cui è data oggi Forza Italia, non gli avrebbe consentito di essere rieletto in Regione. Di qui la sua scelta che, oltre a causare malumori in Forza Italia, ne crea qualcuno anche nella Lega, soprattutto tra quei consiglieri del comasco che ora vedono ridotte le proprie possibilità di riconferma elettorale perché in concorrenza con Fermi. Intanto il governo della Lombardia è diventato monocolore. Sono della Lega sia il governatore che, da oggi, il presidente del consiglio regionale. E la Lega esprime pure tutti gli altri due esponenti di maggioranza nell’ufficio di presidenza del Pirellone: la vice presidente Francesca Brianza e il consigliere segretario Giovanni Malanchini. Una cosa che qui non si era mai vista, nemmeno negli anni del dominio democristiano.