Dal 24 al 26 settembre si terrà a Chianciano il Congresso nazionale dell’Unione Inquilini. Lo storico sindacato, maggiormente rappresentativo, nato a Milano il 29 gennaio del 1968, che da oltre cinquanta anni lotta strenuamente per il diritto alla casa e all’abitare, un sindacato che ha attraversato i diversi momenti storici dell’Italia fino alla terribile emergenza sanitaria da Covid.

I numeri forniti da Silvia Paoluzzi dell’Ufficio stampa del sindacato e da Paolo Gangemi responsabile organizzativo del Congresso sono significativi: al Congresso parteciperanno oltre 180 delegati provenienti da 16 Regioni, 40 province e circa un centinaio di comuni. Numeri che segnalano una crescita negli ultimi tre anni dato che al Congresso del 2018 parteciparono 120 delegati. Numeri importanti se si pensa che l’Unione Inquilini non ha funzionari, non fruisce di distacchi sindacali, non ha centrali sindacali che la sostengono, e che il 99% delle attività è sostenuto da volontari. Si tratta quindi di un Congresso importante che vede rispetto a soli tre anni fa, ultimo congresso, un aumento dei delegati di circa il 70%.

Il Documento congressuale (consultabile qui) approvato dalla Segreteria Nazionale posto alla discussione dei congressi locali e dei delegati al Congresso nazionale è impegnativo. Unione Inquilini si propone di lavorare e impegna i propri attivisti e iscritti a costruire con tutti i soggetti disponibili: “Una confederazione per il diritto alla casa e all’abitare”.

Attenzione! Non una nuova organizzazione ma una proposta strategica per rispondere a questa cruciale domanda: quale fronte di alleanze, innanzitutto sociali, è oggi necessaria per tentare di scalare il picco impervio dell’efficacia della propria azione? E’ chiaro, almeno all’Unione Inquilini, che le forze in campo, da sole, sono del tutto inadeguate. Occorre pertanto avere un progetto di alleanze, anzi molto più: occorre costruire una coalizione sociale di forze vaste e articolate che si unificano intorno al progetto di un nuovo intervento pubblico nel settore delle politiche abitative nella direzione dell’incremento degli alloggi di edilizia residenziale pubblica a canone sociale e in quello della calmierazione dei canoni privati che parta dalla abolizione del canale del libero mercato.

Quindi, una proposta unitaria ma in termini del tutto nuovi. Una nuova accezione: unità come “campo largo”, “spazio pubblico comune”, costruzione di una “coalizione per il diritto alla casa e all’abitare” in cui associazioni nazionali e comitati locali, sindacati confederali e di base, organizzazioni sindacali dell’inquilinato, movimenti metropolitani e associazioni del volontariato, mondi della cultura e centri di ricerca e forze politiche ispirati alla costruzione di una alternativa al neoliberismo, esperienze avanzate di governi delle autonomie e degli enti gestori dell’ERP, si possano riconoscere dentro una cornice comune.

L’unità di cui parla il documento è un processo diverso da quello della costruzione di percorsi unitari a livello sindacale e/o con i movimenti per il diritto all’abitare. La comprende ma si pone l’esigenza di andare oltre e di rompere con l’idea che ci sia chi ha il monopolio della rappresentanza. Non pensiamo alla “riduzione ad uno” o alla riproposizione di sterili egemonie. Ognuno deve mantenere la propria specificità, il proprio linguaggio, le proprie forme di comunicazione e di lotta. Tutti assieme, pero, si possono connettere dentro una rete e una piattaforma condivise.

Non a caso sono previsti interventi e contributi del Forum Disuguaglianze, della Rete dei Numeri Pari, dei sindacati inquilini Sunia, Sicet, Uniat, etc.

In tale ambito l’Unione Inquilini intende proseguire nel percorso di rinnovamento generazionale, di ulteriore radicamento territoriale perché il terzo millennio a partire da questi primi venti anni ha acuito le disuguaglianze, ha ampliato la povertà e le lesioni dei diritti dei lavoratori e di quelli sociali. Lo si vede in Italia sulla questione sfratti, sulla insufficienza del parco di case popolari, lo si vede dalla ubriacatura liberista che ancora pervade le azioni di Governo, Regioni e Comuni.

Il documento anche nel percorso di rinnovamento generazionale indica una strada da percorrere: “innovazione lungo un percorso che è, allo stesso tempo, un lascito e un testimone che passa e che segna il punto più alto a cui un gruppo dirigente può aspirare, nel momento in cui riesce ad assicurare il futuro e un adeguato ricambio alla organizzazione che ha diretto o dirige. La parità di genere, il ricambio, generazionale, di esperienze e di ruoli, ne rappresentano le condizioni necessarie per evitare la sedimentazione nei ruoli apicali il che vuol dire anche sostenere una circolarità di assunzione di responsabilità”.

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