“L’uomo della necessità”, “come De Gasperi e Ciampi”, “ci riconosciamo in lui”, “deve continuare a lungo”, quindi fino al 2023 come minimo, ma chissà. Confindustria esprime la sua piena e incondizionata dichiarazione di voto. Destinatario: il presidente del Consiglio Mario Draghi, salutato accolto dall’assemblea degli industriali – durante il discorso del presidente Carlo Bonomi – da una lunga standing ovation, di oltre un minuto. E poi di nuovo altri caldi applausi durante l’intervento che dedica al capo del governo un lunghissimo endorsement. Il presidente del consiglio è seduto in prima fila, accenna un sorriso e saluta con il capo gli oltre mille imprenditori assiepati nel Palazzetto dello Sport nel quartiere Eur a Roma. “Ogni tanto – dice Bonomi tra le altre cose – la storia delle istituzioni italiane ci ha riservato un terzo tipo di uomini. Gli uomini della necessità. Personalità che avvertono il dovere di rispondere ai problemi della comunità italiana, prima che l’ambizione di restare a qualunque costo al suo timone. Ecco, Mario Draghi è uno di questi uomini, uomini della necessità”.
Dopo gli elogi arrivano però, puntuali, le richieste a cominciare dai soldi alle imprese per la transizione verde. Bonomi afferma che le aziende italiani non sono contrarie alla svolta green ma che “bisogna essere realisti”. “La transizione energetica ha inevitabilmente impatti molto rilevanti su intere componenti della nostra industria. E sui suoi occupati: centinaia di migliaia”, spiega Bonomi. “La prima richiesta è che sia davvero credibile la realizzazione di questi traguardi in orizzonti così ristretti perché obiettivi così radicali hanno bisogno di logiche incrementali annuali credibili, per non essere velleitari”.
La seconda “è che questo sforzo avvenga in un quadro mondiale di reale cooperazione, in quanto l’Europa, per quanto ambiziosa e trainante, emette solo l’8% dei gas climalteranti; senza un impegno globale non miglioreremo pressoché in nulla il problema”. E la terza richiesta è quella “ancora più decisiva: è necessario accompagnare la transizione energetica con chiare strategie di politica industriale“, dice Bonomi, perché altrimenti “parti fondamentali della nostra industria resterebbero esposte a rischi di chiusura o delocalizzazione”. “Attualmente uno sviluppo della capacità delle fonti rinnovabili di 8Gigawattll’anno, come indicato dal ministro Cingolani, sarebbe velleitaria. Significherebbe raddoppiare nei prossimi dieci anni la capacità di rinnovabili installata negli ultimi 20 anni, risultato impossibile da raggiungere senza un cambio radicale del meccanismo autorizzativo”, ha continuato Bonomi.
Sui recenti e forti aumenti dei costi di gas ed elettricità Bonomi afferma : “Siamo ansiosi di comprendere come il governo tenterà di arginare questi aumenti affinché non si traducano in una stangata per le famiglie italiane”. E dice: “E’ ovvio che per noi la miglior soluzione temporanea sarebbe una rinuncia dello Stato ai suoi massicci proventi attraverso Iva e accise che gravano su energia e combustibili”. Nessun accenno alla possibilità di seguire l’esempio della Spagna dove alle industrie energetiche che stanno incassando extra profitti grazie ai rincari delle bollette è stata chiesta una compartecipazione allo sforzo di calmieramento.
“Blocco dei licenziamenti è stato una sciagura” – Bonomi chiede poi mano libera sui licenziamenti. La riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive “è stata rinviata, perché si pensava che il blocco per legge dei licenziamenti fosse la panacea. È stata una sciocchezza. Plurima”, afferma il numero uno di viale della Astronomia che continua perché “non ha impedito che nel 2020 quasi un milione di occupati abbia perso il lavoro o non lavorato per lunghi periodi” e “ha alimentato la tesi ancor più infondata che, abolendolo, ci sarebbero stati milioni di licenziamenti”. Rilanciando “le proposte” per la riforma. A luglio “la corsa a licenziare non c’è stata affatto”, rimarca, “noi vogliamo assumere e crescere, non licenziare”. Nessun accenno invece al reddito di cittadinanza.
“Quota 100 è stata un furto ai danni dei soggetti fragili del nostro welfare squilibrato, e può e deve davvero bastare così”. Lo afferma il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, all’assemblea annuale, parlando della possibilità di andare in pensione con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi, la cui sperimentazione triennale scade a fine anno e dei prossimi interventi in tema di pensioni. Nessun
Dopo queste premesse Bonomi si rivolge ai sindacati e suggerisce: “Facciamolo almeno noi un vero Patto per l’Italia”. Si rivolge “direttamente ai leader” di Cgil, Cisl e Uil, Landini, Sbarra e Bombardieri, “Luigi, Maurizio, Pierpaolo, noi non siamo partiti in lotta, noi abbiamo un grande compito comune. Di fronte ai ritardi e alle sempre più gravi fratture sociali della nostra Italia, lavoro e impresa hanno una grande sfida: costruire insieme accordi e indicare strade e strumenti che la politica stenta a vedere”, dice Bonomi, indicando tre “esempi concreti” su cui partire: sicurezza sul lavoro, politiche attive e smart working.