Prima il segretario di Stato americano, Antony Blinken, poi anche i ministri degli Esteri di Italia, Germania e Francia sono tornati a sottolineare pubblicamente l’importanza di un processo di transizione e pacificazione che porti alle elezioni democratiche del 24 dicembre in Libia. Alla riunione ministeriale sulla situazione nel Paese, co-presieduta da Luigi Di Maio, Jean-Yves Le Drian ed Heiko Maas, aumentano le preoccupazioni per gli ultimi sviluppi nel Paese, dove i parlamentari pro-Haftar, due giorni fa, hanno votato una mozione di sfiducia nei confronti del governo di unità nazionale guidato dal premier Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh. Non un voto determinante, visto che è stato considerato nullo dall’Alto consiglio di Stato libico, ma che segna la prima rottura nel processo di pace che porta al voto e che appare ancor più preoccupante perché arriva da una fazione, quella fedele al generale della Cirenaica, che già in passato ha fatto valere la sua forza militare nel tentativo di rovesciare l’esecutivo di accordo nazionale sostenuto dall’Onu e prendere in mano le redini del Paese. In questo clima, la risposta di Dbeibeh non è stata quella di chi ha cercato di calmare le acque: ha infatti invitato i suoi sostenitori a “una grande manifestazione” venerdì, in piazza dei Martiri a Tripoli, per protestare contro la decisione del Parlamento di Tobruk.

In Libia “sono fondamentali elezioni libere, eque e inclusive. Sono elezioni volute dal popolo, un popolo che chiede normalità. Non andare al voto metterebbe a rischio la stabilità dell’intera area e potrebbe aprire una nuova fase di violenze. E gli effetti potrebbero ricadere anche sul nostro Paese e su tutta l’Ue – ha dichiarato Di Maio – Continuiamo a lavorare affinché la comunità internazionale sostenga il processo politico libico. Continuiamo a incoraggiare la transizione politica e ribadire l’urgenza del ritiro di tutti i combattenti stranieri e mercenari dal territorio libico. Serve l’impegno di tutta la comunità internazionale”.

Ma il premier di Tripoli si spoglia della figura del mediatore e, minacciato dal passo in avanti dei fedeli a Khalifa Haftar, di fronte a centinaia di persone che sostengono il suo governo ha detto che le sue dimissioni “sono inaccettabili”, impegnandosi a non lasciare il suo incarico fino allo svolgimento delle elezioni. Quello che è successo è “assurdo e offensivo” per il popolo libico, ha detto. Secondo i media locali, Dbeibah ha anche dichiarato che il Parlamento “ovviamente fallirà e non sarà rappresentativo per i libici finché agirà così”. La legittimità, ha proseguito, “è solo del popolo libico, l’unico che può decidere, e non delle persone che ostacolano il lavoro e che vogliono solo guerra e distruzione per questo Paese”.

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