I numeri smentiscono il bluff di una Serie A povera per la mancanza dei suoi tifosi e danneggiata dal governo: i patron hanno contestato duramente il limite del 50%, ma fin qui praticamente nessuno lo ha superato. Lo dicono i numeri: secondo i dati del portale Worldfootball, nessuna squadra del campionato in queste prime cinque giornate ha una media spettatori pari al tetto del 50% fissato dalla normativa
“Riaprite gli stadi!”. Il pallone lo chiede da tempo, continua a ripeterlo, così tanto che nemmeno si è accorto che gli stadi sono già riaperti ma ancora mezzi vuoti. Dopo una stagione a porte chiuse, il campionato è iniziato al 50% tra proteste e recriminazioni di chi minacciava addirittura di non farlo partire. Ma adesso che sembra avvicinarsi la fine delle restrizioni, oltre che riaprirli gli stadi bisognerà anche riempirli. Le proteste soprattutto del mondo dello spettacolo, ben più bistrattato di quello dello sport (e del pallone in particolare, che comunque col grimaldello degli Europei ha strappato da tempo buone presenze) stanno sortendo i loro effetti: dalla richiesta della Conferenza Stato-Regioni alle parole dei sottosegretari Costa e Vezzali (che in realtà lo chiedeva già da tempo, senza grossa convinzione né risultati), i tempi sembrano (quasi) maturi per un ampliamento della capienza, presto al 75-80%, poi fino al 100%, se tutto andrà bene e non ci saranno ricadute della pandemia.
Viene da chiedersi, però: che se ne faranno di tutti questi posti? I numeri smentiscono il bluff di una Serie A povera per la mancanza dei suoi tifosi e danneggiata dal governo: i patron hanno contestato duramente il limite del 50%, ma fin qui praticamente nessuno lo ha superato. Lo dicono i numeri: secondo i dati del portale Worldfootball, nessuna squadra del campionato in queste prime cinque giornate ha una media spettatori pari al tetto del 50% fissato dalla normativa. In testa ci sono Milan e Inter, con una media di 31mila presenze, comunque inferiore alle 38mila disponibili sulla carta; in proporzione ha fatto leggermente meglio la Roma (28mila su 32mila) ma non siamo al limite. La partita che si è avvicinata di più è stata Juventus-Milan, poco sotto le 19mila unità (su 20mila) ma anche qui niente sold-out.
È la dimostrazione che gli stadi sono riaperti, i tifosi sì sono tornati, ma non con quell’entusiasmo e quell’affluenza che ci si poteva aspettare dopo un anno di pandemia. C’è chi temeva “l’effetto divano”, vale per le uscite serali come per lo stadio. Sono subentrate anche delle difficoltà oggettive, che disincentivano la presenza: il possesso del green pass (obbligatorio), il fastidio di qualche controllo in più, magari anche un po’ di timore perché pur sempre di assembramenti in tempo di Covid si tratta. Ma c’è anche un fattore di disaffezione, un gap infrastrutturale che si trascina da anni, uno spettacolo, quello della Serie A, sempre più misero e meno appassionante. E lo riprova anche il fatto che invece, per alcuni big match di Champions League, il tutto esaurito è già stato raggiunto.
La verità è che a parte poche eccezioni – le due milanesi, la Juventus che ha uno stadio fin troppo piccolo da riempire, Napoli e Roma solo nei periodi di maggiore entusiasmo – la maggior parte dei club faticava a raggiungere la meta della capienza anche in tempi normali, cioè pre-Covid. Figuriamoci ora. Questa è anche la ragione per cui gli strali e le vesti stracciate dei presidenti sono sempre state un bluff. Non è per gli stadi chiusi che la stragrande maggioranza delle squadre italiane sono ridotte sul lastrico, non soltanto almeno: sicuramente sono andati persi dei soldi, nessuno lo nega, l’ultimo Report calcio della Figc li ha anche quantificati in 60 milioni di euro per quanto riguarda la stagione 2019/2020, saranno molti più in quella successiva giocata interamente a porte chiuse, ma non abbastanza da giustificare il collasso. E comunque già da agosto il ritorno al 50% ha garantito a tanti club più posti di quanti siano in grado di riempirne.
Comunque sia, se tutto andrà per il verso giusto (e questo ce lo auguriamo tutti, perché significherebbe un buon andamento della curva epidemiologica nelle prossime settimane, dopo il banco di prova della riapertura della scuola), i patron saranno accontentati. Poi il resto dovranno farlo loro: col 50, 75 o 100%, il ritorno dei tifosi non è scontato, bisognerà convincerli a riempire gli impianti. Perché il Covid ha solo chiuso gli stadi. Ma non li ha svuotati.
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