Sono annoverate tra gli “invisibili” le 1.000 famiglie che nella periferia della città di Roma vivono da decenni dentro una baracca, una roulotte o un container malmesso. Li hanno sempre chiamati “nomadi” o, secondo il linguaggio politicamente corretto, “rom, sinti e caminanti”. Di certo sono per la metà cittadini italiani; altri lavoratori stagionali comunitari; i restanti con il passaporto di una delle Repubbliche jugoslave lasciate con l’inizio della guerra balcanica.
Invisibili per i diritti ma ipervisibili in occasione delle campagne elettorali anche se nell’attuale, vissuta in tono minore, sicuramente poco presenti negli impegni dei candidati, più occupati a parlare di “monnezza”, trasporto pubblico, traffico.
Secondo l’ultimo censimento della Polizia Locale, 2.600 vivono nei cosiddetti “campi rom”, insediamenti storici nati a partire dal 1994. I rimanenti 1.400 in 130 “campi abusivi” nascosti sotto i cavalcavia, tra gli archi degli acquedotti romani o tra la boscaglia dei parchi.
Studi scientifici e analisi comparative tra città virtuose ci consentono oggi di conoscere su quali principi andranno disegnate politiche efficaci per il loro superamento: fine della politica securitaria (la ruspa mette solo la polvere sotto il tappeto); percorsi inclusivi ordinari; accantonamento di un approccio etnico segnato da politiche speciali, con uffici e fondi dedicati alla questione. Non è questione ideologica o di etica, ma di mera efficacia. E chi dovrà governare questo lo sa, al di là degli slogan di queste settimane.
Proviamo a scovare tracce della questione “campi rom” nei programmi dei principali candidati a sindaco della Capitale, azzardando anche un voto.
CARLO CALENDA – Nel suo programma le politiche sociali sono raccolte in alcune slide e una presentazione video di pochi minuti. Nessun riferimento alle baraccopoli o ai “campi rom”, realtà che sembra ignorare. Senza voto.
ROBERTO GUALTIERI – Nel capitolo “Roma che include non lascia indietro nessuno”, al paragrafo “Casa: la città in cui abitare tutti” si legge, «Campi rom: supereremo l’approccio etnico e meramente securitario al tema, ripristinando la legalità attraverso la gestione della transizione degli aventi diritto verso alloggi regolari». Principi esatti che colgono la questione ma ancora troppo poco per dare un giudizio pienamente positivo». Voto: 6+
ENRICO MICHETTI. Il riferimento lo troviamo nel capitolo “Roma Capitale della sicurezza” al paragrafo “Il superamento dei campi nomadi”, dove si legge: «Secondo la Croce Rossa Italiana, gli insediamenti fuori controllo Rom, Sinti e Caminanti in città superano i 300 con una situazione di grave allarme sociale e ripercussioni di ordine pubblico e sicurezza. […] La nostra proposta è quella del superamento dei “campi nomadi” – nati come temporanei e non stanziali – consentendo a coloro che pagano le tasse, scolarizzano i figli e percepiscono un reddito, di entrare nelle graduatorie dell’assistenza alloggiativa, senza punteggi privilegiati. Nel frattempo, potenzieremo il controllo sui campi, accelerando gli sgomberi già previsti». I numeri sono datati perché riferiti al censimento del 2008; evidente sia l’approccio securitario che il profilo discriminatorio considerato che non è consentito prevedere, solo per alcuni gruppi, disposizioni particolari per accedere alle graduatorie degli alloggi ERP. Importante però è lo spiraglio aperto in ordine alle case popolari, una novità. Voto (di incoraggiamento): 5
VIRGINIA RAGGI. L’accenno agli insediamenti rom lo troviamo nel capitolo “Sicurezza e legalità” tra le “cose fatte” dove si parla della chiusura dei “campi” di Camping River, Schiavonetti, Foro Italico, l’area F del campo di Castel Romano, Monachina e La Barbuta. Ma quest’ultimo è un insediamento abitato oggi da 100 persone. Errori sul passato, inesattezze sul presente e nulla sul futuro. Voto: 3
Da parte degli altri candidati nessun cenno alla questione, se non da parte di MONICA LOZZI, presidente del Municipio VII e candidata a sindaco con Revoluzione Civica. Nel capitolo “Politiche Sociali” un’analisi che parte dallo stereotipo del rom inteso come cittadino irriducibilmente diverso e verso il quale attuare politiche speciali. «Solo superando questi stereotipi e affrontando il problema “rom” da un punto di vista completamente da quanto fatto fino ad oggi, e cioè inserendolo nel più ampio contesto delle politiche abitative e del lavoro, al pari degli altri cittadini, riusciremo finalmente a risolvere la questione». La soluzione è centrata. Voto: 7
Ora attendiamo il risultato delle urne, con una classe politica indubbiamente più matura e consapevole rispetto alle passate tornate elettorali, quando si gridava solo all’espulsione o alla costruzione di nuovi ghetti etnici. La fine delle baraccopoli romane può veramente diventare una realtà e le premesse ci sono tutte.