I monopattini elettrici sono il vero pericolo della strada? Pur non essendo una grande utilizzatrice dei monopattini (preferisco pedalare o camminare!) mi sembra assurdo fare tutto questo terrorismo contro mezzi di trasporto piccoli, leggeri e non inquinanti. Mettere l’obbligo di assicurazione, vietarli ai minorenni, obbligare al casco protettivo come stanno chiedendo politici e amministratori (magari poi estendendo queste regole anche alle bici…) mi sembra francamente eccessivo.
Obblighi, limitazioni e relative sanzioni già esistono e non sembra necessario aggiungerne altri, come sottolineano anche le associazioni per la mobilità sostenibile (Bike to school Cittadini per l’Aria. Consuta cittadina sicurezza stradale, Mobilità Dolce, Sostenibilità di Roma Capitale, Consulta Mobilità Ciclistica e Moderazione del Traffico Torino, Famiglie Senz’auto, Fiab – Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, Genitori Antismog Aps, hub.MAT Aps, Kyoto Club, Legambici Aps Milano, Legambiente, Rete Vivinstrada, Salvaiciclisti Bologna) che hanno diramato un chiaro comunicato a riguardo.
D’altra parte, se disincentiviamo l’uso del monopattino così come l’uso della bici, con sempre nuovi obblighi finiremo per ottenere un aumento del traffico motorizzato e quindi più incidenti. Il concetto più importante da far passare è che “la sicurezza sta nel numero” degli utenti deboli (ciclisti, pedoni, monopattini) presenti sulla strada. La pubblicazione “Safety in Numbers” dimostra una correlazione tra ciclabilità e riduzione dell’incidentalità, che a sua volta porta un ulteriore aumento dei ciclisti. Questo vale ovviamente anche per i monopattini.
Più persone utilizzano la bici (o i monopattini), più è visto come legittimo uno spazio urbano propriamente attribuito, aumentano le ciclabili e le zone a loro dedicate; all’aumentare dei ciclisti i conducenti di mezzi motorizzati fanno maggiore attenzione alla loro presenza: è il potere protettivo della massa critica. All’aumentare degli utenti deboli, la velocità media di tutti i veicoli diminuisce, soprattutto in città. Aumenterà il peso politico degli utenti deboli e quindi miglioreranno le politiche di mobilità sostenibile.
Se ci sono meno auto in circolazione, inoltre, diminuirà statisticamente la probabilità di incidenti e collisioni. Spiegano le associazioni, “le cause degli incidenti sono quasi sempre da ricercare nel mancato rispetto di norme già esistenti e in un ambiente urbano che comunque rimane ostile agli utenti più vulnerabili. Un aspetto quest’ultimo che ricorda l’impellenza di arrivare ad una normativa nazionale sui 30 chilometri orari come limite massimo nei centri urbani per ‘Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili’ (Agenda Onu 2030)”. D’altra parte, invece che demonizzare i monopattini, dovremmo cercare di liberare le strade dalle auto, in particolare intorno ai luoghi sensibili, come le scuole.
In occasione della Settimana Europea della Mobilità Sostenibile, è stata rilanciata la campagna per istituire le zone scolastiche e i percorsi casa-scuola sicuri. Da anni con la campagna Strade Scolastiche chiediamo di rendere obbligatorio l’istituzione di aree pedonali davanti agli ingressi delle scuole, almeno negli orari di entrata e uscita. Ma la situazione è ancora tragicamente a macchia di leopardo e la normalità resta il traffico di auto davanti alle scuole. Non sono serviti documenti, rapporti, ricerche scientifiche, e non è servita neppure la pandemia.
In un’epoca di grande preoccupazione (almeno a parole) per la salute pubblica, è bene ricordare che l’esposizione a concentrazioni di biossido d’azoto (provocato soprattutto dai motori diesel) anche al di sotto dei limiti di legge (40 μg/m3) è in relazione con una probabilità maggiore di insorgenza di asma nei bambini e con la mortalità nella popolazione generale. “Ma suvvia che poi tutto si disperde nell’aria”, sento dire spesso. In realtà varie ricerche hanno dimostrato che gli inquinanti (soprattutto il biossido d’azoto), non si disperdono in modo uniforme nello spazio, ma si concentrano nei cosiddetti “canyon urbani” quelle vie strette e con ai lati edifici. Le ricerche scientifiche suggeriscono quindi che allontanare il traffico dalle aree di vita (parchi, scuole eccetera) siano azioni potenzialmente molto efficaci per ridurre l’esposizione a inquinamento atmosferico e, dunque, il rischio per la salute della popolazione che frequenta quei luoghi.
Per avere una città a misura di bambini e quindi di tutti, occorre ridurre le auto (abbiamo il tasso di motorizzazione più alto d’Europa!), e per far questo dobbiamo aumentare la quota di coloro, adulti e bambini, che si spostano in bici, piedi, monopattini o mezzi pubblici. Smettiamola, quindi, di farci questa guerra tra poveri (utenti deboli): pedoni contro ciclisti, ciclisti contro monopattini, monopattini contro pedoni… È l’auto da “spodestare”, poiché si prende la stragrande maggioranza dello spazio stradale e provoca la stragrande maggioranza delle vittime.